Sebbene sia stata ignorata dalla maggior parte dei media e confinata a semplice esibizione, la Laver Cup di Praga ha riportato alla ribalta delle cronache il doppio, disciplina in fin di vita da oltre 30 anni e tenuta su con le pinze solo in occasione dei tornei del Grand Slam, della Coppa Davis e dei Giochi Olimpici.
Il merito è dell’improvvisata coppia Roger Federer e Rafael Nadal che ha deliziato il pubblico, non tanto per i colpi spettacolari usciti dalle rispettive racchette, quanto dall’affiatamento dimostrato dai due campioni e dalla voglia di divertirsi a praticare una disciplina spettacolare, veloce e financo moderna grazie ai nuovi accorgimenti regolamentari.
Per chi segue il tennis da dieci, venti anni, il doppio è sempre stata l’ultima ruota del carro, ma un tempo – basta tornare ai primi anni 80 con John McEnroe e Martina Navratilova incontrastati numeri 1 del mondo in doppio – il gioco a coppie era seguitissimo e praticato quasi da tutti. Negli anni Cinquanta, in alcuni tornei dello Slam, i quattro finalisti del torneo di doppio erano anche i semifinalisti del singolare. E’ accaduto ai Campionati d’Australia nel 1957 con Lew Hoad, Ashley Cooper, Neale Fraser e Malcolm Anderson e nel 1965 con John Newcombe, Roy Emerson, Fred Stolle e Tony Roche.
Oggi non è più così: l’ultimo campione di doppio all’Open d’Australia capace di vincere uno Slam in singolare è stato Patrick Rafter nel 1999 (con Jonas Bjorkman), al Roland Garros invece è stato Yevgeny Kafelnikov nel 2002 (con Paul Haarhuis), a Wimbledon John McEnroe e Michael Stich campioni nel 1992, infine all’Open degli Stati Uniti Lleyton Hewitt, campione in doppio nel 2000 con Mark Mirnyi.
Oggi i primi 4 del ranking di doppio sono giocatori che in un torneo dello Slam di singolare non passano neppure un turno: il filandese Henri Kontinen, l’australiano John Peers, il brasiliano Marcelo Melo e il polacco Lukasz Kubot. Gli unici tra i primi 50 del mondo di doppio che si possono considerare buoni singolaristi sono Feliciano Lopez, n° 21 in doppio, e John Isner n° 46.
Il doppio è in crisi perchè i più forti non lo giocano; non lo giocano per due motivi. Il primo è economico. Nel 1984 il vincitore di Wimbledon prendeva 100 mila sterline e i vincitori del doppio poco meno della metà (40 mila). Oggi questo rapporto si è dilatato. L’Open d’Australia offre ai vincitori del doppio circa un sesto (che poi è un dodicesimo a testa visto che i montepremi del doppio sono espressi per coppia) di quello che prende il re del singolare, al Roland Garros è esattamente un quarto (2.000.000 al vincitore del singolare, 500.000 ai vincitori del doppio, a Wimbledon 5 volte e mezzo (2.200.000 £ contro 400.000 £) come all’Open degli Stati Uniti (3.700.000 $ contro 675.000 $).
Il secondo motivo è di natura fisica. Giocare il doppio aumenta la probabilità di avere infortuni e un giocatore non puo’ permettersi – anche economicamente – di ritirarsi dal singolare per un infortunio subito in doppio.
Ma se l’Atp, che poi sono i giocatori stessi, volesse risollevare le sorti di questa disciplina, potrebbe sfruttare l’ondata di popolarità generata dal duo Nadal-Federer, rivedere un po’ di regole e magari, come succede per i tornei junior gestiti dalla Itf, creare una classifica combinata che tenga conto dei punti in singolare (non più del 75%) e doppio.
La rinascita del doppio?
Rafael Nadal e Roger Federer riportano in auge il doppio. Vita, morte e resurrezione di una specialità che ha fatto la storia del tennis fino all'inizio degli anni 90.