Alex Schwazer, anche dalla trasmissione “Grande fratello”, continua a invocare credibilità alla sua tesi del grande complotto che ha causato la squalifica per doping e gli impedisce di partecipare all’Olimpiade di Parigi, ma i fatti e le prove, che abbiamo cominciato a esaminare nella prima puntata di questa analisi, sono contro di lui. Proseguiamo nell’intervista a Stefano La Sorda, giudice internazionale di marcia, per approfondire e capire meglio tutti i passaggi che hanno portato alla squalifica. In questa puntata arriviamo alla fine del discorso che riguarda l’accertamento del doping, nella prossima passeremo a esaminare il rifiuto della Wada di concedere uno sconto a Schwazer.
Leggi la prima parte della nostra inchiesta
Eravamo arrivati al punto in cui l’analisi del campione di urina prelevato l’1 gennaio 2016 a Racines si concludeva e a giugno 2016 veniva comunicata a Schwazer la positività. Avevamo visto, inoltre, che i tempi di prelievo, analisi, accertamento dei risultati e comunicazione degli stessi, contrariamente a quanto sosteneva Schwazer, erano tutti legittimi e regolari.
Qui si inserisce un’altra contestazione di Schwazer: si sapeva che il campione di urina era il suo perché sul modulo di accompagnamento delle provette dal luogo del prelievo fino al laboratorio era specificata la località in cui era stato effettuato il controllo, Racines. Quindi, sostiene Schwazer, non c’era l’anonimato perché a Racines c’è solo lui. Ma quel modulo prevede appositamente che sia specificata la
località del prelievo, a tutela dell’atleta.
“Hanno usato questo pretesto a loro uso e consumo. Allora facciamo un altro esempio. Quali atleti di alto livello vivono ad Ancona? Solo Tamberi. Quindi, se c’è un campione con la località Ancona scritta sul modulo io devo pensare che hanno
voluto far capire che il campione è di Tamberi, un complotto. E’ una stupidaggine. In caso di antidoping a Roma, dove magari ci sono molti più atleti di alto livello, vogliono dire che questi sono più garantiti?”
Inoltre, sempre a salvaguardia dell’atleta, sul modulo sono previste altre informazioni ufficiali.
“Sul modulo ci deve essere scritta la località di partenza, inoltre anche tutte le località di arresto, dove si ferma, per quanto tempo si ferma, anche solo un’ora, ed è tutto a garanzia dell’atleta. Il modulo arriva in portineria al laboratorio, ma non va a finire insieme ai documenti del flacone che va nel laboratorio, è separato. Schwazer e Donati dicono che tutto il mondo è cattivo e li hanno voluti fregare, e dicono che in laboratorio hanno letto il modulo. Io allora faccio un altro ragionamento. Ma se ci fosse stato un complotto, c’era bisogno di scrivere Racines su quel modulo? Bastava avvisare che stava arrivando il campione contrassegnato da un certo numero e non serviva scrivere Racines. E comunque quello è il modulo della catena di custodia, non è il modulo dell’antidoping, che invece è totalmente anonimo: data del prelievo,
numero di riconoscimento, se è stata prelevata urina, e basta”.
La polemica della difesa di Schwazer coinvolge anche il laboratorio dove si effettuano le analisi. Insomma, sembra tutto sbagliato, all’insegna del grande complotto.
“Quando nel 2016 hanno fatto il controllo antidoping in cui Schwazer è stato trovato positivo, gli ispettori hanno portato il campione nel laboratorio di Colonia, che è il più importante e autorevole al mondo. Fra l’altro la Wada quando ha qualche problema con i laboratori di altre parti del mondo, come quello dell’India nel caso del lanciatore di cui ho parlato nell’intervista a “Correre”, utilizza Colonia per il controllo più accurato perché è il più affidabile. Nel 2012, quando gli hanno fatto il prelievo a casa sua, il campione è andato a finire sempre a Colonia. Quindi, nel 2012 la positività c’è e Colonia è un superlaboratorio, nel 2016 la positività c’è ma a Colonia ci sono farabutti che hanno imbrogliato”.
Il riferimento al 2012 apre il sipario su un altro confronto fra le due situazioni: quella volta ci furono indagini che coinvolsero tante persone, chiamate in causa da Schwazer, tutte poi assolte. Cerchiamo di capire meglio le differenze con il caso del 2016. Non approfondita l’indagine sui viaggi in Turchia e altro.
“Nel 2012 l’inchiesta ha coinvolto tutto quello che c’era intorno a lui: la Federazione, i medici, l’allenatore Didoni è stato indagato per molto tempo, sul nulla, ma è stato indagato. Guardiamo cosa è successo: sequestri di computer a Fischetto,
perquisizione a casa della Bottiglieri e lei stessa perquisita fisicamente, sequestro delle sue email in Federazione, e lei non c’entrava. Insomma, una grande indagine”.
Nel 2016, invece, Schwazer non ha tutto lo staff della Federazione da accusare, lavora solo con Donati. La Procura potrebbe comunque indagare a tutto campo. Lo ha fatto? Se ne sa qualcosa?
“Nel 2016 Schwazer viene trovato positivo e cosa succede? Niente. Indagato Donati? No. Hanno perquisito Donati? Non risulta. Hanno perquisito Schwazer a casa sua? Non risulta. L’unico sequestro che hanno fatto riguarda le analisi del sangue che faceva Schwazer nell’ospedale di Roma, quelle che loro hanno definito controlli antidoping ma che tali non erano, solo semplici analisi del sangue e dell’urina, nient’altro. Allora, l’interesse e la forza investigativa che sono stati messi nel 2012, nel tentativo di incastrare mezzo mondo, nel 2016 non ci sono più. Poi non sappiamo se c’è stata altra attività investigativa in quest’ultimo caso, ma quello che appare all’esterno è che non ci sia stata. Perché non hanno sequestrato il cellulare di Schwazer? E perché questo incidente probatorio, accertamenti tecnici non ripetibili,
analisi chimiche e tutto il resto non è stato fatto in camera di consiglio ma aperto alla stampa, perché?”
Si avverte la volontà di spettacolarizzare la vicenda?
“L’ordinanza di archiviazione di Schwazer è apparsa dovunque, c’è pure un sito che ha lasciato tutti i nomi in chiaro, tutti i dettagli. Questa ordinanza ce l’ha mezzo mondo. Sono 80 pagine pubblicate dovunque, pure sul sito della Fidal. Addirittura c’è l’originale online, non succede in altri casi giudiziari, in special modo per le ordinanze. Insomma, in questa vicenda c’è stata una amplificazione mediatica che non si è vista in tanti altri casi. Perché tutta questa importanza?”
Altra vicenda legata alla positività del 2012 è quella degli Europei 2010. Schwazer vince la 20 km, Giorgio Rubino è quarto. Nel patteggiamento nel procedimento penale Schwazer non contesta le accuse di doping dal 2010 al 2012. Secondo logica, è l’ammissione di essere dopato nel 2010, quindi anche in quegli Europei. Di conseguenza, gli dovrebbe essere tolto l’oro e Rubino scalerebbe in terza posizione, prendendo il bronzo. Invece, non accade alcunché di tutto questo. Né la Fidal, né il Coni, pur sollecitati più volte in questi anni, a quanto risulta, hanno chiesto la revisione di quella classifica. Cosa è successo davvero?
“Ci sono state numerose richieste a tutti i livelli, Fidal, Federazione. Europea, Wada, Iaaf ora World Athletics, Athletes integrity unit, da parte di Rubino ma anche di altre persone, me compreso, che hanno chiesto semplicemente questo: date una risposta a Rubino. Nessuno pretende che sia data la medaglia a Rubino, ma invece chiediamo, che poi è quello che chiede Rubino: poiché c’è un patteggiamento di Schwazer in cui lui non contesta le accuse di doping dal 2010 al 2012, vuol dire che quella gara lì dovrebbe essere annullata perché, da regolamento della Wada, decisioni dei tribunali penali possono essere usate per prendere decisioni in ambito sportivo. Se nel patteggiamento Schwazer dice che si dopava dal 2010 al 2012, andrebbe annullato il suo risultato ai Campionati Europei 2010. Questa è la domanda di Rubino, ma nessuno gli risponde, questo è lo scandalo. Quantomeno un’istituzione sportiva deve dargli una risposta, non è possibile che Fidal, Nado Italia, Coni, Federazione europea di atletica, Federazione mondiale e Wada, sei istituzioni sportive, nessuno dia risposta”.
Eppure, se Schwazer non contesta l’accusa di doping dal 2010 al 2012 secondo logica ammette di essere dopato anche in quella gara. Cos’è che non va?
“Lui nel 2014 patteggia e non contesta le accuse. Al momento del patteggiamento non è in aula, c’è solo il suo avvocato. Cosa succede? Va in prescrizione l’utilizzo della tenda ipossica già nel 2008. Il giudice dell’archiviazione 2016 è Pelino, che è lo stesso che gli ha concesso il patteggiamento. Pelino, in quell’ordinanza di
archiviazione, dice: poiché l’atleta ha anche pubblicamente ammesso le sue colpe per noi va bene il patteggiamento. Se ha ammesso le sue colpe ha ammesso anche il doping nel 2010. Ma se adesso gli vai a chiedere se nel 2010 si dopava lui dice che non è vero, dice che ha preso il doping solo dalla fine del 2011”.
Ma in base a cosa può affermare che si dopa solo nel 2011?
“Perché al momento del patteggiamento Schwazer sta zitto e nella famosa memoria non parla del 2010. Gli eventi di quell’anno fanno parte del patteggiamento perché la Procura lo accusa anche per quell’anno perché in quel periodo frequenta il dottor Ferrari, un forte indizio che si sta dopando. Ma lui non parla del 2010. In quell’anno ci sono valori
anomali, che non sono sufficienti a provare doping”.
Quali sono questi valori?
“A maggio 2010 c’è la Coppa del mondo a Chihuahua, in Messico. Schwarzer dice di stare bene, ma non gareggia perché quando è lì sostiene di avere disturbi intestinali e febbre. Quando torna in Italia fa le analisi del sangue. I valori li manda via mail a Ferrari, con il quale Schwazer poi ha ammesso di aver collaborato: l’ematocrito era 51,3, l’emoglobina 18. Ferrari gli risponde: sarai disidratato. Questo è uno degli elementi di indagine, quel giorno qualcosa non andava. Nei verbali del processo, si legge che gli avvocati di parte civile chiedono a Schwazer di commentare quei valori e lui risponde in prima battuta che non sono i suoi. L’avvocato gli contesta che sono stati trovati a casa sua. E lui: sì, ma non so di chi sono. Di questi valori anomali si parla anche nel libro “Per amore”, in cui si racconta la storia sua e della Kostner. Quindi, nel processo dice che non sa di chi sono, e non sono i suoi… ma se non erano i suoi perché li ha mandati a Ferrari, a maggior ragione se erano sbagliati? Nessuna risposta. Alla fine gli hanno concesso il patteggiamento, ma a leggere i valori e le dichiarazioni in tribunale chiunque rimarrebbe quantomeno perplesso”.
Domande di quel genere, stavolta non rivoltegli da avvocati, ma da un giornalista, si sono sentite in una conferenza stampa nel 2023.
“Sì, un giornalista riprende alcune questioni irrisolte che risalgono addirittura a Pechino 2008 e specificatamente all’ormone della crescita Gh. Domanda: ma tu perché prima di Pechino 2008 andavi sui siti internet dove si comprava il Gh? Donati interviene e dice che hanno fatto rianalizzare i campioni di Schwazer di Pechino e lui risulta pulito. Ma non era questo il tema della domanda. Allora Schwazer spiega: siccome si parlava del doping dei russi, volevo vedere cosa assumevano. Ma cosa accade nel 2008? Lui fa una cosa ben precisa, di cui si legge nel sequestro, va su questo sito che si chiama ‘ steroidpharm.it’, che ora non c’è più, e scarica un documento che specifica i pregi e le modalità di assunzione del Gh e salva sul suo computer una pagina web in cui c’è la foto del flaconcino del Gh con il pulsantino “acquista” e questo file lo chiama “acquistare steroidi”. Non voglio nemmeno commentare. Non penso niente. Se uno mi viene a dire che si stava solo documentando per capire cosa prendevano i russi, beh, non mi sembra una risposta esauriente”.
(2 – continua) Leggi la prima parte
(foto tratta da ansa.it)