Ho fatto il giornalista sul campo per molti anni, come testimonia la mia biografia. E se c’era un servizio che mi costava tantissimo coprire era la politica sportiva. Riunioni di Lega, elezioni, perfino il pranzo che il presidente, almeno fino ai tempi di Luciano Nizzola, mi pare, offriva alla stampa nei pressi del Santo Natale. L’unico piacere era passare qualche momento nella stanza di Michele Tigani, storico capo ufficio stampa della Lega calcio dal 1958 al 1997. Una leggenda. Gentile, con la sua voce avvolgente e il suo fraseggiare barocco era una persona piacevole da frequentare. Immancabile l’ordinazione di un caffè, anche se entrambi ne avevamo già bevuti decine.
Questo per dire che, a parte i capi redattori e qualche maniaco, la politica sportiva non interessa a nessuno, è quanto di più noioso ci possa essere. Infatti non la segue nessuno, a parte i diretti interessati. Nessuno, al bar, mi ha mai posto domande, in quasi 40 anni di professione, sul presidente della Lega o della Federcalcio, nessuno mi ha interrogato sulle beghe di Lega o federali. Eppure, con gli anni, ho capito che qualcosa bisogna conoscere, qualcosa bisogna imparare. Altrimenti come è successo un anno fa, si finisce per interessarsi di Federcalcio solo quando c’è da chiedere, stolidamente, la testa del presidente federale. Insomma solo quando si può sfogare la parte mediocre di noi stessi. Senza conoscere nulla di quello che una federazione ha fatto e sta facendo, senza conoscere i fatti. E, soprattutto, esaudito il desiderio della libbra di carne, si abbandona di nuovo tutto al suo destino, nel disinteresse generale. Così dopo un anno di litigi e sotterfugi è arrivato, nel disinteresse generale, un nuovo presidente, Gabriele Gravina. Non era il mio candidato ideale, ma del resto neanche gli altri possibili lo erano. In ogni caso questo è stato l’annus horribilis del calcio italiano.
Moltitudini hanno preteso la testa di Tavecchio per assistere a uno spettacolo di non governo, con Roberto Fabbricini commissario travicello ben presto abbandonato dai sub commissari che avevano fiutato lo sfascio generale. La ricostruzione della Nazionale sarebbe dovuta cominciare subito, con una Federcalcio forte a sostenerla. Invece si è buttato un anno. La serie B è cominciata con 19 squadre, ce n’è una, l’Entella, che a novembre non ha ancora disputato una partita. Per giochi di potere, per brama di scrivanie, i congiurati di un anno fa hanno spodestato Tavecchio e sono loro i principali responsabili dell’anno perso. Adesso devono ricostruire. Certo il buongiorno non è dei migliori. La prima mossa di Gravina è stata quella di sospendere il direttore generale Michele Uva, cioè quello che ha puntellato le macerie. Uva se ne sarebbe andato, ma la sospensione è un gesto punitivo, un’umiliazione che non meritava. Non un buon inizio. Anche lo spoil system si può fare in modo più rispettoso. Ciò mi dà la conferma di quello che avevo sempre pensato e cioè che aver defenestrato Tavecchio sia stato un clamoroso autogol. Magari ci andrà bene, magari la Nazionale si riprenderà e dietro alla maglia azzurra nasconderemo ogni cosa. Io spero che il lavoro progettuale e organizzativo fatto in questi anni non venga disperso. Spero che la seconda decisione del nuovo presidente non sia quella di rispedire il calcio femminile tra i dilettanti. E comunque ancora una volta la Serie A, la Lega più importante va a rimorchio di dirigenti provenienti dalle serie minori. E questo la dice lunga su quello che è il nostro livello.
La Premier, come sapete e se non lo sapete ve lo dico, è uscita dalla Football Association, la Federcalcio inglese. Fa da sola. Non è un caso che sia, per distacco, il campionato più importante. La morale? Bisogna capire, conoscere e giudicare non solo emotivamente, banalmente, mediocremente. Cioè quello che ha fatto la libera (mah) stampa, dodici mesi fa. Lo so che sono argomenti noiosi ma informatevi. Non fa mai male.
(nella foto in alto, Michele Uva)