Hanno appena ottenuto l’aperture delle due palestre di Verona, martedì, mercoledì il resto del Veneto, Friuli e Sicilia, lunedì Campania, Puglia ed Emilia Romagna, mentre per quanto riguarda Lombardia, Piemonte e Lazio attendono disposizioni dalle regioni.
Correre, alzare pesi, sudare: come cambierà il modo di andare in palestra?
“Noi imprenditori fitness, con circa 8000 palestre nel nostro paese, abbiamo mandato un protocollo al governo precisando tutte le regole di sicurezza per riprendere l’attività dal metro di distanza fra i clienti e dai maestri, ai disinfettanti. Siamo pronti, dal termoscanner all’ingresso per verificare la temperatura dei clienti alla consumazione vietata di cibo e bevande all’interno delle palestre all’accesso vietato agli spogliatoi se non per i servizi igienici, con doccia a casa per tutti”.
Quali sono state le prime mosse che avete fatto?
“Sin dal primo giorno di chiusura di tutti i centri fitness abbiamo dato gratuitamente a disposizione di tutto il mondo (Italia compresa) la nostra applicazione per l’allenamento “a casa”. Si chiama CYBEROBICS (www.cyberobics.com/it) con oltre 100 video di corsi on demand tenuti dai migliori trainer del mondo e di 50 corsi live per ogni obiettivo e livello di fitness, che è stata scaricata da 2 milioni di utenti: in base alla normativa, si bloccherà il tornello e non potrà più entrare nessuno. Abbiamo modificato i nostri software per controllare quante persone entrano in palestra: una volta a 100-120 persone, si blocca il tornello e non entra più nessuno. Abbiamo predisposto le prenotazioni on line così da evitare file fuori e spalmare l’afflusso dei clienti nell’intera giornata senza il sopraffollamento delle 18-19″.
Con queste misure la palestra è un po’ ginnastica da camera?
“Il concetto di palestra resiste come punto di ritrovo, ma nei prossimi mesi finché come cambieranno dobbiamo essere molto attenti: abbiamo una grande responsabilità, come sportivi, come fitness, nella difesa e nella salvaguardia della salute”.
Che cosa ci insegna questa quarantena?
“Io sono una persona molto positiva e sono fiducioso sul futuro. Tanti, soprattutto in questo momento, hanno captato il messaggio che tenersi in forma aiuta ad evitare il rischio, ad avere un sistema immunitario più forte”.
La filosofia della palestra cambierà?
“Sarà sempre una forma di aggregazione. Non c’è poi quell’avvicinamento totale: di solito ognuno fa il suo allenamento e magari lo condivide con l’amico/amica, poi va a casa o magari si trova fuori. Non è tanto diverso da un centro commerciale”.
Chiudere l’attività dall’oggi al domani è duro.
“Il 24 febbraio abbiamo chiuso la prima palestra, a Piacenza – in Italia ne abbiamo 35, che diventeranno quest’anno 39 – il settore è stato fra i primi in tutto il mondo. Noi siamo una società forte e possiamo sostenere queste straordinarie difficoltà, ma per un imprenditore medio-piccolo è la fine dell’attività perché continui a pagare gli affitti e i dipendenti ma non guadagni. Il nostro settore in Italia produce 2 miliardi di euro l’anno di fatturato e in tre mesi di lockdown rischia una perdita di mezzo miliardo”.
Come avete gestito l’emergenza?
“Abbiamo dovuto adeguare i nostri software perché una quantità anche elevata di persone potesse fare una sospensione. Un’operazione che fino a quel momento era più manuale. Inizialmente, abbiamo dato a tutti la possibilità di recuperare l’abbonamento in coda e, a partire da maggio, a quelli che hanno revocato abbiamo dato la possibilità di fare la sospensione. Ma l’80% dei clienti hanno continuato pagare comprendendo le nostre difficoltà. E abbiamo dato la sicurezza a tutti i nostri 5000 dipendenti che non sarebbe stato licenziato nessuno. Istituendo un fondo interno per sostenere chi avesse problemi per pagare l’affitto, il mutuo o altro, e quindi per arrivare alla fine del mese”.
La speranza è che lo sport ci aiuterà e livellerà le distanze col calcio.
“Il fitness è lo sport numero 1 al mondo, il migliore, perché è lpunico che allena tutte le parti del corpo. In Germania, ci sono molte più persone che fanno attività sportiva in palestra di quelle che vanno a giocare a pallone. Purtroppo però non portano 70mila persone in uno stadio, e quindi non hanno la rilevanza economica del calcio. La percentuale di persone che fa fitness è destinata ad aumentare: nei paesi nordici siamo al 17-18 per cento della popolazione, in Italia siamo al 10%, quindi abbiamo ancora tanto da fare. In generale credo che ci sarà un incremento della frequenza in palestra del 30-40% come minimo”.
Chi avrebbe più bisogno di fare fitness?
“Se si guarda indietro, nel passato, chi andava in palestra era la ragazza che faceva aerobica e il culturista che faceva body-builder, che si caricava di muscoli. Oggi, per fortuna, non ci sono più solo quei due prototipi di utenti, ma in generale persone che vogliono mantenersi in forma e curare il corpo e la salute. Il nostro brand non è posizionato sulla persona più anziana, la nostra clientela è più giovane, ha in media 33-37anni. Direi che dovremmo dare più informazioni alla popolazione più anziana. Come vediamo nei paesi nordici dove la frequenza di quella fascia d’età è sicuramente maggiore. Anche per il grande sforzo che è stato fatto in tal senso da quei governi. In Italia uno si chiede: “Che cosa ci vado a fare in palestra? vado piuttosto camminare”. Altrove sanno benissimo che i muscoli a partire dai 35 anni perdono il 2%, e meno muscoli hai, più problemi hai, in tutto”.
Se fosse un legislatore come incentiverebbe il fitness?
“Farei in modo che ci fosse più educazione sportiva, quindi più spiegazione per far capire bene alle persone perché svolgere una attività. Questo aiuterebbe anche il governo a diminuire i costi. Stabilirei una serie di incentivi: se dimostri di essere andato in una palestra o di aver fatto attività sportive di vario genere lo stato usufruisci di sgravi fiscali. Ci sono paesi che lo fanno. In Polonia, tu imprenditore devi mettere a disposizione 300 euro l’anno direttamente per ogni dipendente per attività sportiva, divertimento, yoga. Così si sono create delle società di servizi che prendono accordi fra l’azienda e la palestra, e fanno una carta ai dipendenti. Che, senza fare alcun abbonamento, si allenano a spese dell’azienda. La quale, a sua volta dovrebbe comunque versare quella somma in tasse. Questo garantisce dipendenti più sani, che non vanno in malattia, e una società migliore”.
*articolo ripreso da https://www.primaonline.it/2020/05/18/306990/atleti-e-covid-19-scavo-mcfit-italia-e-rsg-group-i-gestori-di-palestre-hanno-una-grande-responsabilital80-dei-clienti-ha-continuato-a-pagare/