Tutti dicono Djokovic. Perché il numero 1 del mondo, vincitore dei primi due Majors della stagione è il favorito a Wimbledon non solo per il tris consecutivo (il sesto complessivo) sull’erba più famosa dello sport ma anche per il Grande Slam, il poker nello stesso anno nei quattro principali tornei. Impresa che, nella storia, è riuscita solo a Don Budge e Rod Laver, e certamente non a Roger Federer e Rafa Nadal che hanno finora offuscato la grandezza di Nole I di Serbia.
Per alleggerire la pressione, il campione di gomma che asfissia gli avversari col suo gioco a tutto campo, s’è allenato solo in doppio al torneo di Maiorca, usurpando per la seconda volta casa-Nadal dopo aver battuto il re della terra rossa nel suo Roland Garros. Tanto che Rafa, dopo aver rinunciato sia ai Championships che all’Olimpiade di Tokyo, ha preferito levare gli ormeggi e andarsene per mare cogli amici.
Oltre al mancino di Spagna marcano visita a Londra anche Thiem, Raonic e Goffin, tutti infortunati in questo delicato ritorno alle gare post-Covid. E quindi liberano il tabellone di altre minacce. Sulla strada del favorito c’è il nome del bombardiere Kevin Anderson (finalista a Wimbledon 2018), ma Djokovic l’ha già battuto nove volte su undici, tre anche ai Championships, e poi quello del genietto Davidovich Fokina, campione junior della sacra erba nel 2017. Dopo di che, a meno che Seppi, Travaglia, Sinner (esordio a rischio contro Fucsovics), Fognini, Cecchinato – i cinque italiani compresi nella prima fetta di tabellone – non facciano uno straordinario gioco di squadra, è difficile immaginare un ostacolo più probante per Novak fino ai quarti contro magari Bum Bum Rublev (sempre che il rosso di Russia sia così concreto da arrivar fin lì).
Sulla carta, in prospettiva semifinale, non fa saltare le vene ai polsi di Djokovic anche la seconda metà del draw superiore.
Tsitsipas, sul “verde”, fa meno paura che sul “rosso”, e a meno che non esplodano gli ex campioni juniores di Wimbledon, il mancino Shapovalov (re del 2016) e il super-battitore Opelka (2015), è difficile ipotizzare che “Demon” De Minaur – in grande difficoltà contro Lorenzo Sonego nella finale di Eastbourne – ripeta le gesta del maestro Hewitt, re del 2002, o che il nuovo beniamino di casa, l’ex bad boy, Evans, si trasformi nel nuovo Murray.
La parte bassa del tabellone si prospetta molto più equilibrata. Matteo Berrettini, da neo campione del prestigioso Queen’s – secondo titolo su erba dopo Stoccarda 2019 -, è fra i più seri candidati al titolo. Per lui, dopo Pella e magari Barrere, al terzo turno ci potrebbe essere il delicato test-Isner, lo specialista del servizio che a Wimbledon però s’è inceppato spesso e ha toccato appena una semifinale, peraltro dopo nove tentativi. Il quarto turno per il romano si prospetta davvero nebuloso con tanti giocatori di livello medio, potenzialmente validi, come Karatsev, Popyrin o Nishikori.
Ancor più intrigante lo spicchio di tabellone successivo con un mix di gran battitori e giocatori di volo capaci di azzeccare la settimana giusta: da Zverev ad Auger Aliassime, dal redivivo Kyrgios a Humbert, da Fritz a magari Tsonga a Sandgren.
L’ultimo quarto è forse il più affascinante perché racchiude il grande sogno di Roger Federer, la scommessa-Cilic (al primo turno contro Caruso), l’enigma Medvedev e anche la curiosità su due italiani “erbivori” come Sonego e Musetti.
Roger, otto volte campione in dodici finali, fra cui spicca l’ultima, fallita nel 2019 mancando due match point contro Djokovic, ha un buon tabellone, con Mannarino, probabilmente Gasquet e forse Norrie o Pouille, con la prospettiva di un ipotetico quarto turno contro Sonego, che a Eastbourne ha appena giocato la sua seconda finale sull’erba perdendo solo per 7-5 al tie-break del terzo set contro l’ex ragazzo-prodigio De Minaur ben più avvezzo di lui al verde. L’obiettivo di Federer è un quarto di finale contro Medvedev, Cilic, Dimitrov o, ci auguriamo, Baby Musetti. Anche se il facile primo successo sull’erba di Spennacchiotto Medvedev fa pensare che abbia preso le misure sull’erba. Se serve e risponde sempre così conto il russo sono dolori per tutti.
Il tabellone femminile nasce più misterioso che mai, senza Osaka, in crisi personale, che sull’erba non ci ha mai preso tanto ma ha personalità, servizio e colpi per sfatare il tabù, e Halep, la campionessa uscente che è stata fermata dall’ennesimo infortunio. La favorita numero 1 è anche la numero 1 del tabellone, l’australiana Ash Barty, già regina juniores della prova, che al Roland Garros s’è ritirata al secondo turno contro Linette forse proprio per prepararsi al meglio per Wimbledon dove finora non ha mai brillato particolarmente.
Il tennis donne è imperscrutabile, ma è chiaro che sulla strada della Barty è forte l’incognita Krejcikova, neo campionessa di singolare e doppio al Roland Garros, che a Wimbledon ha vinto il doppio sia da junior che da pro. Anche la seconda favorita del torneo, Serena Williams, ha un possibile quarto turno insidioso, contro Angelique Kerber che è appena tornata al successo sul circuito WTA propri sull’erba e sembra aver ritrovato un po’ della condizione e della fiducia della trionfale campagna di Wimbledon 2018 quando in finale superò Serenona a sorpresa.
Sarebbe stuzzicante una sfida dei quarti Williams-Coco Gauff, l’erede designata, che però ha sulla sua strada l’ostica Bencic, e poi vecchie volpi come Svitolina, Pavlyuchenkova, o magari sorprese come Giorgi e Badosa. E non sembra ancora possedere i nervi saldi per tante partite di fila.
Mentre il Roland Garros premia infatti dal 2016 sempre una nuova campionessa Slam (Muguruza, Ostapenko, Halep, Barty, Swiatek, Krejcikova), Wimbledon va in contro-tendenza e conferma le già titolate: pochissime le eccezioni, Conchita Martinez nel 1994, Jana Novotna nel 1998, Petra Kvitova nel 2011, Marion Bartoli nel 2013.
Proprio perché l’erba è superficie particolarmente impegnativa sotto il profilo della concentrazione, e quindi dell’esperienza. Anche se è difficile ipotizzare il primo urrà Slam di Karolina Pliskova o un terzo titolo ai Championships della sempre acciaccata Kvitova o della sfarfalleggiante Muguruza.
Così com’è in dubbio la tenuta di Bum Bum Sabalenka e di Jelena Ostapenko che pure, tirando tutto a tutta birra, è appena tornata al successo.
Più facile sperare che Iga Swjatek abbia superato i problemi di tensione da regina uscente a Parigi e si ricordi dei fasti di Wimbledon juniores, o che Ons Jabeur faccia una super magia.
(Tratto da supertennis.tv)