Finisce il 2017, che voto diamo all’Olimpia Milano di Giorgio Armani? Bella domanda: difficile essere equilibrati con la società di gran lunga più ricca e la squadra più “lunga” e potente d’Italia, l’unica chiamata a competere con le migliori d’Europa. L’emotività nel giudicare Milano è sempre eccessiva, proviamo un approccio più scientifico.
Le cifre: nell’anno solare che si sta concludendo, l’Armani ha disputato 73 partite complessive, ne ha vinte 38 (pari al 52% di successi), portato a casa due trofei, la coppa Italia e la Supercoppa 2017, ha chiuso la stagione regolare in testa venendo, però, eliminata nelle semifinali dei playoff scudetto da Trento per 3-1 e chiudendo all’ultimo posto la stagione regolare di Eurolega. Dove è rimasta, alla fine del girone di andata, anche nella stagione in corso. Un dato significativo è che il bilancio in serie A, playoff esclusi (21 vinte-8 perse), è praticamente identico a quello di Eurolega ma capovolto (8 vinte-22 perse): dà l’esatta dimensione di quanto la Lega Europea sia enormemente più difficile del campionato nazionale. In assoluto, però, una squadra che perde una partita su due e che nel 2017 ha mancato i due obbiettivi dichiarati più importanti, scudetto e playoff di Eurolega, tra l’altro senza evidenti cambi di rotta nella seconda parte dell’anno pur con un nuovo allenatore e un roster potenziato, non può meritare più di un sei stiracchiato in pagella. Nel 2017, Milano ha schierato, escludendo i ragazzini portati in panchina a fare numero, 23 giocatori, e sarebbero 24 se Patric Young, sotto contratto avesse potuto giocare. Sono troppi in soli 12 mesi. E ha licenziato anzitempo Jasmin Repesa sostituendolo con Simone Pianigiani.
Ma più delle cifre, se dovessi spiegare perché, per me, Milano non va oltre una sufficienza tirata per i capelli, metterei in evidenza due cose. La prima: la qualità del gioco soprattutto nei momenti decisivi delle partite più importanti che è stata spesso modesta. E anche quest’anno, parlando soprattutto di Eurolega, l’Armani ha perso quasi sempre nello stesso modo, fallendo le giocate decisive, mostrando limiti anche caratteriali e nella convinzione con la quale è scesa in campo (vedi il k.o. con la Stella Rossa: è stata disastrosa come impatto, inefficace e inferiore all’avversaria nella volata conclusiva). La seconda, è che gli appassionati hanno bisogno anche di sognare un po’, di nutrirsi delle imprese della loro squadra. E anche se i tifosi milanesi mostrano sempre un grande entusiasmo, l’Olimpia ha trasmesso pochissime “grandi sensazioni”. Nel 2017 c’è stata solo vittoria da grande club, quella del 2016-17 contro l’Olympiacos. In generale, bisogna tornare al 2014 per trovare prestazioni degne degli anni d’oro dell’Olimpia. E in campionato, oltre agli sciagurati playoff del 2017, oggi ha un bilancio di 1-3 contro le squadre che stanno nei primi 6 posti della classifica. Vero che si rischia di essere molto più cattivi con Milano perché perde tanto in Europa senza considerare, però, che disputa una manifestazione di altissimo livello. Il sei in pagella comunque non si alza. Ho volutamente ignorato il dato relativo alla “sfortuna” per gli infortuni patiti, comune a tutti i club, e alla “stanchezza” perché, con 14 giocatori disponibili, tra i quali metà Nazionale, tutti competitivi, non è impossibile far riposare i giocatori più delicati e importanti.
Cosa deve fare l’Olimpia nel 2018? E’ ovvio che neppure nell’anno che comincia basterà la coppa Italia o la Supercoppa per “salvare la stagione” di una società così ricca e ambiziosa. Chiaro, per alzare il voto, deve conquistare lo scudetto. Ma soprattutto deve dare l’impressione di non vincere solo perché ha più soldi, quindi più giocatori competitivi, delle avversarie italiane. Deve giocare “bene”, regalare qualità e emozioni positive. E, soprattutto, deve sentire, e quindi trasmettere, la profonda ambizione di battere le grandi squadre europee, non solo di “giocare alla pari” fino a quando le big non pigiano sull’acceleratore. I playoff di Eurolega sono ormai difficili da raggiungere ma non proibitivi. Non sarà vera gloria finché l’Olimpia non sarà competitiva anche in Europa: solo allora sarà rivalutato anche il valore di ciò che vince in Italia. Giorgio Armani e tutto il pubblico del Forum meritano francamente di più di una squadra da 6.
Buon anno a tutti.
Luca Chiabotti