Ci sono tanti tennisti che appaiono e scompaiono anche a intermittenza. Come sottolinea Roger Federer, la continuità è il risultato di cui va più fiero, soprattutto per un talento tennistico così puro e quindi più viziato e votato alla pigrizia che ha saputo forzarsi e motivarsi nell’allenamento. Però, come sanno benissimo il Magnifico e il suo storico rivale, Rafa Nadal, ci sono anche gli infortuni, la componente dea bendata, che il povero Juan Martin Del Potro, il numero 1 dei campioni più bistrattati dal fato, sta rimarcando in questi giorni raccontando di una salute mai recuperata al punto di non poter salire senza problemi le scale per le ginocchia disastrate. E il sudcoreano Hyeon Chung che è riapparso adesso solo in doppio, in punta di piedi, nel torneo nella sua Seul, ha sperimentato sulla sua pelle quanto possa essere duro un forzato esilio con la schiena a pezzi e una marea di ricordi e di aspettative che ti assillano ogni giorno per due anni di fila.
ESPLOSO A MILANO
L’occhialuto ragazzo del ’96 clonato a immagine e somiglianza del primo Novak Djokovic, con le stesse geometrie e la stessa granitica difesa da fondocampo, fece capolino fra i professionisti nei tornei Challenger nel 2014, col primo urrà a Bangkok. In realtà i coetanei lo conoscevano benissimo come campione dei famosi tornei under 12 Eddie Herr e Orange Bowl, con tanto di borsa di studio per sé e il fratello Chung Hong alla Nick Bollettieri Academy, e quindi la finale juniores di Wimbledon 2013 (battuto dal marchigiano Gianluigi Quinzi). Per cui nessuno si stupì della sua rapida ascesa già nel 2015, che chiuse al numero 51 ATP, ma anche del primo stop fisico, un problema agli addominali, per aver spinto troppo presto, troppo a lungo e troppo al massimo in così tenera età. Solido, intelligente, maturo, dopo una serie di buoni risultati sul circuito, a novembre 2017 si fece un nome importante firmando le Next Gen Finals, imbattuto, superando in finale il più quotato Andrey Rublev.
COLPO DJOKOVIC
Sulle ali di quel successo, Chung entrò nella storia del suo paese come il primo sudcoreano a superare il quarto turno di uno Slam infilando agli Australian Open 2018 Medvedev, Sasha Zverev (all’epoca 4 del mondo), Djokovic che stava rientrando dopo il lungo stop per epicondilite, e Sandgren, per cedere solo a Roger Federer in semifinale e solo per ritiro quand’era sotto 6-1 5-2.
Giocatore di classifica più bassa – 58 del mondo – ad arrivare così lontano nel torneo dall’86. Grandissimo in ribattuta, primo del circuito alla risposta, credo, al punto di meritarsi l’appellativo di “poker face”, sembrava lanciato chissà, dove, con quel gioco completo, dopo la conferma coi quarti a Indian Wells e Miami. Invece la sua corsa si è fermata praticamente lì con un infortunio alla caviglia destra che gli fece saltare il Roland Garros costringendolo a un intervento chirurgico e quindi a rinunciare anche a Wimbledon. Poi ha cominciato ad accusare problemi alla schiena e quindi alla mano destra, per una tendinite.
I problemi cronici alla schiena, tanto sollecitata dal vigoroso sbracciare da fondocampo per esaltare lo straordinario anticipo, non gli hanno più dato tregua. Costringendo “il professore”, che porta gli occhiali sin da bambino per il forte astigmatismo, a più stop e infine a chiudere prematuramente anche la stagione 2020 dopo il KO nel secondo turno delle qualificazioni di maggio al Roland Garros contro l’argentino Renzo Olivo. Che, a tutt’oggi, è l’ultima partita di singolare disputata. Poi ha fatto sapere notizie di sé solo per la delicata operazione cui si è sottoposto l’anno scorso.
FELICITA’
Ieri, al rientro almeno in doppio (vittorioso al supertiebreak per 7-6(4) 2-6 10-7 insieme al connazionale Soonwoo Kwon, da wild card contro il doppio testa di serie n.3 formato dallo svedese Andre Goransson e dal giapponese Ben Mclaclhan) in attesa di vedere come reagisce il fisico ai nuovi sforzi, Chung ha detto: “A causa degli infortuni gli ultimi anni sono rimasto fuori gioco, finalmente sono tornato in campo di nuovo. Posso solo dire che mi sento estremamente felice di giocare di nuovo a tennis”. Gli ultimi due anni sono stati un calvario: “Non ho fatto altro che cure e riabilitazione, cure e riabilitazione. E poi allenamento, allenamento, allenamento e riabilitazione tutto il tempo”. Per chi era considerato fra i più potenti e veloci del circuito dev’essere stato ancor più duro: “Il mio primo obiettivo è sicuramente non subire infortuni, e quindi rimanere in salute. A Seul non voglio andar di fretta, non voglio spingere troppo”. Anche se l’occasione nella città dov’è nato e risiede è stimolante: “Oggi come oggi vivo più sensazioni insieme, felicità e nervosismo, dopo tanta attesa. Ma sono solo felice di giocare di nuovo ed apprezzo più che mai la mia fortuna di poter giocare a tennis”.
*articolo e foto ripresi da www.supertennis.tv