Meglio essere arbitro o guardalinee? Questo è il problema. Gli insulti di un telecronista alla guardalinee Annalisa Moccia, in occasione di una partita di Eccellenza della Campania, hanno provocato la giusta reazione in difesa della donna del caso specifico e, più in generale, di tutte le donne che svolgono questo ruolo. Ildesiderio di salvaguardare la loro dignità, però, ha fatto passare in secondo piano, o lo ha cancellato totalmente, il discorso sugli aspetti tecnici riguardanti arbitri e guardalinee, le vere difficoltà di questi ruoli, che non sono certo quelle indicate dal telecronista Sergio Vessicchio, e le prospettive per le donne in questo settore. Ed è bene puntualizzare che fare un discorso serio e concreto non significa difendere le donne “a prescindere”, ma fare in modo che i loro diritti siano salvaguardati nella maniera giusta.
DIFFERENZE RICONOSCIUTE E NO
Il punto di partenza è che i ruoli di arbitro e guardalinee sono assolutamente diversi e che, per difendere i diritti delle donne a svolgere questi due ruoli, bisogna esaminarli approfonditamente dal punto di vista tecnico e da quello della forza fisica necessaria per interpretarli. A questo proposito, è opportuno fare qualche riflessione su come i vari sport si siano adeguati o no alle differenze fra uomini e donne, perché è bene ricordare che le diversità di impostazioni generali delle discipline, degli attrezzi da usare là dove lo sport li preveda, delle strutture fisse in certi sport, ci sono eccome fra le gare maschili e femminili, anche se il più delle volte gli spettatori non ci fanno caso, abituati ormai a uno spettacolo che, bellezza dello sport, coinvolge a seconda della qualità della sfida, della tensione agonistica, non del sesso degli interpreti.
Perciò, è importante far notare che proprio la disciplina “di base” di tutti gli sport, l’atletica, è quella che prevede sostanziali differenze fra uomini e donne. E non le prevede genericamente, ma solo nelle gare in cui sono presenti fattori particolari che causerebbero una difficoltà eccessiva per un fisico meno potente o un impoverimento tecnico che ridurrebbe il significato della prestazione. E si parla innanzitutto degli attrezzi: il disco pesa 2 chili per gli uomini, uno per le donne; la palla del getto del peso è di 7,260 chili minimo per gli uomini, 4 per le donne, quasi gli stessi pesi dell’attrezzo usato per il lancio del martello; il giavellotto è di 800 grammi minimi per gli uomini, di 600 per le donne. E poi gli impianti fissi: nelle gare a ostacoli l’altezza è diversa, 106,7 centimetri per gli uomini sui 110 metri, 83,8 per le donne sui 100; 91,4 centimetri per gli uomini sui 400 e 76,2 per le donne; 91 per gli uomini e 76 per le donne per i 3000 siepi. Le prove multiple sono 10 per gli uomini (decathlon) e 7 per le donne (eptathlon). E’ anche vero che, nel corso degli anni, ci sono stati adeguamenti che hanno riconosciuto l’evoluzione fisica delle donne: l’eptathlon è stato pentathlon (5 gare e non 7) fino al 1980; fino al 1968 si correvano gli 80 0stacoli, poi diventati 100; i 400 ostacoli sono riconosciuti nel 1974; i 3000 metri piani femminili fanno parte del programma dei Mondiali dal 1980, i 5.000 dal 1995, i 10.000 dal 1987 e dal 1988 alle Olimpiadi; la maratona era vietata alle donne, che ottennero il riconoscimento ufficiale a parteciparvi nel 1972; la 50 km di marcia si corre nel 2017 per la prima volta ai Mondiali e nel 2018 agli Europei. Nel tennis gli uomini giocano al meglio dei 5 set nei tornei dello Slam, le donne al meglio dei 3, un tentativo fu fatto nelle finali Wta dal 1984 al 1998, la finale si giocava al meglio dei 5, ma l’esperimento fu abbandonato, gli ultimi set, quando si arrivava al quinto, diventavano davvero poveri dal punto di vista tecnico, le giocatrici erano sfiancate e ne perdeva lo spettacolo. Nella ginnastica artistica le prove comuni sono solo due, al corpo libero e al volteggio, poi gli uomini hanno sbarra, cavallo con maniglie, anelli e parallele, le donne hanno trave e parallele asimmetriche, 6 specialità maschili e 4 femminili. La pallavolo ha la rete a 2,43 per gli uomini e 2,24 per le donne. Di segno inverso il basket, che ha stessi canestri e stesso pallone per uomini e donne, e il calcio, stesse misure del campo e delle porte.
E allora, forse qualcuno trova le gare femminili di atletica meno interessanti perché gli ostacoli sono meno alti e gli attrezzi meno pesanti? Avrebbe più senso tecnico e spettacolare una gara con lo stesso peso del disco o del giavellotto, ma con molti metri in meno come risultato? O una gara di ostacoli con le donne costrette a un gesto tecnico meno naturale e fluido e con tempi nettamente superiori? La tensione agonistica e lo spettacolo hanno sì una componente di valori assoluti, ma il fascino maggiore sta nella competizione, nel testa a testa: nelle gare di velocità, quando c’è un arrivo al fotofinish, qualcuno fa caso al fatto che c’è una differenza di un secondo nei tempi dei 100 maschili e femminili? O non si entusiasma allo stesso modo per una sfida dall’esito incerto? E comunque proprio l’atletica, con il continuo adeguamento all’evoluzione fisica, alle capacità delle donne, ha dimostrato che uno sport può cambiare poco alla volta, ma anche rimanere uguale nel tempo senza tradire le proprie caratteristiche e rispettando le diversità fisiche. Se guardiamo invece agli sport che restano uguali a se stessi, senza differenziazioni, notiamo che hanno meno successo. Clamoroso il caso di basket e pallavolo, consproporzione enorme, a favore della pallavolo, di donne tesserate, di spettatori nei campionati, di interesse televisivo. Fra l’altro, sono le stesse giocatrici di basket a invocare diversità del peso del pallone e dell’altezza del canestro, inascoltate. E nel calcio la dimensione del campo e quella della porta hanno conseguenze nefaste, sia per l’affaticamento, sia per l’aspetto tecnico che riguarda i portieri. E’ fin troppo evidente che le donne schierate in porta sono le più penalizzate e i loro interventi appaiono goffi, naturale conseguenza del fatto che, con dimensioni di 7,32 metri in larghezza e lo sproposito, per le donne, di 2,44 metri in altezza, l’area di “ingresso” del pallone in porta sarà sempre troppo estesa per portieri che hanno una minore altezza e minor massa muscolare e potenza per salti che consentano di coprire la porta sia in altezza che in larghezza.
DIAGONALE E LUNGOLINEA
La lunga descrizione di cosa avviene nei vari sport serve soprattutto ad avere un’idea delle differenti visioni dello sport al femminile. Indipendentemente dalle convinzioni personali, è un fatto che gli sport che affrontano la questione in maniera “più elastica”, senza voler imporre una parità assoluta, sono quelli più popolari e con unmaggior numero di praticanti. E’ una indicazione che può aiutare l’analisi dei problemi relativi ad arbitri e guardalinee nel calcio, e naturalmente parliamo di calcio maschile.
Punto di partenza: la differenza fondamentale, dal punto di vista dello sforzo fisico, fra arbitro e guardalinee. In apparenza, lo sforzo maggiore lo compie l’arbitro, perché deve correre per tutto il campo muovendosi lungo la diagonale che parte dall’angolo destro della linea di fondo campo e finisce dalla parte opposta, oltre a spostarsi, quando serve nelle diverse fasi di gioco, anche in altre zone, ad esempio per controllare la barriera sui calci di punizione, intervenire in caso di scontri fra giocatori e via di questo passo. Il guardalinee, invece, deve percorrere la linea laterale solo in una metà campo.Se consideriamo lo sforzo totale, l’arbitro copre una distanza maggiore in totale, ma c’è un aspetto che ribalta la questione. Il guardalinee è obbligato a mantenere in ogni momento una posizione ben definita, all’altezza dell’ultimo difensore della squadra schierata nella metà campo di sua pertinenza. Il motivo è semplice: il guardalinee deve controllare la posizione di possibile fuorigioco dei giocatori della squadra avversaria. Per essere precisi, bisognerebbe dire che il guardalinee deve stare sempre all’altezza del penultimo giocatore della squadra che gioca in quella metà campo perché la regola del fuorigioco prevede che chi attacca deve avere ALMENO DUE GIOCATORI fra sé e la porta avversaria. Si considera, in generale, un solo giocatore perché il secondo (che poi sarebbe il primo) è il portiere, tant’è che nei casi non molto comuni in cui il portiere, per una particolare situazione di gioco, si spinge in avanti e si ritrova un attaccante avversario alle sue spalle, quindi più vicino di lui alla porta, il fuorigioco scatta anche se c’è ancora un difensore davanti a quell’attaccante, perché è rimasto SOLO UN GIOCATORE fra l’attaccante e la porta. A prescindere da questa precisazione, il quadro da considerare è questo: il guardalinee si deve muovere in sincrono con l’ultimo difensore, restare sempre alla sua altezza, altrimenti non sarà nella posizione migliore per valutare il fuorigioco.
Questa imposizione cambia completamente la valutazione dell’impegno fisico di arbitro e guardalinee. L’arbitro può anche essere dietro la palla, può “inseguire” i giocatori con la palla perché quei metri di ritardo rispetto al fronte dell’azione non inficiano la sua possibilità di valutare la regolarità del gioco, eventuali falli. Del resto, se l’arbitro si deve muovere lungo la diagonale che lo porta dal lato opposto a quello in cui si trova il guardalinee il motivo è evidente: in questo modo il campo viene “coperto” completamente da arbitro e guardalinee. Ma se l’arbitro può inseguire i giocatori, cosa che si verifica normalmente, e si parla in assoluto di tutti gli arbitri, non di uomini o donne, cosa facilmente verificabile con un po’ di attenzione, lo stesso non può accadere per il guardalinee, obbligato a stare all’altezza dell’ultimo giocatore. Questo obbligo ha come conseguenza un impegno fisico superiore a quello dell’arbitro perché il guardalinee deve “scattare” nel momento in cui l’ultimo difensore comincia a correre verso la sua porta per recuperare una situazione di gioco, per contrastare l’attaccante che si butta su un pallone lanciato da un suo compagno, e soprattutto DEVE AVERE LA STESSA VELOCITA’ del giocatore che, da ultimo prima del portiere, marca la linea del fuorigioco.
E arriviamo al punto dolente, quello che rappresenta il vero problema per le donne guardalinee, non certo le fesserie sulle tette più o meno grandi e cose del genere: sono meno veloci degli uomini, in particolare di atleti ben allenati, e il più delle volte non riescono a rimanere all’altezza dell’ultimo giocatore della squadra che si difende, quindi non possono valutare bene l’eventuale posizione di fuorigioco. E in certi casi non possono nemmeno valutare bene eventuali tocchi per decidere i calci d’angolo o falli di contatto da segnalare all’arbitro. Sia chiaro che il problema si pone anche per i guardalinee uomini, perché comunque sono meno veloci di giocatori più giovani e più allenati rispetto a loro, ma la differenza di velocità, in questo caso, è molto minore rispetto a quella che si ha quando è una donna a svolgere la funzione di guardalinee in una partita di uomini (perché nelle partite femminili questo tipo di problema non si pone quasi mai). Mi è capitato di dover svolgere servizi per molte partite in cui c’era una donna come guardalinee e, purtroppo, non ne ho mai visto una che riuscisse a tenere il passo dell’ultimo difensore. Fra l’altro, quando è capitato che ai designatori sia stata posta qualche domanda sulle guardalinee, la risposta fissa, non la più comune, ma proprio l’unica risposta era che le guardalinee sono “molto brave tecnicamente”. E il bello è che dicevano la verità, perché è stato verificato che la preparazione tecnica delle donne è effettivamente molto buona. Il problema è che… non è quello il problema e i designatori, visto che lo sapevano benissimo, svicolavano sulla bravura tecnica, proprio per non affrontare un discorso delicato che poteva facilmente scadere nel maschilismo. Ma è anche vero che un problema di questo genere esiste davvero e far finta che non ci sia aggrava la situazione e non aiuta le donne a superarlo.
Affrontare la situazione con lucidità può dare qualche indicazione. Di positivo c’è che le donne arbitro hanno dimostrato di essere all’altezza, che poi ci siano quelle scarse è un altro tipo di problema che coincide in assoluto con quello degli arbitri uomini: chi è bravo lo è a prescindere dal sesso, così come chi non lo è, e questo tipo di discorso si chiude qui. Di positivo c’è pure che le donne guardalinee hanno mostrato bravura tecnica. Di negativo c’è l’elemento della disparità di prestazione fisica che per le guardalinee è un problema di non poco conto. Come risolverlo, se con preparazione atletica specifica sullo scatto da fermo o con qualsiasi altro sistema, è un discorso che Federazione e arbitri devono affrontare senza più nascondersi.