Si è conclusa la stagione agonistica del volley, dalle Alpi al mare. La prima parte. I
campionati che assegnano gli scudetti. Sabato 1 maggio appendice a Verona per le
finali di Champions. Poi largo spazio alle nazionali, impegnate a Rimini nei due tornei
di collaudo sul cammino che porta ai Giochi di Tokyo. La pallavolo non va a riposo.
Per fortuna. Lo ha dovuto fare un anno fa, costretta dalla pandemia che ha investito
il globo. E che ha lasciato un buco incolmabile nell’albo d’oro delle due competizioni.
Una stagione difficile, pesante, gravata da troppe componenti anti-spettacolo.
Disputata ad ogni costo, in un perenne braccio di ferro tra Leghe e covid, sotto
l’incubo costante di tamponi, controlli, mascherine, sintomi, contagi che hanno
sovente rallentato l’andamento regolare dei tornei. Giocare a ogni costo, giocare
sempre, giocare quando si può. Tra una raffica di sospensioni, recuperi, posticipi,
anticipi, che hanno messo alle corde energie e pazienza degli atleti, organizzazione
delle società, mandando in tilt gli sforzi di tecnici e dirigenti impegnati nel difficile
rebus di un campionato a singhiozzo. Scelta felice o deprecata, certo discussa e
ponderata. Ma in fondo, la pallavolo ci è arrivata. Pur con i giocatori costretti a vere
acrobazie nel timore di beccarsi la bestiaccia. Pur con palazzetti desolatamente
deserti. Pur con società impegnate a risparmiare dove possibile in mancanza di
denaro fresco causa l’assenza di incassi e abbonamenti. Il sistema ha resistito. Per
ora. A settembre, rifondiamo le file, ricontiamoci, vediamo come ripartire. Nella
speranza che la pandemia devastante sia ormai solo un ricordo. O almeno un
pericolo non più indomabile.
Ma lasciamo stare il futuro, davvero nelle mani del Signore delle Cime. E
occupiamoci di quanto ci ha espresso il campo. La Gazzetta, guidata dal solito eroico
Gianluca Pasini, il più grande amico del volley benché indigesto a tanti dirigenti,
federali e di club, ha fornito al movimento un’assistenza costante nel firmamento
sportivo nazionale legato al calcio. Scendendo in profondità, non finiremo di stupirci
sulla estrema professionalità dei giocatori. Provate a giocare in impianti deserti,
aperti solo agli addetti ai lavori, dove rimbomba il tonfo del pallone, dove si sentono
nitidamente espressioni, fiati, parolacce urlate da giocatori e tecnici. Dove sembra
impossibile allestire uno spettacolo decente. Ed invece loro, i protagonisti, ci hanno
regalato partite eccellenti sotto l’aspetto tecnico, tattico, agonistico. Da chiedersi
sovente: ma come fanno nel vuoto pneumatico di queste cattedrali vuote del tifo
generoso dei supporters. Si è giocato nel silenzio ovattato, senza cori, musiche, ola, bandiere, striscioni. Senza quella cornice variopinta, simpatica, familiare del
pubblico costretto fuori dagli impianti dal pericolo della malattia, del contagio.
Grande prova di tutte le squadre, che hanno saputo recitare la parte fino all’ultima
giornata. Sappiamo già chi ha vinto, Civitanova nei maschi in gara4 su Perugia;
Conegliano in gara2 su Novara. Le più forti sul podio. Ma non dopo strenua lotta.
In campo femminile, Novara ha regalato una finale scudetto di trascinante bellezza
agonistica. Al punto di far sperare a mezza Italia la possibilità di un pareggio per
avere la gara3 conclusiva in tv. Lavarini, giovane tecnico emergente, scuola di
Omegna, di grande spessore e carattere, c’è andato vicino. Conegliano guidata da
Santarelli, altro giovane valoroso, scuola di Foligno, dove al tempo felice della naja si
istruivano giovani Auc e Asc di artiglieria da montagna, ha dovuto impegnarsi al
massimo per assicurarsi scudetto e record di vittorie consecutive. Paola Egonu,
straordinaria venere nera, ha dato una bella mano alle venete, com’è giusto. Ma
l’Imoco è realmente una magnifica realtà della nostra pallavolo.Tuttavia il
campionato è stato vibrante e combattuto. Ha regalato la bella sorpresa di Monza,
una scommessa centrata di Alessandra Marzari Fumagalli, approdata alla semifinale,
miglior risultato dalla fondazione. Busto ha confermato la solidità di un club di
grande tradizione, che Enzo Barbaro riesce sempre a pilotare nel gruppo delle grandi
pur con mezzi economici limitati rispetto al passato. Scandicci ha parzialmente
deluso, non centrando quel risultato che lo sforzo societario meritava. I danèe,
quando ci sono, servono eccome, ma non bastano. Brutta campana da Bergamo,
giunta forse, speriamo di no, alla conclusione di una lunga piacevole avventura che
tanto onore ha portato alla città orobica con il marchio Foppapedretti. Come
avvenuto nel campo maschile, emergono nuove realtà, che vanno a sostituire club
blasonati di antico lignaggio. Ciò che si presenta minaccioso pure fra gli uomini, con
la dolorosa possibile perdita di Ravenna, tra le città che hanno dato il via a questo
sport. Ma quando il filone aureo si asciuga, come si fa a portare avanti il peso di una
società, specie in periodo di covid…?
Negli uomini, conferma di Civitanova e Perugia, con Trento ottimo
terzo incomodo fino alla semifinale. Per entrambe, il ciclone presidenziale. Cambio
dell’allenatore in corsa. Già dopo la coppa Italia Ferdi De Giorgi nei marchigiani,
sostituito da Blengini. Via Heynen dopo gara1 di finale rimpiazzato dal vice Fontana
tra gli umbri. Scintille e cotillons inattesi. Sabato a Verona, ultima raffica di maggior
gloria per due. Conegliano nel femminile, rappresenta l’Italia per la sfida conclusiva
alla Champions contro il Vakifbank del modenese Giovanni Guidetti. Nel maschile, ultima chance per Trento, opposta ai polacchi dello Zaksa guidati dal vecchio amico
Nikola Grbic.
E Modena? Senza Zaytsev, non è riuscita a confermarsi tra le prime. Un campionato
di alti e bassi per i gialloblu, che tuttavia allo sprint, nel nuovo Palalido domenica
hanno conquistato un dignitoso quinto posto a spese dei padroni di casa. Ultimo
guizzo per Andrea Giani, che ora passa al timone della Germania. Anche qui una
sorpresa. Come fra le ragazze, è Monza che allo sprint si è issata in semifinale,
completando quel lungo inseguimento alle prime posizioni avviato dalla presidente
Alessandra e completato dal diesse Claudio Bonati. Un quarto posto che
rappresenta un premio per il Vero Volley, che tanto bene ha agito in campo
giovanile in tutta la Brianza. Il torneo è stato ricco di colpi di scena, pur nella
assoluta frammentarietà di una sua disputa regolare.
A lungo respiro, la formula arditamente imposta dal neo presidente Massimo Righi ha avuto ragione. Giocare, giocare sempre, giocare a ogni costo, mai fermarsi. Difficoltà per seguirlo da parte della stampa, ogni giorno costretta a interpretare il calendario per ricordare chi
scendeva in campo. Ma soprattutto dei tifosi. Di qui il nostro ammirato grazie a
loro, ai protagonisti. Se qualche squadra ha reso meno del previsto… Piacenza
soprattutto, ma anche Verona e Padova, avrà tempo di rifarsi l’anno prossimo.
Punto interrogativo Cisterna. Con quella squadra allestita dal presidente Gianrio
Falivene, chi si aspettava un torneo così deludente, pur con Kovac sulla panchina?
Ma ora puntiamo tutti gli occhi sulle nazionali. Chicco Blengini, tornato a respirare
aria di palestra e spogliatoio dopo un anno di forzato letargo, con i maschi. Davide
Mazzanti che ha pilotato Perugia per mezza stagione al timone delle ragazze. I due
cittì hanno lo stesso obiettivo: Tokyo!