“Se batti quattro giocatori così in un torneo 500 meriti di vincere il torneo, Nick è il vero campione di questa settimana. Bisogna riconoscere i meriti a chi se li merita, e lui questa settimana ha dimostrato di essere il migliore”. Dopo il 6-3 6-4 subito in finale, sepolto e innervosito dalle palle corte, dai cambi di ritmo e dalle risposte, Sascha Zverev ha reso gli onori al vincitore, Nick Kyrgios, più grande di due anni (23 anni contro 21) e ancor più potente, ancor più capace di fiammate irrefrenabili, ancor più prepotente. Del resto, lui ha captato tutto ciò già dalla prima puntata della loro rivalità, due anni fa sul cemento nordamericano, quando l’australiano l’ha piegato d’acchito, due volte di fila, sia a Indian Wells che a Miami. Tanto che oggi il bilancio sentenzia il 4-3 per il “bad boy”, alla vigilia del “Coast to Coast” California-Florida che scatta giovedì.
La classifica, in questo caso, non fa testo compiutamente: è vero che il tedesco di genitori russi è stabilmente fra i “top five” (al 3 del mondo), a testimonianza di un rendimento medio-alto importante, mentre il figlio di papà greco e mamma malese si è riavvicinato ai 30 (da 72) solo grazie alle tante imprese della settimana d’oro ad Acapulco, in realtà nessuno dei due talenti ha fugato le perplessità che li hanno accompagnati nell’esordio fra i professionisti. Entrambi da grandi promesse, entrambi con un enorme potenziale tecno-fisico, entrambi candidati al ruolo di protagonisti assoluti del dopo Fab Four (Federer-Nadal-Djokovic-Murray), entrambi capaci di grandi acuti e di grandi cadute, entrambi poco pazienti, poco disciplinati, poco disposti ad immolarsi al dio concentrazione. E quindi ancora incapaci della continuità giusta nei tornei più impegnativi e più lunghi come gli Slam.
Ma Nick il selvaggio ha dimostrato ancora una volta che, se è indietro nei risultati, è solo e soltanto colpa sua, per attitudine e voglia insufficienti, per poco rispetto per pubblico ed avversari. Ed è comunque capace di mettere insieme davanti al mondo un cocktail da campione di potenza, fantasia e personalità che frastorni anche un gladiatore come Rafa Nadal. Mentre il bambino d’oro Sascha è stato programmato per le imprese più grandi, si applica molto di più, ha accettato le redini che gli ha imposto il super-coach Ivan Lendl, ed è anche fortemente motivato nella corsa a quel ruolo di prossimo, grande, numero 1 del mondo al quale sembra destinato. Peccato che non riesca a forzare la sua indole sprezzante e testarda, stoppato anche da qualche problemi fisico di troppo nel gestire, con quelle leve così lunghe, le palle basse e i cambi di ritmo, e da qualche problema tecnico nel trovare alternative all’asse-classico del tennis moderno, servizio-dritto.
Psicologicamente, quindi, Kyrgios è favorito su Zverev. Che, ad Acapulco, è parso molto meno sicuro di sé e sempre più dipendente dal fratello maggiore-chioccia, Mischa, col quale ha vinto il torneo di doppio. Battuto nel quarto turno degli Australian Open dal redivivo Raonic, peraltro con uno concertante 6-1 6-1 nei primi due set, e quindi bocciato ancora negli Slam, dove al massimo è arrivato ai quarti l’anno scorso al Roland Garros, frastornato dal risultato che contrasta ancora una volta l’affermazione del Masters contro i primi 8 del mondo, Sasha ha disperatamente bisogno di un successo importante che gli ridia fiducia prima della terra di Parigi. E Indian Wells, dove non difende punti, avendo perso l’anno scorso già al primo ostacolo, contro Sousa, sembra essere l’ideale. Ma anche può diventare una terrificante arma a doppio taglio.
*articolo ripreso da federtennis.it