Fenomeni, fuoriclasse, extraterrestri. Ecco, semplicemente non umani. Non classificabili come tendiamo a fare per tutti e tutti, ogni giorno della nostra vita. Personaggi come Federica Pellegrini e Roger Federer rendono superflui gli aggettivi. Inutile scervellarsi per trovare l’attributo più calzante: non c’è. Ogni volta sembra improprio, ripetitivo, inadeguato, impreciso. Proprio perché esce da qualsiasi caratterizzazione, se non quella di esseri non esseri, cioè non come noi, esseri umani comuni. Che, normalissimamente, ci abbattiamo davanti alla fatica, al mal di schiena, all’incedere degli anni, ai brutti ricordi, alle statistiche, ai numeri. Loro, quei campioni che trascendono, hanno una parola in più, già dentro di loro, insita nel nome, una forza che supera qualsiasi altra forza: Fede, come Federica, come Federer. E la Fede trascende, non si spiega, non si quantifica, perché è impalpabile e invisibile, ma insieme imbattibile. Ce lo insegnano da bambini a Catechismo, ce lo ripetono, negli anni, in Chiesa, davanti ai nostro umanissimi dubbi. E lo constatiamo continuamente, davanti a carriere-prodigio, a risultati che solo un visionario poteva immaginare, a successi anche nostri, figli dell’ostinazione più profonda. E solo di quella.
Così è rivincere uno Slam, e poi addirittura due, accompagnati da due tornei Masters 1000, dopo sei mesi di stop per un ginocchio dolorante, ma soprattutto dopo le batoste nei Majors degli ultimi anni. E rilanciare, a quasi 36 anni, dopo due decenni di battaglie, una storia incredibile che sembrava guastarsi subendo un doppio, atroce, sorpasso, da parte di Maciste Rafa e del Superman di gomma Djokovic. Ci credevano i suoi seguaci e i pochissimi che lo conoscono davvero Roger Federer. Gli unici consci del fatto che montagne dei dubbi e delle paure sono dettagli, quisquilie, per gli dei dello sport, pochissimi, che stanno sulle dite di due mani al massimo: Ali, Jordan, Maradona, Valentino Rossi, Tomba… Continuate voi.
Così è per Federica Pellegrini, che disinnesca ancora una volta centinaia di vasche e di gare, insieme a migliaia di cronometraggi sconvolgenti e implacabili delle rivali, quelle macchine perfette che rendono il nuoto e troppi altri sport moderni terribilmente noiosi, e infila, un elemento semplicissimo come lo sprint. Rivincere un Mondiale dopo un anno con una spalla a pezzi, inseguire continuamente in allenamento tempi che sembrano chimere, risalire in cielo a 11 giorni dal compleanno numero 29? Chi ci avrebbe creduto? Chiunque, davanti a certi riscontri si demoralizza: è umano, si dice, capire che non ce la farai più, accettare la situazione, inchinarsi. Chiunque, non gli extraterrestri che ragionano diverso, che hanno Fede. Non gli amori della loro vita: Mirka Vavrinec e Filippo Magnini. Ecco, mentre impazza la caccia agli aggettivi e l’assalto al carro dei vincitori, ci piacerebbe sapere da quegli umanissimi compagni quanta Fede hanno, giorno dopo giorno, nell’umanissimo vivere accanto a due extraterrestri. Senza poterli veramente comprendere.
Vincenzo Martucci