“Sono orgoglioso di aver partecipato dall’inizio al progetto che, seguendo questa strada, dal 4 del mondo che batte i primi nei grandi tornei, porterà Jannik a vincere gli Slam, – il primo magari a New York – e al numero 1 del mondo: lui si sveglia tutte le mattine per migliorarsi ed arrivare lì”. Massimo Sartori, che ha scoperto Sinner su segnalazione dell’allievo del centro di Caldaro, Alex Vittur, e l’ha portato alla Riccardo Piatti Academy di Bordighera, è onesto e sincero: “Nessuna invidia. Sono i momenti della vita: lavoravo lì, era giusto portarlo da Riccardo, oggi ho la mia scuola a Vicenza”.
IL PRIMO JANNIK
Quel giorno Max ce l’ha impresso nella memoria: “Era sabato 8 novembre 2014, Jannik doveva palleggiare con Adreas” (Seppi, l’altro altoatesino che Sartori ha portato al 18 del mondo con 3 titoli ATP). Poi invece ha scambiato un po’ con me sul centrale di Ortisei. Di rovescio giocava già bene, di dritto non ancora, serviva coi piedi uniti alla Monfils, aveva i capelli molto lunghi, mi colpì perché era sempre in equilibrio, non sbagliava mai i tempi, era sempre fluido. Prima di Natale, palleggiò con Seppi a Bolzano e sul rovescio teneva lo scambio. Così, quando tornammo dall’Australia, incontrai i genitori”.
VALORI
Mamma Siglinde e papà Hanspeter gestiscono il rifugio Fondovalle in Val Fiscalina, dove il capofamiglia è cuoco. “Ci parlai per circa 3 ore a Brunico, e gli chiesi di allenarlo a tempo pieno a Bordighera”, racconto Sartori. “Mi fecero la stessa domanda dei genitori di Andreas: “Perché?”. Risposi che non avrei fatto bene il mio mestiere se non avessi cercato di allenare un soggetto con quelle potenzialità”. Il padre mi spiegò di essere stato fortunato perché i due figli erano contenti di quello che facevano e che questo rendeva felici anche loro. Mi spiegò che Jannik era stato libero, ma gli stavano dietro lasciandogli i suoi spazi. E così era diventato più forte”. Del resto, a Vienna il profeta del tennis italiano ha detto: “Ringrazio i miei genitori che sono stati sempre felici delle cose che mi rendono felice e mi hanno sempre sostenuto”. Tanto che all’epoca, papà Hanspeter si congedò dicendo: “Sarà Jannik a decidere”. E lui a 13 anni lasciò definitivamente lo sci dove pure eccelleva e si trasferì dalla Val Pusteria in Liguria. “E’ sempre stato felice di quel che faceva, che fosse surf, bici o monopattino, ha sempre vissuto bene i suoi momenti. E’ il miglior allievo di sempre: mette in pratica l’esercizio e poi semmai ne discute, ma non ha dubbi nel fare qualcosa che aiuti il miglioramento”.
MENTALITA’
Sartori, vicentino, ha la mamma altoatesina: “Questo mi ha aiutato a capire subito Seppi, la Knapp a Sinner. E’ brava gente che lavora, gente corretta, diretta: se è A è A, se è B è B. Così non mi meravigliava Jannik che dava anche una mano ai genitori al rifugio: gli hanno insegnato come si lavora, al meglio che puoi, sempre”. L’allenamento sul campo e in palestra è il mantra sul quale Sinner insiste continuamente. “Vedendolo a Vienna contro Medvedev mi sono detto che il progetto impostato a Bordighera è andato avanti, con “Vagno” (Simone Vagnozzi, l’ex pro trasformato in coach proprio da Sartori) che gli ha insegnato tante letture tattiche e l’ha migliorato sul campo, mentre Darren Cahill gli ha dato certe sicurezze di arrivare in alto e tranquillità. Era nato per spaccare la palla, per tenere un ritmo che gli altri non potevano tenere”.
SORPASSO
Nemmeno l’inatteso sorpasso di Jannik sugli altri giovani fenomeni stupisce il suo scopritore: “L’unico con la stessa idea del lavoro è Alcaraz che, preso da piccolo da Martinez e Ferrero, non deraglia dalla via tracciata anche se ci sono dei contrattempi. Rune sta sbarellando, non è sereno, e anche Shelton mi sembra come lui”. Invece il tennis azzurro esulta col suo esempio italianissimo, ma un po’ tedesco: “Per il senso delle regole e del rispetto”. Per la felicità anche di Sartori.
Vincenzo Martucci