La passione è un infinito miscuglio di sensazioni adrenaliniche e sentire urlare, vociare, cantare 64 mila persone in uno stadio, come è successo a San Siro contro il Tottenham, è sicuramente una magia. E’ il grande calcio che nutre la fantasia della gente. Una meraviglia che forse non è paragonabile a ciò che succede a Bari, una città che soltanto otto stagioni fa era in serie A e ha visto evaporare, come in un incubo, la sua storia con una rovinosa caduta in serie D.
Il calcio degli improvvidi, come sono stati Gianluca Paparesta (ex arbitro) e Cosmo Giancaspro (agli arresti domiciliari per bancarotta fraudolenta di una sua impresa), i recenti presidenti della società barese, non ha smorzato l’entusiasmo della gente che pur di vedere la propria squadra in campo, con i classici colori biancorossi e il galletto ben in vista, ha sorvolato sulla serie di appartenenza, sul gioco e sugli avversari. E’ accorsa in massa.
Il grande San Nicola (costruito per i Mondiali del 1990 e nel quale si disputò la finale per il terzo e quarto posto vinta dall’Italia contro l’Inghilterra), stadio che rischiava di diventare una cattedrale nel deserto, ha rianimato il concetto di appartenenza della tifoseria, di un popolo amante del calcio che è disposto a tutto se i progetti sono serie e trasparenti.
Contro la Santacaldese, squadra che pochi, se non in Puglia, conoscono, il futuristico impianto che potrebbe contenere 58 mila spettatori, era riempito per un quinto. Non una partita di cartello (alla prima giornata per Messina-Bari i presenti erano poco più di 2300), ma una sfida di provincia (nel senso generale) che ha portato, in uno spicchio del San Nicola, 12 mila spettatori, la metà esatta dei biglietti staccati in tutto il girone di D in cui milita la squadra di Giovanni Cornacchini.
Non conta la serie, prevale l’amore che si ha per la propria squadra. Non era scontato, anche se già lo scorso campionato, quello di B dal quale è stata tolta, il Bari contava il top delle presenze medie (15.800 spettatori), davanti a un’altra decaduta, il Cesena (12 mila presenti in media) anch’esso protagonista della stessa sorte infelice (cancellazione per problemi economici e ripartenza dalla D).
Probabilmente, anche per la concretezza del nuovo proprietario della società, Aurelio De Laurentiis, già patron del Napoli, l’avventura del Bari in serie D sarà breve come il passaggio di una cometa. I progetti futuri sono ambiziosi, ma conta in questa vicenda l’esempio della gente che, in un mondo in cui riempi gli stadi soltanto con i campioni, risponde al senso più profondo del calcio, alla sfida in una competizione che è bella soltanto perché la propria squadra è bella. Sempre. Nella buona e nella cattiva sorte.
Sergio Gavardi