“Non vedo l’ora di gareggiare. Mi piazzerò in griglia di partenza senza pressione: sono un debuttante, ho voglia di imparare e di fare bene. E di divertirmi: credo che quest’anno il Mondiale sarà molto combattuto, il divario tra le case costruttrici è diminuito e i piloti forti sono diversi” dice Federico Caricasulo, 23 anni, che inizia domani (a Phillip Island) l’avventura nella WorldSBK con il GRT Yamaha WorldSBK Junior Team (insieme a un altro esordiente: il texano 24enne Garrett Gerloff, campione della Supesport americana nel 2016 e 2017). Campione italiano della Supersport nel 2014, dopo le esperienze nell’Europeo Stock 600 (terzo posto nel 2015), nella Moto2 e le ultime quattro stagioni nel Mondiale Supersport (con un 2019 da cardiopalmo), il pilota di Ravenna è pronto per le derivate di serie. Senza alcun timore reverenziale nei confronti di fuoriclasse come l’uomo dei record Jonathan Rea, campione in carica da cinque titoli consecutivi. “Punto a lottare con i migliori, non ho niente da perdere e tutto da guadagnare” spiega “Carica”.
Mancano poche ore alla tua prima gara: cosa ti aspetti?
“L’obiettivo è di stare nel gruppo davanti. Confortato dai test invernali: man mano che giravo, meglio mi sentivo in sella. Certo, il lavoro che aspetta me e i tecnici sarà enorme: devo cucirmi la moto addosso e imparare a sfruttare al massimo la YZF-R1“.
Hai già un’idea di come riuscirci?
“Sì: modificare lo stile di guida. Per forza”.
Perché?
“Perché una 600 di cilindrata richiede velocità e aggressività, che su una 1000 non pagano. Sulla mia nuova moto, più della potenza conta la traiettoria, in particolare l’uscita dalla curva”.
L’anno scorso hai sfiorato il Mondiale: al tuo compagno di squadra, Randy Krummenacher, sono bastati i 5 punti in più racimolati nell’ultimo round per vincere il titolo. Quanto ripensi al secondo posto?
“A volte mi vengono in mente la scivolata a Magny-Cours, un errore eclatante, e le ‘briciole’ che ho lasciato sulle piste nell’arco della stagione. Però non mi recrimino nulla e guarda avanti, pieno di fiducia e di entusiasmo: una chiamata da una squadra di WorldSBK non capita per caso”.
Sei amico di Marco Melandri, che si è ritirato nel 2019. Combinazione, lo sostituisci tu sulla moto di Iwata. Ti ha dato qualche dritta sulla guida?
“Molte, in generale. Negli ultimi due anni ci siamo allenati spesso insieme a Ravenna e dintorni, e da lui ho imparato un sacco: Marco ha un’esperienza straordinaria e una tecnica e una capacità di mettere a punto la moto che solo i top rider vantano. In più è un ragazzo speciale: nonostante la carriera e i successi, è gentile, disponibile, alla mano. Peccato che da qualche mese si sia trasferito a Trento”.
Una sua dritta che tieni sempre presente?
“Evitare rischi inutili: mi ripeteva spesso che ero al limite e aveva ragione. Me ne sono reso conto in questi mesi come non mai: un goccio di spericolatezza in questo mestiere serve, nel giro di qualifica può rivelarsi la carta giusta, ma va tentua sotto controllo: farsi male è un attimo”.
Com’è nato il tuo amore per le due ruote?
“Grazie a una minimoto regalata da Babbo Natale quando avevo 8 anni. Vicino a casa c’era una pista: avevo visto girare un bambino ed è stato un colpo di fulmine per le due ruote. Anzi, una vera malattia. Gestita benissimo dai miei genitori: ‘se non studi, scordati di correre’ mi dicevano. Risultato: mi sono diplomato al liceo scientifico. Ho anche provato a frequentare l’università, Scienze motorie, ma ormai i ritmi del motociclismo erano diventati altissimi e al corso sono resistito due settimane”.
Nel paddock hai trovato amici o solo avversari?
“Qualche amico l’ho. A cominciare da Lucas Mahias, mio compagno di box nel 2017. Contro qualsiasi pronostico: dall’odio totale, roba da metterci le mani addosso, abbiamo scoperto di essere simili e abbiamo trovato un sostegno l’uno nell’altro. Ho il suo casco, segno che lo porto nel cuore e lo stimo”.
Fai collezione di caschi, come tanti tuoi colleghi?
No, il suo è l’unico. Però mi piacerebbe averne un altro, in effetti”.
Di chi?
“Di Casey Stoner, talento incredibile. Guardarlo in carena era puro spettacolo, un mito vero”.
*Credito foto: Yamaha Racing/GeeBee Images