Marin Cilic ha vinto 19 tornei fra cui spiccano gli US Open 2014, ed ha disputato anche le finali di Wimbledon 2017 e degli Australian Open 2018, il 29 gennaio 2018 è salito al numero 3 del mondo, oggi, a 33 anni è 35. Buon doppista, ha disputato tre finali Majors, firmando gli US Open 2014. Dopo la finale del 2016 persa in Argentina da 2-1 con due punti suoi (un singolare e doppio), ha conquistato la coppa Davis nel 2018, portando i due punti di singolare sulla terra di Lille della sua Croazia contro la Francia.
Marin, la Davis è stata una parte fondamentale della sua bellissima carriera. Come descriverebbe le emozioni che le ha regalato la Nazionale?
“Questo percorso è cominciato a 18 anni, dal 2006, quando Ivan Ljubicic era il capitano-giocatore e dovevamo giocare in trasferta in Austria. La Croazia aveva vinto il titolo l’anno precedente, io ero uno junior di successo ed ho cominciato ad averlo da subito anche sul circuito ATP. La Davis mi ha regalato tante nuove esperienze, nuove emozioni, e mi piaciuta fin da quel primo viaggio. E anche 15 anni dopo sono sempre altrettanto fiero di fare parte della nazionale croata. Nel corso della carriera, ho iniziato davvero ad amare questa competizione quando ho effettivamente accettato che ci posso trovare delle emozioni diverse e che posso poi utilizzarle, aiutandomi anche con l’atmosfera che trasmette la squadra per elevare il mio gioco al miglior livello. Allora la Davis è diventata una parte molto importante delle mie routine, della mia preparazione, ho anche utilizzato questi incontri di Coppa per i miei tornei individuali, e questo mi ha trasformato come giocatore. Ho anche imparato cose diverse e il successo che abbiamo avuto in Davis con la finale 2016 e il trionfo 2018 è dovuto in parte a questo”.
Ha fatto l’esordio in Davis pochi mesi dopo il trionfo della Croazia del 2005. Una eredità pesante e prestigiosa.
“Assolutamente! Io conoscevo Ivan, conoscevo Mario Ancic e Ivo Karlovic, mi allenavo con loro quando erano in Croazia e ci incontravamo anche quando giocavo nel torneo indoor di Zagabria.
Ma far parte della squadra era tutta un’altra cosa: vederli ogni giorno in allenamento, le loro routine, il modo in cui si preparavano per le partite, mi ha aiutato moltissimo e ha decisamente elevato la mia esperienza. Giocai a Zagabria contro Nalbandian che all’epoca era il numero 3 al mondo, e fu un’ulteriore esperienza travolgente. Non si fanno spesso esperienze del genere, specialmente giocando individualmente sul circuito. La Davis mi ha aiutato molto in questo: la squadra mi ha fatto crescere anche a livello personale e mi ha reso un giocatore migliore”.
Qual è il primo ricordo della Coppa – la guardava la TV con i suoi genitori – qual è la sua prima immagine della Davis?
“Ricordo una volta che la Croazia giocava in Argentina, e l’incontro si decise all’ultima partita: fu una cosa pazzesca, con un’atmosfera incredibile. Guardai anche un Croazia-Stati Uniti, a Zagabria, per gli americani squadra giocavano James Blake, Taylor Dent, e forse Mardy Fish. L’atmosfera di coppa Davis è incredibile. Non si vede una cosa simile nei tornei sul circuito, è qualcosa che ami e di cui vuoi fare parte: è per questo motivo che l’ho guardata diverse volte in TV da ragazzino e poi l’ho vissuta dal vivo. È un’esperienze che trasforma completamente quello che provi per il tennis”.
Cos’hanno rappresentato campioni come Ivanisevic, Ljubicic and Ancic, da ragazzo e poi da professionista?
“Erano i miei idoli, li ammiravo. Hanno spianato la strada a tanti altri giocatori, ragazzi giovani come me. È “colpa loro” se mi sono interessato sempre più al tennis, sapevo che se erano stati capaci di farlo loro, anch’io avrei potuto fare grandi cose in carriera. Ed è stato straordinario già solo essere con loro, condividere queste esperienze, allenarsi insieme, vedere quello che facevano in allenamento, parlarci, vedere come giocavano le partite, come le affrontavano tatticamente adeguandosi ai diversi avversari. Così come è stato importante ascoltare i consigli che mi hanno poi accompagnato per tutto il resto della carriera. Tutte queste cose, possono sembrare piccole ma fanno una grande differenza nella vita di un giovane giocatore. Per me è stata un’esperienza che mi ha trasformato e mi ha permesso di acquisire esperienza molto più velocemente”.
Guardando la scheda della squadra croata si legge … CILIC: MAGGIOR NUMERO DI ANNI GIOCATI (13), MAGGIOR NUMERO DI INCONTRI GIOCATI (26), MAGGIOR NUMERO DI VITTORIE (41). E’ una leggenda della Davis…
“Fa un gran piacere sentirlo! Ma ogni volta che gioco con la nazionale lo vivo come una nuova esperienza, voglio solo dare il mio meglio per i compagni e per il paese. Essere da molti anni il giocatore numero 1 della squadra è una grossa responsabilità: hai un gran peso sulle tue spalle, senti sempre le aspettative del pubblico, della nazione, sai che devi vincere e devi giocare il miglior tennis. Tutto questo mi ha anche spinto però a raggiungere limiti più alti, livelli superiori, e mi ha portato a capire che posso giocare a un ottimo livello quando sono sotto pressione. Quindi per me è sempre stato un privilegio rappresentare il mio paese, e lo è ancora. Anche se non so quanti incontri giocherò ancora”.
Dopo la delusione della finale del 2016 contro l’Argentina, poi c’è stato il riscatto memorabile del 2018. Cos’ha provato nel siglare il punto decisivo?
“E’ stata gioia pura! Una sensazione incredibile, un momento di onore – non so come dirlo – di puro onore, e anche felicità e orgoglio: eravamo così fieri di aver ottenuto tanto con la squadra che avevamo. Conoscevamo da alcuni anni quell’atmosfera di squadra, ma abbiamo capito che anche essere un piccolo paese non ha importanza quando ti trovi in campo ad affrontare l’avversario, faccia a faccia, vince chi è il migliore quel giorno. Questa fantastica atmosfera di squadra ci ha aiutato a costruire qualcosa di grande. Ogni singola volta che ho giocato in nazionale in questi anni – e quasi ogni anno ho fatto parte della Davis – è stato bellissimo e sono state tra le più belle esperienze che ho vissuto. Ovviamente, vincere in Francia nel 2018 dopo aver perso a Zagabria contro l’Argentina, è stato assolutamente incredibile”.
La Croazia è una nazione piccola ma con tanti grandi atleti: grandi tennisti, grandi calciatori, medaglie a non finire alle Olimpiadi estive e alle Olimpiadi invernali. Qual è il segreto della Croazia nello sport?
“Credo che come atleta, quando arrivi ai massimi livelli, quando realizzi pienamente il tuo potenziale e stai affrontando i migliori al mondo, quello che fa la differenza è quello cha hai dentro, la grinta che ti spingi al limite facendoti credere fermamente di poter avere successo qualunque cosa accada e di poter dare sempre il massimo e trovare il modo di vincere. E credo che noi – molti di noi in Croazia – probabilmente abbiamo questo sentimento naturale, dentro di noi, fin dalla tenera età; giocando per strada, praticando vari sport, sei sempre in competizione e vuoi sempre dare il massimo. È una cosa normale da noi: amiamo tutti gli sport, c’è anche molto talento, ma credo che questo fortissimo desiderio di riuscire, di avere successo, sia l’ingrediente più importante”.
Quest’anno, la Croazia giocherà nel Groppo D di Davis con Australia e Ungheria… Che sfide prevede?
“Penso che questo raggruppamento sarà molto interessante, molto aperto. Nella squadra croata abbiamo il miglior team di doppio al mondo, anch’io mi sento bene e sto giocando bene e mi piace sempre giocare in Davis. Ovviamente ci manca Borna Coric, che è operato qualche mese fa, quindi non sappiamo se potrà giocare o meno. La squadra australiana è sempre molto forte, con de Minaur, Thompson, Millman, Popyrin e John Peers in doppio che ha appena vinto Indian Wells ed è stato un ottimo doppista per tanti anni. L’Ungheria è una squadra giovane ma molto, molto, brava”.
A Torino ha già giocato una sfida di Davis… Cosa ricordi di quell’Italia-Croazia del 2013? E più in generale, cosa pensa dell’atmosfera e del pubblico italiano durante un incontro di Davis?
“Chi non ha conosciuto i tifosi italiani in coppa Davis si è perso una parte importante del tennis! È stato semplicemente fantastico giocare a Torino, contro Fabio, contro Seppi e anche contro Bolelli in doppio. Fu un grande incontro, anche per noi: la Croazia era una squadra giovane, anche l’Italia relativamente giovane. Fu un’esperienza incredibile. Alla fine vinse l’Italia, ma ci siamo divertiti tantissimo, dando il nostro massimo, e alla fine ha vinto la squadra migliore. Quindi per me tornare a Torino sarà bellissimo: è la città dello sport, ho seguito per molti anni Mario Mandzukic che giocava alla Juve. Quindi so già che sarà bellissimo essere lì in un impianto fantastico. Subito dopo le ATP Finals”.
Con l’Italia ha un rapporto speciale… Si è allenato per molti anni a Sanremo, parla molto bene la nostra lingua, è tifoso del Milan: cos’ha di “italiano”?
“Molte cose, dato che sono venuto tanti anni a Sanremo. La prima volta fu nel 2004, ero giovane ma il mio grande rapporto con l’Italia era iniziato anche prima, quando avevo vinto i Campionati europei Under 16 a Orbetello. Mi sono sempre divertito tanto a Sanremo, allenandomi anche con Fabio Fognini: lui veniva spesso a giocare all’accademia di Bob Brett e ci allenavamo insieme. Sento di avere anch’io il “sangue caldo” come dicono. Come gli italiani, amo l’entusiasmo, amo l’adrenalina, amo quest’atmosfera incredibile della Davis. Chiaramente il cibo italiano è ottimo, ovunque vai, in qualunque città lo provi. L’Italia ha un posto speciale nel mio cuore, e ogni volta che ci vado mi sento come a casa mia”.
Se venisse un extraterreste da Marte e le chiedesse perché la Coppa Davis è così speciale, cosa risponderebbe?
“La Davis ti da questa sensazione incredibile di rappresentare il tuo paese, questo senso dell’orgoglio, e ti regala emozioni che non puoi provare altrove su un campo da tennis se non quando giochi la Davis di fronte a un grande pubblico, su punti importanti. Ricordo benissimo l’incontro di Coppa a Lille contro la Francia davanti a 23,000 spettatori: è stato semplicemente fantastico il modo in cui apprezzavano gli atleti in campo e ogni momento di gioco. Per noi fu una cosa incredibile anche per come ci festeggiarono. In Davis si vivono emozioni ed esperienze davvero uniche”.
Torniamo al tennis e alla sua carriera… Hai vissuto tutte le emozioni possibili di un tennista negli Slam: una vittoria sorprendente agli US Open, una sconfitta lottata agli Australian Open, una delusione cocente a Wimbledon. Come descriverebbe quei momenti?
“Sono momenti di cui fare tesoro per tutta la vita: li ricorderò per sempre.
Vincere per la prima volta gli US Open è stato meraviglioso; grande è stata la delusione di Wimbledon per non poter dare il mio meglio a causa dei problemi al piede; in Australia ho giocato una grande partita contro Roger, con lui che vince lì un altro Slam, credo fosse il ventesimo. Per me hanno rappresentato tutti un’avventura così speciale. Condividere questa esperienza con il mio team, giocare un ottimo tennis, delle grandi battaglie in campo…. Quello che conta alla fine, se vinci o se perdi, è soprattutto che hai dato il massimo e ci hai provato fino in fondo. Potendo provare la grande gioia di giocare a tennis di fronte a milioni di persone”.
In una carriera così speciale c’è spazio anche per qualche rimpianto?
“Ci sono, ci sono… Direi la finale di coppa Davis contro l’Argentina a Zagabria. Ho un piccolo rimpianto, qualcosa che è successo durante la partita: quanto vorrei tornare indietro a quel punto…. Lo stesso vale anche per la finale a Wimbledon e degli Australian Open: penso che in entrambe avevo delle buone possibilità di vincere se avessi fatto alcune cose in modo diverso”.
Se un giorno suo figlio decidesse di giocare a tennis che consiglio gli darebbe?
“La cosa più importante è dare il massimo, qualsiasi cosa accada, fare del proprio meglio. Nessuno di quelli che ti sono accanto possono dirti qual è il tuo massimo, qual è il tuo 100%. Il tuo allenatore può dirti, “fai questo, fai quello”, ma alla fine sei solo tu che senti se stai dando il massimo, se ti stai spingendo al limite. Per me questa è la cosa più importante. E naturalmente divertirti, amare lo sport, amare tutto quello che fai, perché se lo fai con passione otterrai molto di più. Se ami qualcosa, se ami il tennis, se ami altri sport, ti spingerai sempre a dare il massimo e cercherai sempre di imparare e di avere delle migliori esperienze. Questi sono i valori che cercherò di insegnare ai miei figli e spero che mi ascolteranno”.
A 33 anni, quali sono i prossimi obiettivi?
“Il mio prossimo obiettivo è vincere la partita di domani. Quindi prendere le cose alla giornata, giocare un gran tennis e vedere dove mi porta. Gli ultimi due anni non sono stati molto buoni: ho avuto dei cali di rendimento, ma penso di avere ancora quella fame, quella grande motivazione, e voglio realizzare il mio potenziale e avere ancora dei grandi successi sul circuito”.
Nella bacheca di casa dove ha posizionato il trofeo Davis del 2018?
“Tutti i trofei erano sugli scaffali, ma abbiamo avuto un forte terremoto in Croazia qualche mese fa, così li abbiamo messi in un armadio, al sicuro, perché non cadessero. Il trofeo della Davis è al chiuso purtroppo, ma tornerà su uno scaffale aperto”.
Faccia un appello al pubblico: perché gli appassionati dovrebbero venire sugli spalti di Torino per fare il tifo per lei e per la Croazia?
“Se sei un appassionato di tennis vuoi vedere delle gradi battaglie, vedere momenti drammatici, vivere emozioni, assistere alle grandi partite. E vedrai di sicuro tutto questo in Coppa Davis: non esiste una competizione migliore, piena di grandi match. Qualsiasi squadra giochi, ci saranno sempre partite di grande intensità. Inoltre, vedrai il miglior tennis al mondo. Non esiste invito migliore. E l’impianto a Torino è fantastico, caro spettatore, così vivrai un’esperienza fantastica: da così vicino ai giocatori, l’atmosfera sarà sicuramente eccezionale. Mettendo insieme tutto questo sarà sicuramente un’esperienza eccezionale per tutti”.
Un giorno si vede nei panni di capitano della nazionale croata di Davis?
“Sì, perché no? Mi piace talmente tanto far parte della nazionale, vivere quest’avventura, e poter condividere con i compagni le mie conoscenze, la mia esperienza e i miei consigli mi piacerebbe moltissimo”.