E così abbiamo un nuovo profeta, il nostro salvatore, San Mattia Zaccagni da Cesena. Un lampo – sacro – nel buio di una partita che ha visto solo a sprazzi un’Italia arrembante alla continua ricerca del pareggio contro la Croazia, nobile ormai decaduta del calcio internazionale degli ultimi trent’anni. Calafiori vede un varco, apre sulla sinistra per San Mattia che colpisce a botta sicura e infila il pallone appena sotto il sette, un destro a giro delpieresco, come ha scritto il nostro Roberto Beccantini. Zaccagni che segna all’ultimo secondo ricorda Roberto Baggio, Santo in odore di divinità, contro la Nigeria agli ottavi di finali di USA ’94. A due minuti dalla fine, sotto 1-0 dopo una partita pessima, Bruno Pizzul stava già facendo il funerale all’Italia, quando Mussi vinse un rimpallo e quasi dal fondo servì Baggio: destro piatto rasoterra da centro area che si infila chirurgico nell’angolino alla destra di Rufai, il portiere nigeriano. Salvi con la morte in faccia, ieri come oggi. Quell’Italia, dopo essere stata a un minuto dall’eliminazione, arrivò poi in finale contro il Brasile.
Come ha scritto ieri la Gazzetta, ci sono stati altri gol decisivi degli azzurri allo scadere, ad esempio sempre Baggio in quel Mondiale nella partita successiva, contro la Spagna ai quarti (2-1), oppure Gianni Rivera col gol vittoria nel leggendario Italia-Germania 4-3 di Messico ’70. Indimenticabile anche Del Piero nella grande semifinale dell’Italia campione nel 2006 in casa della Germania (2-0). Furono però gol per la vittoria, non una rete che ci salvò dall’immediata e anticipata fine dei Mondiali. Quindi, fatte le dovute (ma anche le facoltative) proporzioni, Mattia Zaccagni come Roberto Baggio: i loro due gol ci hanno salvato un Mondiale allora e un Europeo oggi, a patto che questa Italia tutt’altro che convincente riesca ad arrivare almeno ai quarti di finale. Ai tempi del Divin Codino, nella torrida estate americana del ’94, quel gol sbloccò sia lui, attesissimo ma molto deludente fino al gol salvifico, sia l’intera nazionale, che giocò alla grande contro Spagna e Bulgaria e pure la finale col Brasile, persa ai rigori ma solo al termine di una prestazione molto solida e non priva di qualche occasione di segnare.
Se vi fa ridere, o persino se vi suscita compassione un paragone così azzardato… avete perfettamente ragione! Sia Baggio sia quella Nazionale guidata da Arrigo Sacchi erano altra cosa, altri pianeti, rispetto ai dignitosi azzurri di questa sbertucciata Italia di Luciano Spalletti, capace solo di pareggiare all’ultimo contro un avversario in declino. E’ lecito quindi sperare che questa squadra possa trasformarsi da qui in avanti – come l’Italia di USA 94 -, fino a raggiungere un risultato insperato? Appena dopo il gol del centravanti laziale, con l’adrenalina a mille, le urla selvagge e la gioia liberatoria dall’eliminazione a cui ormai eravamo rassegnati, in molti di noi – magari aiutati da tre o quattro birrette di troppo (la partita è stata lunga, tempo per bere – e non solo la birra – ce n’era…) avremmo risposto: “Sì, andiamo a comandare”… Dal mattino seguente, in seria difficoltà ad alzarci dal letto per l’alcol e le urla di cui sopra (ma ne è valsa la pena!), una volta recuperato il senno e la capacità di giudizio, siamo dolorosamente convinti che una vittoria agli ottavi contro la Svizzera sarebbe già un buon risultato. No, ogni valutazione lucida ci dice che purtroppo con questa Italia non possiamo sognare.
Epperò… lo sport azzurro è fatto anche di sorprese, anzi miracoli, sui quali non avremmo riposto la minima fiducia. Se l’Italiano non lo ammazzi, rischi di ritrovartelo in fondo al torneo, completamente trasformato da agnellino indifeso (nel senso che è scarso pure in difesa…) a leone indomabile. Per poi magari tornare agnellino tremolante dalle partite immediatamente successive in poi (come ci successe dopo la vittoria all’ultimo Europeo del 2021, con la seconda eliminazione consecutiva dai Mondiali per mano dell’inarrivabile Macedonia del Nord…).
Era quasi morto quando si era trovato a due punti dalla sconfitta, ma l’avversario mancò il colpo di grazia. Dal secondo turno in poi, il tennis di Cecchinato migliorò partita dopo partita, set dopo set, trascinato anche da un rovescio a una mano bellissimo e non meno efficace. L’azzurro, abituato a tornei e avversari nettamente meno importanti e prestigiosi, fu capace di compiere un mezzo miracolo issandosi sino ai quarti di finale, con tanto di vittorie contro avversari importanti come la testa di serie n.10 Pablo Carreno Busta e il n.9 del mondo David Goffin. Ai quarti, l’avversario era nientemeno che Novak Djokovic, che aveva vinto il Roland Garros due anni prima. La favola di Cecchinato sembrava essere al capolinea, invece l’italiano, in autentico stato di grazia, riuscì ad approfittare degli errori di un Djokovic molto sottotono e a giocare alla grande i punti decisivi. Dopo quattro set emozionanti e con continui capovolgimenti di fronte, Marco riuscì a superare anche Djokovic per 6-3, 7-6, 1-6, 7-6, centrando la semifinale, dove perse con molto onore da Dominic Thiem. Dai tornei sperduti di seconda e terza fascia, Challenger e Futures, alla semifinale di un torneo dello Slam. Una cosa pazzesca, un po’ come la Grecia che vinse l’Europeo nel 2004.