Pattinaggio, Kostner: l’alibi dell’altezza maschera i limiti fisici. Tutte quelle cadute nascono da lì…
A emozioni “spente”, può essere utile guardare i Mondiali di pattinaggio artistico su ghiaccio e, in particolar modo, la prova (ultima?) di Carolina Kostner cercando di eliminare le luci abbaglianti del tifo e mettendo in evidenza la realtà tecnica. In questo modo, è inevitabile andare controcorrente e ridimensionare persino la delusione per la mancata medaglia, perché la brutta prova della Kostner nel programma libero non è stata una sorpresa, ma la semplice conferma di quanto avvenuto in tutti questi anni.
Può apparire cruda come analisi, ma basta andare a rivedere i suoi programmi liberi, anche quelli dei Mondiali e degli Europei in cui ha vinto medaglie, per constatare che è difficile trovare una prova “pulita”, senza cadute o salti tripli trasformati in doppi e semplici, o ancora combinazioni cancellate. Per fare immediatamente un esempio concreto, ai recenti Europei di Mosca, la Kostner ha ottenuto addirittura l’undicesimo punteggio tecnico nel programma libero, alle spalle persino dell’altra azzurra Micol Cristini (51.86 contro 51.87), anche se poi è finita sul podio, medaglia di bronzo. E ai Mondiali di Milano, sempre nel punteggio tecnico del programma libero, è stata appena tredicesima. In entrambi i casi, ha recuperato con il punteggio “artistico”, quello relativo ai “Components”: skating skills, transitions, performance, composition e interpretation of the music. Tutto questo, analizzato più approfonditamente, porta a conclusioni che si allontanano dal rammarico per una medaglia che nella realtà non è mai stata alla portata di Carolina. Allo stesso tempo, anche se può apparire paradossale, portano alla conclusione che la Kostner potrebbe continuare a gareggiare per molto altro tempo. Vediamo perché.
Il punto principale è: ce la fa la Kostner, a 31 anni, a reggere fisicamente nel libero? A guardare quanto avvenuto non solo dopo il ritorno alle gare alla fine della squalifica, ma anche negli anni “giovanili”, è evidente che la tenuta fisica è stata sempre la pecca principale, che ha portato Carolina a numerosi errori e cadute, dai disastri dei Mondiali 2009 a Los Angeles e dell’Olimpiade 2010 a Vancouver fino alla “rinascita” e alle medaglie. La caratteristica comune è stata la mancanza di programmi tecnici con elevata difficoltà, con lunghissimi periodi, anni addirittura, senza combinazioni triplo+triplo. E se questo è avvenuto quando Carolina aveva 23 anni, non si può invocare adesso l’età per giustificare questa pecca, non si può parlare di “usura” da fatica. E non lo si può sostenere nemmeno portando come esempio il fatto che le avversarie cambiano e lei continua a gareggiare. In questo caso si dovrebbe anche parlare di “mancata usura” da allenamento. Non è un mistero che la Kostner abbia sempre eseguito allenamenti meno duri delle avversarie, in particolare di quelle di Paesi in cui la concorrenza è agguerrita, a partire dalla Russia. In quei casi è chiaro che la carriera di una pattinatrice dura molto di meno, perché fa allenamenti più duri a prescindere e perché è costretta a farlo dall’avanzata dalle nuove leve, che a loro volta si allenano ancor più duramente, e ciò porta a un decadimento atletico più veloce, oltre a un ricambio generazionale continuo che causa la “scomparsa” precoce di molte atlete.
Quindi, il fatto di restare per tanti anni ad alti livelli non è un valore assoluto, ma va inquadrato in un contesto più sfaccettato e particolare. A questo proposito, non bisogna dimenticare un’altra cosa importante relativa al valore delle avversarie. E’ vero che la carriera della Kostner ha cozzato, nel mondo, con quelle di grandi campionesse, come Kim Yuna e Mao Asada per citarne solo un paio, ma ha avuto strada spianata in Europa perché per 8 lunghi anni, dopo la Slutskaya, non ci sono più state atlete russe di alto livello, la più brava è stata la Leonova, non certo una campionessa, per il resto soltanto atlete di medio livello fino all’avvento della Sotnikova e della Tuktamysheva. Non è un caso che, a parte il loro esordio nel 2013, quando comunque si piazzarono davanti alla Kostner rispettivamente nel corto e nel libero per poi arrivare seconda e terza nel totale, poi diedero il via, insieme alla Lipnitskaya, al nuovo dominio russo, culminato per ora nella Medvedeva e nella Zagitova. Perciò, stare senza avversarie serie in Europa per 8 anni non può certo definirsi “usurante”. Il lato atletico della Kostner ha sempre avuto problemi anche nello specifico di alcune figure, come le trottole e il flying camel, ma soprattutto nel layback spin, l’esercizio in cui l’atleta, ruotando su se stessa, afferra con la mano il piede della gamba libera. In quest’ultimo caso, la Kostner non riesce a distendere completamente la gamba e non si inarca come fa la maggior parte delle atlete più brave. Per queste “disfunzioni”, se vogliamo chiamarle così, si è sempre invocato il fisico della Kostner, alta più della media delle pattinatrici, quindi con maggiore difficoltà a distendere la gamba dietro la schiena. Ma anche qui c’è qualcosa che non va nel pensiero comune con cui la Kostner viene “giustificata” per questa mancanza. Ancora una volta, andando con gli esempi concreti presi proprio dai Mondiali di Milano, ci sono due atlete della stessa altezza o quasi della Kostner, a comportarsi diversamente. Carolina è alta 1,69. La statunitense Bradie Tennell è 1,68, ma esegue il layback spin con la gamba completamente distesa, quasi a formare un asse verticale. E poi c’è la russa Maria Sotskova a eseguirlo con la gamba distesa, con effetto persino migliore di quello della Tennell, e lei è alta 1,73! Per loro non vale, quindi, la giustificazione del fisico che impedirebbe di eseguire certi movimenti. Il problema, come si può facilmente capire, sta tutto nel lavoro svolto sin da bambine. Se la Kostner non riesce a stendere la gamba, molto probabilmente non ha effettuato il giusto lavoro da quando era bambina. Il punto è: non ha voluto farlo o chi l’ha allenata ha preferito non imporglielo?
Arriviamo perciò al nocciolo della questione. Che la Kostner sia un talento naturale non c’è alcun dubbio, il modo in cui scivola sul ghiaccio lo testimonia. Alle qualità naturali si sono aggiunte quelle artistiche, costruite nel tempo sì, ma che hanno trovato “terreno fertile” nel talento di Carolina e nella sua evidente predisposizione a “interpretare” la musica con coreografie adatte. E allora sorge il dubbio: si è puntato tutto sul lato artistico e si è preferito non insistere su quello atletico? La risposta può arrivare solo da chi ha curato la preparazione della Kostner, da quando era bambina e dopo. La sensazione è che sia avvenuto proprio questo perché anche quando aveva solo 16-17 anni Carolina non ha mai mostrato una vera consistenza atletica. Ma puntare tutto sulla parte artistica ha comunque dato frutti perché, come facevo notare all’inizio, i punteggi dei Components sono sempre stati altissimi, tanto da superare quelli di atlete che nella parte tecnica sopravanzano la Kostner di 10 punti e oltre. Esempio concreto anche in questo caso: gli Europei di Mosca 2018. Abbiamo visto come nella parte tecnica la Kostner abbia avuto l’undicesimo punteggio, da atleta di medio-bassa classifica: 51,86 contro gli 82,67 della Zagitova, oro, e i 77,15 della Medvedeva, argento. Quasi 31 punti di differenza dalla Zagitova significano che stiamo parlando di due pianeti diversi. Nella parte artistica, invece, la Kostner ha preso 75,09, terzo punteggio dopo i 77,14 della Medvedeva e i 75,30 della Zagitova. E qui viene fuori il paradosso: quasi 31 punti in meno della Zagitova nel tecnico e appena 21 centesimi in meno nell’artistico! E’ una sproporzione che non si può giustificare in alcun modo. E non è l’unica volta che accade. All’Olimpiade in Corea, il bis nel confronto con la Zagitova: nel tecnico la russa (oro) prende 81,62, Carolina 63,64; nel tecnico, Zagitova 75,03, Kostner 75,65. Quindi: quasi 18 punti di vantaggio nel tecnico per la Zagitova, che però finisce addirittura dietro di mezzo punto nell’artistico. E qui siamo davvero al ridicolo.
Si scopre così il “tesoro segreto” della Kostner. Qualsiasi rendimento lei abbia nella parte tecnica, che esegua bene i salti o no, che faccia una bella combinazione triplo+triplo o che cada, il punteggio artistico rimane praticamente lo stesso: circa 38 punti nel programma corto, circa 75 in quello libero. Infatti, a Milano, con un libero in cui non ha eseguito le due combinazioni più difficili, in cui un doppio Axel è diventato semplice e il triplo Salchow è stato eseguito malissimo tanto da cadere sul ghiaccio, e per il quale ha avuto solo 54,71 punti (tredicesimo punteggio, come già fatto notare), la Kostner ha preso 74,90 punti nella parte artistica. Qualsiasi cosa accada sul ghiaccio, Carolina parte da un punteggio di circa 113 punti fra corto e libero nella parte artistica. Perciò, le basterebbe prenderne altri 87 di tecnico fra corto e libero per arrivare a 200 punti totali, che sono il limite per le medaglie o quantomeno per una posizione fra le prime 5-6 atlete. E 87 di tecnico totale significa che può cadere due-tre volte, eseguire un paio di doppi al posto di tripli e cancellare anche qualche combinazione! Vi pare una cosa seria?
Naturalmente, una situazione di questo genere implica anche qualche considerazione sui giudici. E qui il discorso diventa più complesso. In breve, bisogna ricordare che il sistema cambiò dopo lo scandalo olimpico del 2002 nelle gare di coppie e danza, in cui venne fuori un accordo fra giudici russi e francesi per la spartizione delle medaglie. Fino ad allora i voti erano dall’1 al 10 sia nel giudizio tecnico, sia su quello artistico, in più i giudici esprimevano una “preferenza” nel caso di voto uguale. Era il caos, che permetteva qualsiasi nefandezza. Così, a partire dal 2004, ci fu il nuovo sistema, quello attuale, con punteggi molto più “specifici” e dettagliati. Sembrava andasse bene, ma poco alla volta chi voleva far andare le cose in un certo modo trovò il sistema di adattare il nuovo sistema ai propri scopi. La parte meno influenzabile è sicuramente quella tecnica, anche se qualche intervento maligno è possibile anche qui, soprattutto nel “grado di esecuzione”, il fattore che può aggiungere o togliere punti al valore base dell’esecuzione del salto o di altre parti dell’esercizio. Ma dove i giudici possono sbizzarrirsi è la parte artistica che, come abbiamo visto, può essere totalmente distaccata da quella tecnica e, ciò che è più importante, da quello che accade sul ghiaccio. La scusa, per giustificare il vantaggio della Kostner nell’artistico anche rispetto a chi le dà 20-30 punti di distacco nel tecnico, è che Carolina “pattina divinamente”, ma è chiaro che anche questa spiegazione mostra tutti i suoi limiti quando si va a esaminare attentamente la “struttura” del punteggio artistico. Le voci, come detto, sono 5. Se per le “qualità di pattinaggio” (skating skills) la caduta o la scarsa efficacia di un salto sono quasi irrilevanti, così come per la “composizione”, se il programma asseconda la musica, e la “interpretazione”, vale a dire i gesti dell’atleta nell’esprimere il significato della musica, non altrettanto si può dire per gli altri due elementi presi in considerazione. Le “transizioni”, le parti del programma fra un elemento e l’altro, in particolare in preparazione a un salto e fra un salto e l’altro, possono essere semplici o complesse, ma se ci sono cadute ed esitazioni varie è inevitabile che anche le transizioni ne siano penalizzate. La “performance”, infine, esprime una visione completa dell’atleta, con personalità, coinvolgimento del pubblico, qualità ed efficacia del pattinaggio, insomma un’espressione totale, e anche qui un esercizio con tante pecche tecniche non può non far abbassare il giudizio.
Proseguendo sulla strada degli esempi concreti, il giudice Matjaz Krusec, sloveno, nel programma libero ha assegnato alla Kostner 9,75 per skating skills, composizione e interpretazione, punteggi che appaiono esagerati, ma che potrebbero anche rimanere nell’ambito della valutazione in base a quanto appena descritto. Ma Krusec assegna anche 9,75 alle transizioni e 9,50 alla performance. Considerato che il punteggio va di 0,25 alla volta, significa che il libero della Kostner, fallimentare e decisivo per la sua discesa dal primo al quarto posto, è stato giudicato da Krusec quasi al massimo nelle transizioni, a un solo scatto dalla perfezione, e nella performance, a due scatti dal 10, nonostante la caduta, l’Axel doppio che diventa semplice, il triplo Lutz iniziale che diventa doppio, le due combinazioni saltate, con conseguente cancellazione anche delle relative transizioni e il degrado complessivo della performance. Sarebbe interessante andare a esaminare ognuno dei 9 giudici, ma il risultato è sulla stessa linea per 6 di loro, mentre per gli altri 3 si vedono significative differenziazioni, con giudizi molto più equilibrati. Ma non è solo il voto “in più” a rivelarsi pesante, c’è anche quello “in meno”. E’ il caso della giudice Catherine Taylor, australiana, che nel programma corto si distingue per voti bassi alla Zagitova, decisivi per abbassarle il punteggio totale e permettere alla Kostner di chiudere in testa. Nelle “qualità di pattinaggio”, la Taylor assegna 10 alla Kostner (le dà 10 in tutte e 5 le voci dell’artistico) e solamente 8,75 alla Zagitova, che ha fatto comunque il miglior programma tecnico (42,51 contro 41,30 della Kostner). A parte tutte le convinzioni personali su bellezza, arte e cose varie, dare 8,75 per la qualità del pattinaggio alla Zagitova, che ha vinto Olimpiade ed Europei, oltre alle due tappe del Grand Prix 2017-2018 cui ha partecipato (Cina e Francia) e alla finale dello stesso Grand Prix in Giappone, il tutto a suon di record di punteggi, non è solo scandaloso e ridicolo, ma anche meritevole di indagini approfondite da parte dell’Isu. E gli esempi potrebbero continuare, ma l’importante è aver capito cosa succede.
Le considerazioni finali sono due. La prima. Ha senso per il pattinaggio artistico su ghiaccio che le qualità tecniche vengano annullate da giudici che usano il loro potere per premiare un’idea particolare, il lato artistico, e non la globalità di qualcosa che, non dimentichiamolo, è uno sport, non un’esibizione? Volendo spingere al massimo il paradosso, si può ricordare cosa accadeva quando a vincere un oro olimpico e due mondiali era l’austriaca Beatrix Schuba, di scarsissimo livello nel programma libero, ma brava a “fare gli 8” sul ghiaccio, perché a quel tempo il sistema era quello: la percentuale maggiore di punteggio veniva assegnata con gli “obbligatori”, che si svolgevano addirittura senza pubblico e con i giudici sul ghiaccio, che andavano a controllare i segni dei pattini dopo che gli atleti eseguivano determinate figure, col risultato che quando le più brave nel libero si ritrovavano al massimo seconde, e la Schuba vinceva dopo un esercizio banale e squallido, il pubblico non capiva niente e cominciava a fischiare. Fino a che l’Isu si convinse a cancellare quell’obbrobrio. Vogliamo tornare a quei tempi?
La seconda. Come fatto notare all’inizio, la Kostner, che ha detto di voler riflettere se ritirarsi o no, ha una concreta possibilità di continuare: ha 113 punti assicurati in partenza, qualsiasi cosa succeda. Dopodiché, può fare i suoi calcoli e decidere.
Gennaro Bozza