Vincere l’Olimpiade a vent’anni anni può cambiarti la vita, sia in positivo che in negativo. Le aspettative aumentano, ci si aspetta sempre di più da sé stessi e ripetersi potrebbe diventare un’ossessione. Serve quindi svoltare mentalmente e osservare il nuovo traguardo come uno stimolo piuttosto che un obbligo.
A dimostrarlo è stato Vito Dell’Aquila che, dopo il trionfo a Tokyo 2020 nel taekwondo categoria -58 chilogrammi, è pronto a ripetersi a Parigi il prossimo agosto. Il tutto dopo aver vissuto un periodo di difficoltà che lo ha però condotto a una maggior consapevolezza di sé stesso, ma soprattutto che le Olimpiadi sono soltanto un passaggio della sua lunga carriera.
A inizio stagione ha vinto in Austria e ora si sta preparando per le Olimpiadi Estive di Parigi 2024. Come si sente?
Ho vinto la prima gara dell’anno e ora ci stiamo concentrando sui ragazzi che devono centrare l qualifica a Cinque Cerchi. Sicuramente da qui a Parigi farò un altro Open per prepararmi, inoltre a maggio ci saranno gli Europei a Belgrado che mi aiuteranno a preparare l’appuntamento a cinque cerchi, poi il 7 agosto scenderò in pedana per difendere il titolo, ma intanto voglio godermi giorno per giorno il processo che mi porterà fin lì.
Lei è stato il primo italiano a vincere un oro all’Olimpiade di Tokyo 2020. Come si è sentito quando il primo giorno ha fatto suonare l’Inno di Mameli e come hanno vissuto a Mesagne la sua vittoria?
E’ stata un’emozione speciale sia perché si trattava della mia prima Olimpiade, ma anche perché combattevo il primo giorno di gare. Quando ho sentito suonare l’Inno di Mameli e avevo la medaglia al collo non ci potevo credere perché si trattava di una medaglia che sognavo da tanto tempo. L’avevo come sfondo del cellulare e, un attimo dopo, l’avevo finalmente in mano. A Mesagne c’è stata festa grande per il mio oro con giornate bellissime.
Dopo il suo oro per circa una settimana l’Italia ha faticato alle Olimpiadi di Tokyo tanto che in molti non pensavano si potesse arrivare a un record di medaglie. Come avete vissuto questa situazione al villaggio olimpico e come è stata?
A causa delle misure anti-Covid, due giorni dopo ho dovuto lasciare Tokyo e rientrare in Italia. Speravo ovviamente che potessimo vincere altre medaglie, ma sinceramente non ero preoccupato perché stavano arrivando molti podi. E’ vero che le persone guardano soltanto gli ori, ma stavamo comunque ottenendo molti argenti e bronzi e personalmente ero più concentrato su quello che contare le vittorie.
Facendo un passo indietro, com’è arrivato a Tokyo? Quali aspettative aveva per questa Olimpiade?
Vincere l’oro non è stata una grande sorpresa anche se non è stata scontata. Lo stop per il Covid non mi ha giovato, motivo per cui le gare prima delle Olimpiadi non erano andate benissimo. Ciò non ha ridotto la fiducia in me stesso tanto da riuscire a centrare un risultato che desideravo particolarmente.
Da campione olimpico tutti si attendono che lei riesca a vincere sempre, in qualsiasi torneo. Purtroppo esistono però anche le sconfitte. Non le è mai capitato che qualcuno rimanesse deluso perché non è riuscito a vincere un torneo?
Obiettivamente non sento molta pressione dall’esterno perché, essendo la mia una categoria difficile, le persone mettono sin da subito in conto che possa vincere oppure no. La mia sconfitta non è quindi mai stata vista come qualcosa di incredibile. Anch’io la penso così, tuttavia quando non riesco a fare medaglia nelle gare importanti, un po’ patisco la delusione.
Fino all’Open di Manchester era in difficoltà, poi ha vinto si è qualificato ai Giochi. Com’è riuscito a svoltare in maniera così repentina?
Nel 2023 sono entrato in un loop particolarmente negativo perché, qualcosa che avevo saldamente in mano, mi stava sfuggendo. Le preoccupazioni erano diventate eccessive, ero piena d’ansia e Parigi era diventata un incubo, quasi non volessi qualificarmi. Ho lavorato quindi con un psicologo e ho visto le cose da un’altra prospettiva che mi ha permesso di sbloccarmi. Sono riuscito a diventare a tutti gli effetti un uomo maturo, che non aveva più l’ossessione di qualificarsi, ma che piuttosto era pronto a prendere quello che arrivava. Quando sono entrato in quella modalità, ho vinto l’Open e soprattutto le Finals. E’ scattato qualcosa nella testa che mi ha portato a cambiare.
Quanto è importante avere un sostegno psicologico nel corso della carriera?
A mio parere la salute mentale viene molto sminuita, soprattutto nell’ambito sportivo. Siamo visti come dei soldati nonostante lo stress fisico-mentale non sia indifferente, quindi il sostegno psicologico è molto importante. Se ne parla troppo poco, eppure molti sottoperformano a causa di questi problemi di natura mentale. E’ un peccato perché stiamo facendo semplicemente il nostro lavoro e dobbiamo dare il massimo in ciò. Invece troppo spesso pensiamo al nostro futuro e a tutto ciò che ci circonda. Capire che non serve dare troppa importanza a ciò è difficile, soprattutto quando si è stanchi e quindi si è poco lucidi.
A Tokyo ha incontrato una serie di avversari ostici. Com’è riuscito a mantenere sempre alta “la guardia” ?
Dopo il Covid arrivavo sì da un anno non particolarmente facile, ma prima che chiudessero le qualificazioni per Tokyo stavo andando alla grande, ero il numero due del ranking. Alle Olimpiadi mi sono quindi ripreso quello che meritavo, che il Coronavirus mi aveva tolto, anche se al primo turno ho dovuto affrontare l’ungherese Omar Salim, uno dei favoriti della vigilia. Nonostante ciò mi sono presentato sul tatami molto tranquillo, senza particolari pressioni e ho vinto.
Dopo lunghi minuti di studio e di finte, nel taekwondo tutto si decide in attimi: come si capisce quando e dove attaccare?
Il taekwondo è sì uno sport molto tattico, ma al tempo stesso istintivo e veloce. Nonostante si tratti di azioni apparentemente estemporanee, in allenamento studiamo molto le mosse che utilizziamo in gara, motivo per cui quando ti trovi di fronte l’avversario diventano un automatismo. In base agli avversari che ci troviamo di fronte, applichiamo poi tattiche diverse.
Lei preferisce il nuovo sistema di punteggio a round o il vecchio modello cumulativo?
Siccome non ci sono stati grandi modifiche a livello di combattimento, per me non è cambiato molto. Per chi guarda il taekwondo da fuori ho notato come gli incontri siano diventati più spettacolari e il ritmo si sia alzato perché entrambi gli sfidanti devono puntare a vincere ogni round.
Qual è la caratteristica con cui sta lavorando maggiormente con il commissario tecnico Vito Nolano e sulla quale vorrebbe migliorare?
Sono molte le componenti, però il mio stile di combattimento si basa molto sulla forma fisica e sulla resistenza. Ci stiamo quindi concentrando sul ritmo e sulla capacità di portare a termine tre round molto intensi.
Qual è il suo secondo sport?
Me ne piacciono diversi, ma quello che amo seguire maggiormente è il tennis. Mi farebbe piacere ovviamente incontrare a Parigi anche Jannik Sinner per la mentalità che porta. Sembra un ragazzo molto semplice e, avendo soltanto un anno di differenza, siamo anche più vicini come modo di ragionare.
Avvicinandosi a Parigi che finalmente vedrà il ritorno del pubblico, come si immagina la sua quattro giorni olimpica?
Non penso molto a Tokyo visto che è passata, ma sono molto gasato per questa nuova esperienza. Quando penso alle Olimpiadi, penso che ci saranno i miei genitori e molte persone che verranno a vedermi. Rispetto a Tokyo sarà quindi molto diversa, anche perché sono un altro Vito: sono molto cresciuto, sono diventato un uomo e so perfettamente che andrò a vivere un’esperienza nuova. Puoi fare molte Olimpiadi, ma sarà sempre un’esperienza diversa.