A volte, ritornano. Anzi, spesso. Irresistibilmente magici come gli ex fidanzati, anche gli ex allenatori, soprattutto se vincenti, non si dimenticano. Rimangono attaccati ai ricordi più felici da un cordoncino ombelicale più concreto e forte di quanto si pensi. Ci sono sempre messaggini, telefonatine, foto Instagram, poi magari riappare qualche sfogo, quindi, nel momento del bisogno, della crisi più difficile, delle troppe domande senza risposte per rimettere insieme quel rompicapo chiamato tennis, ecco riapparire il vecchio sguardo rassicurante, le parole magiche dei vecchi giorni di gloria, fino al riaggancio fisico, con la testa che si appoggia serena sulla spalla amica. Così, nel corso del travagliato ritorno alle gare dopo i quindici mesi di stop per doping, Maria Sharapova richiama Thomas Hogstedt, la guida tecnica dal 2010 al 2013, che l’aiutò finalmente a domare la terra rossa, a vincere il primo Roland Garros (nel 2012), a completare il Career Grande Slam – firmando tutti e quattro i Major – e a tornare n. 1 della classifica mondiale Wta. La tecnica c’entra, certo, ma ancor di più può il fattore psicologico, i sogni e i ricordi più belli che s’identificano e si fondono nella figura del vecchio coach. Un po’ fratello, un po’ papà.
Così Novak Djokovic continua a portarsi dietro il guru Pepe Imaz che gli infonde amore e pace, continua a nutrirsi in modo probabilmente non consono per un super-atleta, continua a portarsi dietro la famiglia e insieme il peso di tutta la sua piccola-grande Serbia (e quindi il suo ruolo di eroe esemplare). Epperò, abbandona il binomio di super-coach Agassi-Stepanek e recupera ufficialmente l’allenatore solido e concreto e non appariscente, Marian Vajda, col quale ha lavorato per oltre un decennio, conquistando 12 Slam e 30 Masters 1000. Secondo la stampa serba, il legame fra i due non s’è mai dissolto, ma i contatti che si erano affievoliti si sono riaccesi sempre più, fino a riportare l’ex pro slovacco in campo a Marbella nei primi allenamenti sulla terra rossa della stagione. Anche qui: tecnicamente, Vajda potrà dare forse un apporto minore rispetto ad Agassi, ma la sua amicizia, il suo amore, la sua dedizione, insieme alla abitudine di un rapporto che ormai si basa su un cenno, su un gesto, su un sorriso, non hanno prezzo per chi si è perso per strada.
Questa regola vale anche per Stan Wawrinka che, tradito dalla rinuncia per motivi familiari di coach Magnus Norman (“Devo viaggiare meno per stare coi miei due figli piccoli”), e poi anche dal ginocchio in panne e dalla stanchezza fisiologica psico-fisica di un gioco sempre di spinta, non ha più dato buone notizie da metà dell’anno scorso. Ma, all’improvviso, è riapparso sorridente in una foto mentre si allena sul lago Lemano proprio assieme all’ex numero 2 del mondo svedese, titolare di una scuola tennis a Stoccolma. Grazie alla sua guida miracolosa, “Stanimal”, dall’aprile 2013, è passato dal numero 17 al 3 del mondo, ha conquistato tre Slam (Australian Open 2014, Roland Garros 2015 e Us Open 2016) ed è diventato il quinto Moschettiere, dietro i Fab Four, Federer, Nadal, Djokovic e Murray.
Se, da brutto anatroccolo, Wawrinka si è trasformato in un bel cigno, anche Andy Murray deve molto del suo successo a coach Ivan Lendl: ci è già tornato e forse spera di tornarci ancora. Vale anche per Sara Errani che, dall’inizio dell’anno, ha ripreso a lavorare sodo con Pablo Lozano, il tecnico spagnolo col quale, nel corso di dodici anni di fortunata collaborazione, è salita al numero 5 del mondo di singolare (aggiudicandosi 9 titoli Wta e disputando la finale del Roland Garros 2012) e, insieme a Roberta Vinci, s’è presa anche il numero 1 di doppio (27 successi, fra cui 5 Slam, chiudendo anche il Career Slam), e ha firmato pure tre Fed Cup. Domani compie 31 anni. Ha sicuramente molto dato al tennis ma, ad Istanbul, contro Caroline Wozniacki, ha offerto lampi della Errani feroce da terra rossa degli anni belli. Perché l’età, per la romagnola, come per la 31enne Sharapova, i quasi 31enni Djokovic e Murray, e il 33enne Wawrinka, sono un’opinione se s’accompagna con la guida tecnica e sprituale dei trionfi più grandi.
Vincenzo Martucci
(Tratto da federtennis.it)