Ascolta la nuova puntata del podcast “Distinti Saluti”:
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Cosa significa perdere lo scudetto all’ultima giornata? Chiedetelo ai tifosi del Milan, protagonisti loro malgrado del “Fatal Verona” del 1973, oppure a quelli della Juventus che nel pantano di Perugia si sono visti scucire il simbolo tricolore. Chi ha però digerito con maggior difficoltà questo boccone amaro sono i supporter dell’Inter, costretti a cedere a un passo dal titolo sia il celebre 5 maggio 2002, sia il 1 giugno 1967 quando allo Stadio “Danilo Martelli” di Mantova andò in scena la farsa di Giuliano Sarti.
Una vicenda che si lega a doppio filo a un’altra cocente delusione, la finale di Coppa dei Campioni persa a Lisbona contro il Celtic Glasgow arrivata dopo un dominio assoluto lungo due anni, messo in mostra sia in Europa che in Italia. Una botta del genere lascerebbe il segno in chiunque, compresi gli uomini di Helenio Herrera che quel giovedì pomeriggio devono scendere a patti con il destino. E’ vero che lo scudetto appare a un passo, che l’undici titolare è sempre lo stesso, tuttavia la celebre filastrocca “Sarti Burgnich Facchetti Bedin Guarneri Picchi Domenghini Mazzola Cappellini Suarez e Corso” non ha più lo stesso sapore.
Nella capitale dei Gonzaga si percepisce quella sensazione di fine che colpisce chi ormai è appagato e sa di aver chiuso un cerchio, ma soprattutto chi ha subito una rimonta inaspettata che ha lasciato solchi profondi nell’animo della Beneamata. E’ vero che il Mantova è la rivelazione dell’anno centrando una salvezza tranquilla al ritorno in Serie A, è vero che la Juventus ha recuperato diversi punti in primavera vincendo lo scontro diretto a Torino, tuttavia nulla sembra poter togliere il titolo all’Inter.
Nonostante ci sia una certa tranquillità nell’ambiente nerazzurro, quando gli uomini di Helenio Herrera si presentano al Martelli subiscono l’atteggiamento scorbutico dell’arbitro, il signor Francescon della sezione di Padova. Il direttore di gara è molto schietto con gli interisti: “Ragazzi, è inutile che oggi andiate a finire a terra in area del Mantova. Tanto ve lo dico subito: un rigore a vostro favore non lo concederò mai. Non ho nessuna voglia di sentirmi dire che vi ho regalato lo scudetto”.
La partita non parte quindi sotto i migliori auspici nonostante Luisito Suarez e Sandro Mazzola sembrino essere in grande forma. Il primo domina in campo, il secondo prende una traversa con il giovane Dino Zoff ormai battuto. Il vantaggio però non arriva e la sfida scudetto si chiude sullo 0-0. E’ necessario dare una svolta nel secondo tempo e sperare che la Juventus non vinca con la Lazio.
Dopo soli quattro minuti dal rientro in campo accade però il fattaccio: Bedin perde la palla a metà campo, l’ex Beniamino Di Giacomo prende la palla e si ritrova davanti a sé Picchi. Invece di puntare alla porta “Gege” accompagna l’ex collega vicino alla bandierina dove quest’ultimo gli sussurra “Gege stai largo”.
A questo punto Di Giacomo fa partire un innocuo cross al centro dell’area dove si trova soltanto Sarti che, invece di fermare la palla e rinviarla, la perde dalle mani e lascia cadere in rete. L’estremo difensore è disperato, appoggia la testa al palo e a nulla serve la comprensione di Facchetti per farlo ripartire. L’Inter però non demorde, va all’attacco e, prima Suarez e poi Mazzola, cadono in area. Sarebbe rigore, ma il signor Francescon è stato perentorio prima della partita: nessun rigore può decidere lo scudetto.
Nel frattempo la Juventus passa in vantaggio con Giancarlo Bercellino e Gianmarco Zigoni, mentre la difesa del Mantova resiste e si porta a casa il risultato. Lo scudetto va ai bianconeri e all’Inter non resta altro che piangere come accadrà 35 anni dopo all’Olimpico di Roma. “Un tiruzzo di Di Giacomo, che poteva sembrare un passaggio, è stato messo dentro a palme aperte da Sarti, che per la disperazione ha poi battuto la testa contro il palo. Così la Juventus si è trovata campione quasi a dispetto dei santi…” commenterà qualche anno dopo Gianni Brera nella sua “Storia critica del calcio italiano”.
Le parole che verranno però ricordate maggiormente sono quelle di Emilio Violanti, giornalista della Gazzetta dello Sport: “Vedrete che ora finirà alla Juventus, ci starà un paio d’anni e poi sparirà dal giro del grande calcio. Perché questi episodi il grande calcio li rifiuta”. Sarti finirà alla Juventus, resterà due anni prima di sparire dal grande calcio. Quella di Violanti si rivelerà insomma una profezia.