“Le norme della FIFA e dell’UEFA sull’autorizzazione preventiva delle competizioni calcistiche interclub, come la Superlega, violano il diritto dell’Unione. Le regole che conferiscono alla FIFA e all’UEFA il controllo esclusivo sullo sfruttamento commerciale dei diritti relativi a tali competizioni sono tali da limitare la concorrenza. FIFA e UEFA stanno abusando di una posizione dominante.”
Questo il nocciolo della sentenza emessa dalla Corte di Giustizia Europea nella mattinata di giovedì scorso. Parole che possono, o meglio, potrebbero essere destinate a cambiare per sempre i connotati al nostro caro, vecchio e tanto vituperato pallone. Il condizionale, però, è d’obbligo: la vicenda è in primo luogo intricatissima e, come se ciò non fosse già sufficiente, a seconda delle convenienze delle due parti in causa esistono interpretazioni divergenti.
Andiamo con ordine. La sentenza è indubbiamente una straordinaria vittoria giuridica da parte del gruppo Superlega. L’Europa ha ufficialmente sancito la possibilità che i club possano cambiare il calcio e le competizioni calcistiche senza essere soggette all’autorità di UEFA e FIFA. Una fotografia formato panoramico in grado di restituire le macroscopiche trasformazioni in atto nell’industria del pallone. Dall’altra parte della barricata, la replica non ha certo tardato ad arrivare. Schierata a mo’ di testuggine romana, l’UEFA si è espressa prima attraverso l’ECA, l’Associazione dei club europei, e poi per voce dello stesso presidente Aleksander Čeferin, secondo il quale la decisione della Corte Europea di Giustizia non sostiene né appoggia in alcun modo il progetto della Superlega. Certo, non è questo il senso di una sentenza di tribunale, checché ne dicano tutti quelli che la stanno interpretando in maniera troppo semplicistica o frettolosa. La prima grande verità di cui occorre avere contezza, però, è che giovedì 21 dicembre a Lussemburgo qualcuno ha vestito i panni del generale Raffaele Cadorna a Porta Pia e ha aperto una breccia. Che questo possa comportare la nascita di usurpatori del calcio lo potrà dire solo il tempo.
Due ore dopo la sentenza lussemburghese, Bernd Reichart, l’AD tedesco di A22 Sports, la silente macchina organizzativa dietro al progetto Superlega e operativa anche nei mesi più duri nei quali il progetto pareva sfaldarsi, ha rotto gli indugi, svelando per sommi capi in una live su Youtube il formato della nuova competizione, costellato di qualche flebile lume e, a dir la verità, un po’ troppe ombre.
Lato certezze: ad ogni edizione della Superlega parteciperebbero 64 squadre divise in tre leghe per ordine crescente di importanza (blue, gold e star) con meccanismi interni di promozioni e retrocessioni. Nelle due leghe più importanti, ergo la gold e la star, troverebbero spazio sedici squadre. Nella meno blasonata i club sarebbero, invece, trentadue. Prevista, anche, la creazione di una Superlega femminile a trentadue squadre. I club verrebbero divisi in gruppi di otto squadre e giocherebbero così un minimo di quattordici partite tra andata e ritorno della fase a gironi che andrebbe ad occupare i mesi da settembre ad aprile. Poi sarà il turno di una fase ad eliminazione diretta che determinerebbe i vincitori delle varie leghe e le promozioni da una lega all’altra. Non aumenterebbero i giorni di calendario delle partite rispetto alle attuali competizioni europee e i match, tutti infrasettimanali, non interferirebbero in alcun modo con il regolare svolgimento dei campionati nazionali. Sarebbe poi introdotta una versione corretta e riveduta (?) del tanto odiato fair play finanziario al fine di garantire condizioni di parità tra i vari club partecipanti.
Ultimo aspetto sul quale il gruppo A22 sta pigiando demagogicamente l’acceleratore è la totale gratuità della visione delle partite. Gli incontri di Superlega saranno, infatti, trasmessi in chiaro tramite una piattaforma streaming per la cui fruizione non sarà previsto il versamento da parte dell’utente di alcun abbonamento. Al posto dei diritti televisivi gli organizzatori assicurano ai club colossali guadagni provenienti dalla pubblicità e dalla sottoscrizione di account premium. Nel primo anno della Superlega, i club saranno selezionati tramite un indice che, al momento, non è stato ancora definito. Una volta entrati a far parte della Superlega è molto difficile uscirne. Le retrocessioni dalla star e dalla gold league sono soltanto due. In blue league, invece, ci sarà un ricambio di venti squadre su trentadue totali e le neopromosse saranno valutate in base ai risultati nei propri campionati nazionali. Il concetto di merito sportivo riguarderà soltanto le squadre minori che lotteranno per entrare a far parte della lega inferiore. Chi è in alto ha bisogno di una tragedia sportiva per uscire dal circolo esclusivo. Altra spinosa questione che difficilmente si chiarirà nel futuro prossimo riguarda i direttori di gara: chi arbitrerà le partite della Superlega? A22 li soffierà alle Federazioni nazionali? Li comprerà come si acquista solitamente il cartellino di un bomber o di un terzino sinistro? Si apriranno dunque le porte del professionismo anche ai fischietti? Chi pagherebbe queste spese?
Non è un mistero che uno degli ideologi principali della Superlega sia Florentino Perez, en passant presidente anche di una delle partecipanti potenzialmente più illustri della nascente competizione, ovvero il quattordici volte campione d’Europa Real Madrid. E qui gli interrogativi non fanno che aumentare: chi controllerebbe il controllore? E quando inizierebbe questa Superlega? E quale sarebbe il criterio di ammissione delle squadre minori di una terza lega? Giusto che squadre senza grande storia europea, come il Girona, se vincessero il campionato spagnolo sarebbero costrette a partire dalla lega più bassa?
Čeferin ha usato l’arma dell’ironia e dell’indifferenza come fa ormai dal 2021 a questa parte quando si tratta di sminuire il progetto. “Spero che cominci al più presto questa Superlega. “Una fantastica competizione con due club [Real Madrid e Barcellona ndr]”. L’ironia di Čeferin sembra avere solide basi. Nel pomeriggio hanno fatto eco alla dichiarazione del presidente dell’UEFA la Premier League, la Ligue 1, tutta La Liga (eccetto Real e Barca), la FIGC, la Lega Serie A, il Ministro dello Sport Andrea Abodi, squadre importanti come il Bayern, l’Inter e la Roma, mentra l’ANSA ha riportato di un possibile interessamento al progetto di Aurelio De Laurentiis, il bastian contrario per antonomasia. Ad aggiungere un po’ di pepe al tutto, il tweet di Andrea Agnelli, la vittima più illustre del tentato golpe superleghista dell’aprile 2021, che ha citato Where the Streets Have no Name degli U2 per poi concludere con il celebre motto bianconero: “Fino alla fine!”.
Dà da pensare il potere che Ceferin continua ad esercitare sulle Federazioni europee e persino sui governi nazionali. A cominciare da quello britannico che ha dichiarato di voler legiferare in direzione contraria alla Superlega. Un potere difficile da scardinare almeno platealmente. Certo è che sottotraccia tanti club europei, britannici soprattutto, hanno manifestato più di qualche insofferenza nei confronti dei rapporti di forza tra l’UEFA e i club e, in ogni caso, hanno comunicato l’interesse per lo meno formale verso questa nascente competizione, pur non avendo anche trovato la forza e la verve per esporsi.
Le rivoluzioni sono belle da annunciare ma complesse da condurre in porto. la Superlega non sarà una cosa rapida e ancora non è entrata in scena la politica. Si spera vengano lasciate in soffitta le ghigliottine.