Nasce a Nettuno Bruno Conti, fantasista e trascinatore della Roma di Liedholm e della Nazionale italiana di Bearzot.
A detta del grande Pelé, Bruno Conti è stato il miglior giocatore ai Mondiali di Spagna e non è un complimento da poco nemmeno l’essere definito il più “brasiliano” tra tutti i calciatori italiani.
Fisico minuto ma esplosivo, sinistro vellutato e preciso, Bruno Conti è considerato l’ultima grande ala destra del nostro calcio. Una vita passata alla Roma, a eccezione di due campionati giocati in B con il Genoa, che lo ha reso l’idolo più osannato dai tifosi di fede giallorossa.
Bruno Conti amava collocarsi sulla fascia destra, a metà strada tra la propria area e la linea del centrocampo, pronto a ricevere e gestire un contrattacco fulminante. Piroette, finte, palleggi e poi la sciabolata che tagliava il campo per trovare il suo fido Pruzzo o le punte di turno della Nazionale: Bettega, Graziani, Altobelli, Rossi, ma anche Serena e Galderisi.
I suoi anni migliori sono stati i primi anni Ottanta, nel pieno della maturità atletica; in Spagna è con Zoff, Cabrini e Scirea uno dei quattro che giocano tutte le gare dal primo all’ultimo minuto (segna anche un gol importantissimo al Messico nella prima fase a Vigo). Con il Brasile, la Polonia e la Germania è un portento, una forza implacabile; è scolpito nella memoria di tutti gli italiani il cross pennellato che consente a Rossi di segnare il secondo gol alla Polonia e la sgroppata con passaggio radente per Altobelli che segna il gol del 3-0 nella finale con la Germania.
Dopo il Mondiale vince lo scudetto con la Roma di Falcao e l’anno dopo ancora perde ai rigori la finale di Coppa Campioni contro il Liverpool. In Messico, nel 1986, è ancora protagonista ma la squadra italiana, appagata dal titolo di quattro anni prima, non brilla. Quando lascia il calcio, alla vigilia dei Mondiali del ’90, è il quinto più presente nella storia della Roma dopo Losi, Santarini, Masetti e Giannini.