Ode a te, oh erba, che ci fai godere al massimo il gioco del tennis. Esaltandone l’attitudine offensiva, aumentandone l’imprevedibilità, incrementandone la velocità. Di più: costringendo i guerrieri della racchetta a cambiare finalmente spartito, evadendo dal potente e ripetitivo bim-bum-bam da superficie dure, veloci, ma dai rimbalzi sicuri. In questi primi giorni il semaforo è verdissimo, senza vie di mezzo cromatiche, senza variazioni con la terra rossa tradizionale che diventa grigia ed è stata anche blu, il cemento e il sintetico indoor che si vestono di più colori ma restano fondamentalmente sempre uguali e impermeabili.
Mentre l’erba cambia, vive, partecipa, cambia drasticamente le carte in tavola rilancia protagonisti. O almeno gli restituisce la speranza che il loro tennis basti, senza tanto fisico e resilienza. Tennis e basta.
RADICI
Del resto, il tennis è nato probabilmente indoor, ma appena è uscito all’aria aperta ha conquistato come prima superficie i prati, lawn, come direbbero nel’Inghilterra che ha brevettato il gioco.
Nasce libero, senza tante tattiche, col solo obbligo di star ben più con le gambe per dominare i rimbalzi più bassi e poi spingere in avanti cercando la rete: l’ABC di questo sport che, ahinoi, imbavaglia sempre più la fantasia ed esagera con percentuali, statistiche, schemi, viedeoanalisi, numeri. Invece sull’erba bisogna rischiare, bisogna aver fiducia e coraggio, non esistono limiti e tabù, non ci sono zone off-limits e confort-zone: il campo va coperto tutto, come tutti i colpi vanno frequentati.
Bisogna correre, bisogna reagire subito, bisogna staccarsi dalla riga di fondo, bisogna dar seguito all’azione, bisogna rispettare la regola numero 1: chi si ferma è perduto.
ESEMPIO
Così, c’è spazio per la matura Petra Kvitova, giraffona mancina che, a 33 anni, ripropone la protagonista dei due trionfi a Wimbledon 2011 e 2014 sulla spinta di super-servizio e dritto supercurvo.
Così, il danese rampante Holger Rune, coi suoi 20 anni, esce dall’efficace gioco moderno da fondo, buttandosi a rete con tutte le ambizioni di erede dei Fab Four, e rischia il tutto per tutto con quella faccia da bambino che si ruzzola beato e sorridente sui prati. Così, il fenomenale coetaneo, Carlos Alcaraz, più predisposto del rivale di fisico e di attitudine, accetta la nuova sfida e mette subito qualche tacca che gli dà fiducia per Wiumbledon.
Così, si riaffacciano nei quartieri alti australiani e britannici che tennisticamente non sono nati sull’erba, ma hanno maestri e DNA intrisi di verde. Così, pazzerelli di talento come Bublik e Ostapenko, liberati da ogni tattica, esaltano finalmente reattività e creatività nel segno di una velocità altrimenti da evitare.
FILOSOFIA
Vincono, perdono. Certo, conta: sono professionisti che vengono profumatamente pagati per la loro attività. Ma l’impressione è che i tornei sul verde siano più leggeri, meno oppressi dalla tensione, maggiormente disponibili alla novità. Perché queste settimane toccano l’acme nel torneo più famoso di questo sport, Wimbledon, ma costituiscono pur sempre la parentesi tecnica più breve della stagione rispetto alle superfici più frequentate, che richiedono minor cura e spese di gestione.
La filosofia giusta è quindi quella di tuffarsi in un test su stessi, sulle proprie debolezze, sulla capacità di variare il proprio stile di gioco e di correre e muoversi in modo differente sul terreno sdrucciolevole e traditore che non consente la scivolata. Eppoi c’è il fascino della volée, un colpo bello e difficile, spesso dimenticato totalmente nelle lunghe maratone da fondo degli altri mesi dell’anno, un colpo che gasa giocatori e spettatori.
Senza peraltro dimenticare i due colpi fondamentali del gioco moderno, servizio e risposta, insieme alla solidità del repertorio da fondo. Che però, ancora, sull’erba, s’accompagna ai tagli slice di difficile controllo. E ai tiri della disperazione, quelli che effettui spesso in corsa, in condizioni d’equilibrio precario, con tante, continue, sorprese. O forse no. Forse non c’è superficie più scontata nel risultato dell’erba.
Vincenzo Martucci (tratto da supertennis.tv)