“Le condizioni qui sono probabilmente le condizioni più difficili di sempre per me al Roland Garros per tanti fattori diversi. La palla è completamente diversa. È super lento, pesante. Fa anche molto freddo e le condizioni sono lente. E, naturalmente, la preparazione è stata minore del solito”.
Quante volte zio Toni avrà storto la bocca, quante volte avrà sospirato, quanto si sarà incupito sentendo queste dichiarazioni del beneamato nipotino, Rafael? Povero maestro di tennis e soprattutto di vita: ha aiutato l’allievo a diventare il formidabile Rafa Nadal, inculcandogli il credo della sicurezza, della forza davanti a qualsiasi avversità, del silenzio davanti agli avversari come un novello Bjorn Borg, e ora quello lacera tutto il suo lavoro certosino?
Ma con l’età (34 anni), i soldi, gli agi, la fama, il nuovo coach (Carlos Moya), anche il più grande campione di sempre sulla terra rossa, uno dei più indimenticabili della racchetta di sempre, il mitico re di addirittura 12 Slam nello stesso torneo e nel durissimo Roland Garros, si lagna apertamente ancor prima del via.
Nadal, che ha vinto il primo Open di Francia 15 anni fa ed è stato battuto solo due volte in 95 partite al torneo, ha avuto un pessimo impatto con una Parigi fredda e umida che ha spostato la data del suo Slam da fine maggio a fine settembre. Era già nervoso di suo per il ko nei quarti di Roma contro Schwartzman nell’unico test che ha potuto fare, in partita, dopo il lockdown, anche se ha dovuto subito resettare il suo mood: “Bisogna guardare oltre Roma, venivamo tutti da un periodo senza una preparazione importante. Se ti mancano i minuti partita la concentrazione non è continua e ne risente anche la tenuta atletica”.
La stagione sulla terra rossa europea, sia pur ridotta all’osso, resta per lui la parte dell’anno più importante: “Ora devo pensare a come superare le insidie che nascondono i match tre su cinque: tenuta atletica, mentale e l’età. Comunque giocherò per vincere. Negli Slam vai in partita sapendo che anche giocando il tuo miglior tennis, per tre o quattro ore, potrebbe non essere sufficiente per battere il tuo avversario. Devi raggiungere il limite in ogni singolo match, in ogni singolo punto. In una partita su cinque set può accadere qualsiasi cosa”. Eppoi al primo allenamento a Porte d’Auteuil c’erano appena 9 gradi di temperatura e le sensazioni che ha provato incocciando le prime palle sono state negative: “Penso che non siano le palle giuste per giocare su un campo di terra battuta. Sembrano pietre. Credo davvero che l’organizzazione debba darci un’occhiata per i prossimi due anni, anche per la salute dei giocatori, perché sono super pesanti e diventano pericolose per il gomito e per le spalle”.
Intanto piove sul bagnato. La recrudescenza del Coronavirus ha convinto le autorità a ridurre l’afflusso di pubblico da 20mila a 11.500, poi a 5000 fino a soltanto 1000 persone– come è stato concesso in extremis agli Internazionali BNL di Roma che hanno fatto da apripista agli altri sport –, le previsioni meteo dell’autunno parigino sono nere e la forte pioggia battente sul nuovo, costosissimo, tetto del campo centrale è risultata rumorosa per i giocatori.
La prima reazione di Rafa è stata negativa, ma il simbolo dell’agonista non solo nel tennis ma nello sport tutto ha già reagito da par suo: “Quest’anno a Parigi abbiamo quel che abbiamo, dobbiamo giocare con queste palle, perciò devo trovare le migliori sensazioni possibili con queste condizioni. L’obiettivo è quindi quello di allenarmi con la giusta motivazione e la giusta ambizione, e poi vediamo quel che posso e quel che non posso fare”.
Fondamentalmente le nuove palle Wilson sposate dal Roland Garros, unite alle condizioni più lente dei campi, dettate un po’ dalla nuova filosofia degli organizzatori di rallentare il gioco e un po’ dal freddo della stagione, negano al campione spagnolo di sfruttare appieno una delle sue armi migliori, il pesante top spin di dritto che fa saltare tanto la palla e spinge molto più indietro, sul campo, l’avversario. Che, per Rafa, è principalmente Novak Djokovic, il numero 1 del mondo, neo campione proprio a Roma e quest’anno con un ruolino di marcia impressionante di 31 vittorie e una sola sconfitta, che poi s’è procurata da solo per la follia degli Us Open, quand’ha tirato una pallata di rabbia e ha colpito una giudice di linea, finendo espulso.
Djokovic che, a quota 17 Slam insidia i 19 di Nadal e i 20-record di Federer, Djokovic che, pur esprimendo tutto il rispetto per il mancino di Maiorca – “sempre e comunque favorito al Roland Garros col suo record ineguagliabile di 12 titoli” – ha lasciato chiaramente intendere che quest’anno Nadal potrebbe essere detronizzato. “Sì, è vero al 100%, sono sempre stato battibile sulla terra battuta. Anche lui mi ha battuto più volte. Ma allo stesso tempo è vero che ho avuto tanti successi su questa superficie”, ha ribattuto il favorito. Che inizierà la sua campagna al Roland Garros 2020 contro Egor Gerasimov, un bielorusso numero 83 del mondo, e ha un tabellone apparentemente agevole.
Daniele Flavi (Agl)