Non so se Antonio Donnarumma ha visto “Sliding doors”, uno dei film più divertenti del cinema moderno. Prendere al volo la metro o arrivare in ritardo e trovare le porte chiuse può cambiarti la vita da così a così. Antonio Donnnarumma diventa il protagonista di questo film girato in chiave calcistica da un regista burlone e insieme geniale.
Di mestiere fa il terzo portiere del Milan, stipendio un milione di euro netto all’anno, grazie ai buoni uffici del fratello Gigi che l’ha raccomandato vivamente alla dirigenza. Antonio, che ha 7 anni più del fratello famoso, si è dunque ritagliato una vita tranquilla, senza gli scossoni che periodicamente investono il portiere titolare. E se qualcuno stigmatizza, ironizza, polemizza, tanto peggio per lui. Poi succede “Sliding doors”.
Succede che c’è il derby di coppa Italia con il Milan quasi disperato aggrappato al ringhio di Gattuso. Succede che Gigione, il fratello ricco, non stia tanto bene. Succede che Storari, il secondo portiere secondo la gerarchia milanista, si produca uno stiramento mentre sta riscaldando i muscoli sul prato di San Siro a pochi minuti dal fischio d’inizio. Succede che Gattuso, che ormai non sa più a che santo votarsi, ordini al Donnarumma due di prepararsi perché tocca a lui. Succede che dopo pochi minuti di partita, con la comprensibile tremarella in agguato, Antonio Donnarumma faccia la cosa peggiore che può capitare a un portiere. Un autogol. La beffa all’ennesima potenza. Ma la vita è fatta a scale, c’è il Var che vigila e accerta, mentre gli interisti esultano, che quell’autogol non esiste perché c’è un fuorigioco sfuggito a tutti. Succede che Donnarumma due dopo qualche uscita vagamente temeraria, realizzi una parata impossibile sulla tartaruga portoghese, Joao Mario, che era già pronto ad alare le braccia al cielo. Succede che Cutrone, che non doveva nemmeno giocare, segni il gol che consegna il derby al Milan. Ora tutti lo sanno: il Var allunga la vita.
Enrico Maida