In alcuni sport di squadra, ma anche a livello individuale, quando i genitori seguono i propri figli durante la gara o la partita, pensano di avere dei piccoli campioni in campo. Il tifo è per il figlio e non per la squadra, gli errori sono degli altri e non del figlio, se l’arbitro fischia contro il figlio è un incompetente, se l’Istruttore non lo fa giocare non capisce niente. Sfogare le proprie frustrazioni sui figli, trattati come alter ego in grado di restituire l’immagine ideale che a volte non si è riusciti a raggiungere da giovani, contribuisce a capovolgere la realtà.
E’ profondamente contro natura, oltreché immorale, caricare di responsabilità un bambino o un ragazzo di 10-12 anni.
L’ambizione dell’adulto non può agire da scudo contro il momento dell’aggregazione, il bambino e il ragazzo vanno incontro al mondo, lo vogliono conoscere autonomamente e quindi devono essere lasciati liberi di giocare senza alcuna pressione, senza ricatti, devono divertirsi, devono rispettare le regole del gioco, i compagni, l’Istruttore, l’arbitro.
I miei, sono 50 anni di esperienza in ambito sportivo, da Genitore, Insegnante, Istruttore, Allenatore, Docente Universitario, Formatore e……. per me il genitore ideale e utile al figlio che pratica attività sportiva, deve rispettare e osservare questi 10 COMANDAMENTI:
Ønon limitare mai l’attività sportiva dei tuoi figli per punizione;
Ø non intervenire mai nelle scelte tecniche e nelle decisioni dell’Istruttore;
Ø non contestare platealmente davanti a tutti e non incitate alla scorrettezza;
Ø rispetta l’arbitro e la squadra avversaria;
Ø vai a vedere più spesso i tuoi figli quando giocano;
Ø vivi la gara o la partita in modo tranquillo e non traumatico;
Ø incoraggiare i tuoi figli a impegnarsi sempre di più, facendo capire loro che l’impegno in campo o in palestra e a scuola sarà in futuro fonte di soddisfazione;
Ø cerca di rendere autonomi i tuoi figli, evitando di essere onnipresente in tutte le situazioni;
Ø fai capire ai tuoi figli che giocare significa divertirsi e socializzare;
Ø fai capire ai tuoi figli che la delusione di una sconfitta diventa un mezzo per crescere, perché “la non vittoria” stimola a migliorarsi attraverso gli allenamenti e questo atteggiamento si riflette positivamente sulla loro attività scolastica e in futuro sull’attività lavorativa.
La competizione fa parte della natura umana e i bambini e i ragazzi competono per natura, i bambini devono fare i bambini e i ragazzi devono fare i ragazzi, i bambini e i ragazzi giocano una partita per volta e vada come vada la terminano per cominciarne un’altra, senza mai perdere la misura dei propri limiti.
In Italia coloro che vanno a vedere le partite sono chiamati “tifosi” e la parola tifo significa malattia.
In Inghilterra (ed è proprio lì che è nato lo sport) sono chiamati “supporters”, cioè coloro che vanno a supportare, a sostenere la propria squadra, non a offendere gli avversari o gli arbitri.
E’ importante che gli Istruttori e i Genitori “supportino” lo sport dei loro figli e insegnino loro a vincere e a perdere senza eccessive esaltazioni o drammi.
Maurizio Mondoni