“Non lavoro più con Wu Yibing, che ha sicuramente il diritto di avere un coach i cui punti di vista siano più in linea con quelli della madre”. Il tweet di Sven Groeneveld, allenatore doc di Ana Ivanovic e Maria Sharapova, e fino a l’altroieri del più promettente tennista cinese, rilancia l’annoso dilemma dei genitori-coach, super coach, manager, sponsor, tutto, sicuramente ingombranti nella vita degli campioni di famiglia. Nello sport in generale, e ancor di più nel tennis. Dove la casistica è vastissima e con risultati alterni, ma è destinata ad ampliarsi sempre più.
Perché sport costoso, soprattutto agli inizi, che necessita dell’apporto della famiglia. A fronte di un investimento, anche di tempo, al buio, basato più su sensazioni e amore che su risultati inconvertibili, e comunque sempre in evoluzione nel tempo. Con le imprevedibili variabili di infortuni, amori, cali di passione errori di rotta tecnica.
Come raccontano anche i neo campioni Slam degli Australian Open del week-end: Naomi Osaka, con papà Francois, di Haiti, che ha trasferito la famiglia dal Giappone in Florida e, su ispirazione di papà Richard Williams, ha spinto le figlie a giocare a tennis, e Novak Djokovic, i cui genitori, Srdan e Dijana, che gestivano un fast food sulle piste di sci del monte Kopaonik , si sono fatti convincere sulle qualità tennistiche del figlio dall’ex pro jugoslava Jelena Gencic, trasferendo tutta la famiglia a Zagabria per affinar la tecnica del primogenito e investire ogni bene per pagargli la scuola di Niki Pilic a Monaco di Baviera.
Questi ragazzi sono stati aiutati, sollecitati, spinti o costretti, anche fisicamente? Il tennis è talento, certo, fisico e tecnico, ma è anche tanto lavoro, applicazione, dedizione, allenamento in campo e in palestra, e costanza, e continuità. Tutte parole indigeste, soprattutto in tenera età. Perciò, chi, meglio di un genitore, che spesso ha messo per primo la racchetta in mano ai figli a 3-4, può fargli sostenere sforzi così duri accompagnandoli nella crescita? Chi può farlo in assoluta e incontestabile buona fede?
Chi, nell’era di wikipedia, non è si sente legittimato ad accelerare e raffinare le proprie conoscenze, supportando, se non addirittura sostituendo, l’allenatore professionista? Se a questo aggiungi le legittime aspettative di genitori ex atleti che hanno già molte conoscenze ed esperienze dirette per accompagnare gli eredi nel percorso sportivo, ecco risolta l’equazione. Che ha segnato in modo positivo i più forti campioni di tennis.
Già all’alba del 900, papà Charles Lenglen ha allevato con durezza la sua Suzanne, come un maschiaccio e creando un mito indimenticabile del tennis: prima giocatrice non di lingua inglese a vincere Wimbledon, prima donna a servire dall’alto come un uomo, prima atleta imbattibile (o quasi). Senza la cieca ostinazione di Yuri Sharapov, sua figlia Masha sarebbe mai diventata la divina Maria del tennis ravvivando il sogno americano delle walkirie dell’Est europeo? S’imbarcò dalla Russia per la Nick Bollettieri Academy con 500 dollari in tasca per pura scommessa sulle qualità della figlia, soffocandola sicuramente, ad appena 7 anni, di responsabilità e doveri, ma fornendole tutte le armi per difendersi al meglio.
Certo, papà Jim Pierce, già con precedenti penali, ha ecceduto con la povera Marie, ma anche lei, abituata alle maniere forti, è riuscita a sfondare nel durissimo tennis. Così come Marion Bartoli col papà ex dentista che ha sperimentato su di lei macchine infernali, ma l’ha comunque aiutata a superare i suoi limiti psico-fisici, trasformandola in una campionessa Slam. E’ andata male alle altre figlie della disgregata Jugoslavia, Mirjana Lucic e Jelena Dokic, per via dei papà orchi, Marinko e Damir, ma era andata benissimo alle serbe Jelena Jankovic e Ana Ivanovic, sempre scortate da mammà, come alle russe Dementieva e Safina (e ancor meglio è andata al fratello, Marat).
Troppo bloccata dal tennis, Jennifer Capriati si perse nell’impatto con la vita reale, ma papà Stefano la portò a firmare tre Slam e a salire al numero 1 del mondo. Sulla scia del suo idolo, “la signora del tennis”, Chris Evert, griffata anche lei da un super-papà, mastro Jim. Che, però, perse il derby dei genitori con mamma Gloria Connors, implacabile marcatrice del famoso mancino, Jimmy, anche lui pluridecorato Majors e re della classifica: senza di lei ci sarebbe stato il matrimonio con Chrissie, ma non ci sarebbe stato il vero Jimbo. E, comunque, se c’è stato un matrimonio fra due ex numeri 1, Steffi Graf ed Andre Agassi, c’è stato proprio perché Peter ed Emanoul sono stati estremamente intransigenti nell’allenamento. Fino al punto di farsi odiare, pur di raggiungere l’obiettivo.
Senza la grinta e l’ostinazione di mamma Judy, Andy e Jamie Murray non sarebbero mai emersi dal loro paesino in Scozia per diventare numeri 1 del mondo, rispettivamente, di singolare e doppio. Per non parlare del geniale papà Richard Williams che ha inculcato a Venus e Serena principi tennistici, fisici ed esistenziali molto personali, ma anche straordinariamente vincenti.
E se John Tomic non ha saputo instradare il suo Bernard, con una storia simile di immigrato in Australia, Nicolaos Philipoussis , c’è riuscito con Mark, finché gli infortuni non ci hanno messo lo zampino. Avrà usato solo la suadente persuasione per trascinare tutti i giorni sul campo d’allenamento quel suo figlio bello come un dio greco? Sarà stato tutto rose e fiori il rapporto fra mamma Melanie e Martina Hingis, instradata da subito sulle orme della mitica Martina Navratilova, e capace di arrivare davvero nell’Olimpo del tennis?
Il povero papà Karolj faceva il vignettista, ma deve aver sollecitato parecchio la piccola Monica da quando aveva i cinque anni per farla trasformarla in quella micidiale macchina da guerra da fondocampo. Addirittura per un motivo che rimane oscuro nei dettagli ma era comunque dettato dalla eccessiva pressione, Justine Henin, ha interrotto i rapporti col padre, José, mentre la sua rivale belga, Kim Cljisters, ha avuto un rapporto idilliaco con l’ex calciatore delle Furie Rosse, Leo. Quanto sarà stata opprimente mamma Betty Chang col suo Michael, al quale confezionava i pasti solo lei, accompagnandolo dappertutto?
Insomma, la casistica è variegata. L’unico vero legame fra i campioni che sono emersi nel tennis sotto la evidente spinta di un genitore ha poi avuto un figlio d’alto livello. Ma i genitori non mollano: Piotr Wozniacki segue sempre la sua Caroline, Apostolos Tsitsipas è la vera guida dell’ultimo fenomeno, Stepanos, Tessa Shapovalova marca sempre stretto il suo Denis (Shapovalov) anche a livello tecnico. Così come, fra le donne, Jelena Jakovleva fa con Jelena Jr Ostapenko.
*articolo ripreso da agi.it