La notte delle grandi ememozioni, non ci ha regalato una vittoria, come al mattino presto la Ferrari, ma ha fatto palpitare. Dai dubbi della pioggia capricciosa, alla bandiera a scacchi dei sorrisi. Certo, Andrea Dovizioso dovrebbe essere furioso e deluso, battuto per la terza volta di seguito sul filo di lana.
Ma questa volta ha il cuore orgoglioso. Con Valentino Rossi e Jorge Lorenzo (nuovo, impacciato, compagno di squadra) nei due anni passati aveva lottato alla pari, ma nel momento cruciale era sembrato arrendersi anche se di poco, al massimo i 2 secondi dell’anno scorso. Questa volta invece ha spremuto ogni stilla da se stesso e dalla sua formidabile (su questa pista) Ducati, provando a ribaltare con ogni mezzo un risultato che sembrava già scritto prima del via.
La rossa a due ruote sul dritto va come un treno – ad alta velocità – con quel motore che all’epoca delle travolgenti cavalcate di Casey Stoner, vincitore 3 volte, aveva fatto esplodere esilaranti polemiche, anche di tanti che sono ancora oggi nel paddock a vario titolo: impossibile che vada così forte, ci deve essere qualche trucco, forse nasconde la benzina nei tubi del telaio! Addirittura Davide Brivio, per difendere l’allora suo pilota (sempre Yamaha) Valentino Rossi, fece reclamo e dentro i tubi ovviamente trovarono… solo dell’aria.
Semplicemente il motore Desmo ha un sistema di distribuzione unico, semplice ed efficace, che consuma di meno e pompa di più. Così a Borgo Panigale hanno consolidato la fama dei loro super-motori. Adesso che, pian piano, anche la ciclistica sembra capace di imbrigliare per bene i cavalli, poteva arrivare il momento di prendersi quello che manca dal 2009.
Però l’inverno, oltre a regalarci un Dovi concentratissimo, ha rivelato il nuovo fenomeno Maverick, che il quasi ragazzo (proprio in Qatar Andrea ha festeggiato i 31 anni) di Forlì ha provato in tutti i modi ad arginare: la fuga prima, il corpo a corpo poi, l’insolenza verso la fine: lo sverniciava sul dritto sperando di destabilizzare lo spagnolo. Che invece si è dimostrato osso durissimo da sgranocchiare per chiunque quest’anno ed è riuscito a mettere una manciata di metri tra sè e quella turbina che gli soffiava sul collo. Nessun rimpianto Dovi, davvero impossibile fare ogni singola sfumatura in maniera più perfetta di così.
Discorso simile, ma inverso, per Valentino. Certo, al pronti-via del campionato ha preso paga dal giovinastro nuovo compagno di squadra, che come insegnano i manuali di sport (soprattutto motoristici) è il tuo primo riferimento e “nemico”. Però ha salvato una situazione che alla vigilia, anzi fino al momento dello schieramento, sembrava doversi risolvere in un vero incubo. E lo ha fatto alla sua maniera. Il semplice spegnersi del semaforo ha trasformato un pilota in balia della sua Yamaha (e degli avversari) in un combattente quasi senza limiti.
Inutile andare a cercare motivi tecnici, evocare quel coniglio che se ne sta nel cilindro per tutto il fine settimana (e questa volta anche per tutti i test invernali) per poi mettere fuori la testa. Semplicemente Valentino si nutre, anzi respira e vive di quella smisurata voglia di prevalere sugli avversari, quella fame di “supremazia” sugli avversari che gli ha fatto attraversare più o meno sempre trionfalmente 22 stagioni di corse al massimo livello. Animale da gara, dice lui di se stesso. Vampiro di sangue “sportivo”, implacabile collezionista di scalpi degli avversari, verrebbe da pensare. Certo, oggi qualcuno gli sfugge via dalle mani, ma la fame non è ancora sazia.
Filippo Falsaperla