Scendere le scale del Grand Palais è come affrontare una sfilata di alta moda davanti a un pubblico esigente, ma al tempo stesso desideroso di vivere un grande spettacolo. Pensate di farlo per l’ultima volta nella propria carriera, con la consapevolezza che nulla si può sbagliare se si vuol rimanere nella storia, ma al tempo stesso con la voglia di godersi tutto sino in fondo perché non si sarà più occasione di avere tutti gli occhi addosso lungo la passerella.
Mischiate tutte queste emozioni e capirete cosa abbia vissuto Mara Navarria nella serata di martedì 30 luglio all’ingresso della finale della prova a squadre di spada femminile, valida per l’Olimpiade Estiva di Parigi 2024. Dopo una carriera sulle pedane di tutto il mondo a insegnare scherma, la 39enne friulana si è presentata a Parigi come riserva della squadra azzurra, un ruolo tanto delicato quanto infame soprattutto in ambito “a cinque cerchi”.
Da una parte è necessario farsi trovare pronte in caso di chiamata del commissario tecnico a scendere in pedana e tirare al posto di una compagna di squadra, tendenzialmente in difficoltà in quel momento e per questo motivo con l’obbligo di dover recuperare. Il tutto a freddo, dovendo gestire le emozioni che ribollono all’interno del proprio corpo puntando a trasformarle in energia positiva da sfoderare per guidare la squadra alla rimonta.
Dall’altra la consapevolezza che se, tutto dovesse andar bene, quella vittoria non sarà mai tua. A differenza di Europei e Mondiali dove le riserve conquistano la medaglia al pari delle compagne titolari, in ambito olimpico la “quarta” è soltanto una comparsa destinata a sperare in un’improvvisa chiamata alle armi al fine di coronare il proprio sogno. Il regolamento prevede infatti che si possa fare soltanto un cambio senza che l’atleta titolare possa poi rientrare dalla panchina in un secondo momento.
Far entrare la riserva diventa quindi una mossa rischiosa, quasi della disperazione, che non contempla la possibilità di schierarla anche soltanto per premiarla e regalarle un pizzico di quella gloria che potrebbe condividere insieme alle compagne di squadra. Insomma, l’ingresso della riserva non è regalo, è un’azione da ponderare con grande acume tattico e freddezza.
Quella freddezza non è mai mancata a Mara Navarria che ha trasformato quella caratteristica in un punto di forza per diventare numero 1 al mondo della spada femminile. L’apice è arrivato nel 2018 quando la schermitrice udinese ha conquistato sia la Coppa del Mondo che il titolo mondiale in una seconda parte di carriera da copertina. A differenza delle colleghe, la portacolori dell’Esercito ha potuto tirar fuori un’arma in più chiamata Sebastiano, il primogenito nato nel 2013 e che l’ha spinta a fare ancor di più.
Mamma e campionessa, Navarria è diventata quindi un punto di riferimento per una nidiata di atlete che, nonostante non fossero più giovanissime, si sono prese diverse soddisfazioni. Pensate ad Alberta Santuccio, argento ai Mondiali di Milano 2023 e capace di mettere a segno quella stoccata decisiva per incrinare i sogni di centinaia di francesi appaiati sugli spalti del Grand Palais; oppure a Giulia Rizzi, esordiente di lusso alle Olimpiadi a 35 anni e in grado di mettersi subito al collo un oro.
Come ogni “spirito guida” che si rispetti, Navarria ha saputo rialzare l’umore delle ragazze dopo la delusione della prova individuale e lanciare verso l’insperato titolo nella gara a squadre, seguendo le compagne a bordo pedana. Quando poi il commissario tecnico Dario Chiadò ha deciso di chiamarla in causa al posto di Rossella Fiamingo, in grossa difficoltà con le padrone di casa, Mara ha risposto subito “presente” riportando sotto le azzurre e consentendo a Santuccio di completare l’opera.
Ora Mara Navarria potrà godersi questo oro insieme alla famiglia, consapevole di aver lasciato la scherma da campionessa, ma soprattutto di esser passata dalla riserva alla componente fondamentale di un’impresa senza precedenti.