Ma chi era Josef Musil? I giovani fans gialloblù di oggi ne hanno sentito parlare come di un totem lontano. Come i tifosi rossoneri di calcio per Gianni Rivera o nerazzurri per Sandro Mazzola o bianconeri per Giampiero Boniperti. O come il grande Torino perito a Superga per i fans granata del Toro. Josef è stato uno dei più bravi palleggiatori del globo negli anni 60 e 70. Cecoslovacco di Praga, si affermò a fine anni 50 guidando lo Slavia a sette campionati vittoriosi. In nazionale diventò presto una leggenda. Nel suo palmares, ben due titoli mondiali, l’ultimo vinto proprio nella sua Praga nel 1966, due europei e un bronzo olimpico a Tokyo nel 1964, Erano gli anni dominati dalla pallavolo dell’Est Europa. Prima che l’Urss di Vaskobonikov e poi di Zaytsev padre mettesse tutti sotto, la scuola boema in particolare riusciva a elevarsi davanti a Romania, Bulgaria, Polonia, Germania Est e Ungheria. E Musil, sul campo, guidava le operazioni. Allora si giocava con il doppio palleggiatore e lui formò con Golian un’asse insuperabile per quei tempi. Golian, altro grandissimo, approderà lui pure in Italia, disputando diversi campionati a Bari in serie B.
L’idea di farlo arrivare a Modena venne al prof. Franco Anderlini, che nel 1968 stava pilotando il primo Panini dalla B alla promozione in serie A. Con la primavera di Praga alcuni cechi erano riusciti ad arrivare fra noi. Prima Josef Kozak, che prese in mano la nazionale, con Oddo Federzoni vice, al quale poi lascerà le redini degli azzurri quando la “democrazia” dei paesi comunisti gli impedirà di tornare. Poi Musil, a Modena, Petr Kop a Bologna, Jiri Svoboda a Parma preceduto da Zdenek Humhal, ingegnere che vi approdò per lavoro e poi per pallavolo. Musil giunse a Modena un venerdì di febbraio, in treno. Il sabato si giocava a Firenze con la temibile Ruini, campione d’Italia. Viaggio in pullman concluso da una sosta a piazzale Michelangelo per fargli vedere la città dall’alto. Poi partita al palazzetto di via Dei, vinta dai toscani. L’anno dopo, 1969-70, il Panini arrivò a conquistare il suo primo scudetto, riallacciandosi agli undici titoli consecutivi conquistati fra il 1953 e il 1963 dalle tre società della Ghirlandina: Minelli tre, Avia Pervia cinque, Villa d’Oro tre. Musil guidava quel gruppo di giocatori tutti fatti in casa: Morandi palleggiatore in diagonale, Nannini, Montorsi, Giovenzana, Sibani i titolari, poi Marchesini, Fabrizio Anderlini, Antonio Barone.
Musil non rimase a godersi l’ebbrezza della vittoria. Per lui si chiusero le porte cioè i confini. Venne relegato a casa sua, sorvegliato dalla polizia politica per essersi “sporcato” con gli occidentali. Pensare che Pepi, così lo chiamava il prof. Anderlini a Modena non faceva la bella vita. La mattina arrivava in bicicletta alle Edizioni Panini in via Po, indossava il camice color blu e lavorava in magazzino. Al pomeriggio allenamento alla palestra del liceo Tassoni, regno indiscusso del prof. Anderlini. La sera a cena al Canarino da Arrigo con i compagni. Tortellini, tagliatelle: come gli piaceva la nostra cucina! Eppure non metteva peso. Eva, la moglie, arrivata da Praga col figlio Peter, allora di otto anni, gli teneva compagnia. Josef era benvoluto dalle maestranze della Panini per la sua affabilità, modestia, educazione. Sempre sereno, pacato sul lavoro, una mattina di sciopero generale, si presentò ugualmente ai cancelli della fabbrica di via Po, presidiata dal picchetto. “Sciopero? – disse sorpreso – nel mio vocabolario non esiste questa parola”. E lo lasciarono entrare. Unico operaio di quella giornata. Peppino Panini per non avere problemi aveva lasciato a casa tutti i lavoratori, con giornata ugualmente pagata. E Josef sorridendo diceva: “Mah, molto mah”, sua interiezione preferita.
Tornò ancora quando si riaprirono le frontiere, dopo qualche anno. Due campionati a Loreto in serie B anche come allenatore. Poi per sempre a Praga. Venne riconosciuto grande dello sport cecoslovacco. Entrò nella Hall of fame del volley. Ebbe importanti riconoscimenti nel suo Paese. Sempre presente agli appuntamenti organizzati dalla società modenese per trascorrere qualche giornata con i vecchi compagni.
In una pallavolo che va cambiando, lo ricordiamo grande tattico sul campo, un vero stratega, dal palleggio vellutato e preciso. E non con i palloni semi sgonfi di oggi. Ma con quelli di cuoio, polacchi o cechi, ben più duri e pesanti. Ci lasciò in eredità Pupo Dall’Olio, che seguiva, ragazzino, ogni allenamento della prima squadra da un angolo a destra della palestra del Tassoni. Occhi puntati su Musil, per carpirne ogni segreto. Che lui non nascondeva. Ma anzi fu sempre prodigo di consigli verso il giovane allievo, che diventò l’accademico del volley, prendendo il posto di Musil nel Panini e poi in nazionale.
Addio Josef. Grande, caro, Pepi, compagno di tante belle trasferte. Sei sempre stato un esempio di serietà di modestia, di educazione per tutti i pallavolisti. A Modena hai lasciato un gran bel ricordo in quei tifosi che oggi hanno i capelli grigi ma che non ti hanno mai dimenticato. Mah molto mah. Appunto!
Carlo Gobbi