Fabio Fognini è il principe (azzurro) di Monte-Carlo, Torino torna capitale con le ATP Finals e la Next Gen tricolore regala più di una speranza al futuro del nostro sport. Nulla sembra turbare gli equilibri del tennis italiano in questo momento. Un cerchio perfetto all’interno del quale si innesta inevitabilmente la figura di Corrado Barazzutti, che l’adrenalina del Masters di fine anno l’ha vissuta sulla propria pelle, così come la soddisfazione di accompagnare verso il punto più alto della propria carriera il n.1 d’Italia.
Partiamo dall’impresa di Fabio a Monte-Carlo, che potremmo definire un po’ un lavoro di squadra visto che a supportarlo c’erano anche Flavia Pennetta e Francesca Schiavone oltre a lei e al resto del team…
“Ho iniziato a seguire Fabio a Marrakech e anche lì c’era Flavia, il suo contributo è stato importante. Finalmente Fabio è riuscito a ritrovare il suo tennis dopo aver attraversato un periodo difficile. Aveva perso “confidence” ma il lavoro, la determinazione e la forza di volontà hanno dato i loro frutti. In questi casi occorre anche un pizzico di fortuna, a Monte-Carlo ha rischiato di uscire al primo turno, ma il tennis è così. Recuperata quella partita, ha ritrovato sé stesso lungo il cammino”.
Su cosa vi siete concentrati quella settimana?
“Abbiamo lavorato sulla ricerca del suo tennis, basato sule improvvise accelerazioni e decelerazioni. Mi sono inoltre accorto che giocava un po’ troppo dietro la linea di fondo e che i fondamentali non erano ordinati, per cui abbiamo provato a rendere tutto più fluido e a fare pulizia ricercando continuità e solidità. Abbiamo provato a stimolarlo anche dal punto di vista mentale e a convincerlo che avrebbe giocato bene. È stato bravissimo, aveva voglia di tornare, ha lavorato tanto e sodo”.
Dopo l’esordio nel Principato, in conferenza stampa Fabio aveva posto l’accento sui problemi fisici. La gestione mentale del dolore durante le partite rende tutto più complicato, inoltre veniva da un periodo non particolarmente positivo in termini di risultati, cosa è scattato a Monte-Carlo che gli ha permesso di sbloccarsi?
“I giocatori devono convivere con i dolori, il tennis è uno sport in cui si viene sollecitati molto dal punto di vista fisico e Fabio ci è abituato. A Monte-Carlo non credo sia scattato qualcosa in particolare, semplicemente tirandosi fuori da match molto difficili come quelli con Rublev e Coric, ha ritrovato fiducia in sé stesso e nel suo tennis. È stato un crescendo tutta la settimana”.
Personalmente ha raggiunto il best ranking di n. 7 ATP e fatto due semifinali Slam tra Roland Garros e US Open. Cosa manca in questo momento a Fabio per fare il salto di qualità nei grandi eventi ed acciuffare finalmente la Top 10?
“Secondo me non gli manca nulla, deve soltanto crederci. Il suo è un tennis a 360° e non deve dimenticare di essere dotato di un potenziale molto alto. Mi auguro che dopo questa vittoria ci creda ancora di più e che affronti uno Slam con la determinazione di un giocatore che prova a vincerlo. D’altronde, se si vince un Masters 1000 dove ci sono i giocatori più forti del mondo, si può vincere anche uno Slam”.
Negli scorsi giorni c’è stato l’annuncio dell’assegnazione delle Finals a Torino. Cosa significa per l’Italia ospitare un evento di tale portata e cosa ha dato credibilità all’organizzazione del nostro Paese?
“È una grande soddisfazione in primis per la Federazione, che da vent’anni a questa parte ha riportato il tennis italiano a livelli straordinari. Sia il settore tecnico che quello organizzativo stanno lavorando bene: ospitiamo uno dei tornei più importanti del mondo, a cui si sono aggiunte le Next Gen Finals, abbiamo vinto 4 Fed Cup, prodotto vincitrici Slam e adesso il settore maschile sta andando molto bene. Credo che queste siano alcune delle ragioni per cui l’Italia ha acquistato credibilità. La nostra è una Federazione credibile, ha dimostrato tutto il suo valore e si è meritata questo Masters. Inoltre, la sinergia con il governo e le istituzioni pubbliche ha fatto sì che tutti credessero nel progetto. Si tratta di un evento globale, Torino sarà vista e nominata in tutto il mondo”.
Soltanto due azzurri sono riusciti a qualificarsi per il Masters di fine anno: Adriano Panatta nel 1975 e lei nel 1978. Ci racconta la sua esperienza?
“Quell’anno mi espressi particolarmente bene. Ci arrivai faticosamente al Masters perché dovetti giocare tantissimi tornei fino all’ultimo per poter racimolare i punti necessari a qualificarmi. Quando si partecipa ad un evento con gli altri sette migliori giocatori al mondo è una grande emozione. Giocai a New York, al Madison Square Garden, una delle location più belle del mondo, per me fu un momento magico.
Il terzo italiano della storia a qualificarsi potrebbe essere proprio Fognini, che in questo momento occupa la settima posizione nella race. È uno degli obiettivi stagionali?
“Non so se Fabio ci pensa ma, come si dice: l’appetito vien mangiando, e io spero gli venga! Visto che è in corsa gli auguro di farcela anche perché lo scorso anno c’è andato davvero vicino”.
Il nostro movimento Next Gen sta raccogliendo ottimi risultati. Se dovesse schierare una Nazionale di soli Under 21, chi convocherebbe?
“Non faccio nomi perché non esiste una Nazionale di Next Gen. Dobbiamo far sì che questi giovani crescano bene prima di pensare ad una convocazione. Speriamo accada presto perché poi potrei non essere più io il selezionatore”.
Ce ne sarà però qualcuno che l’ha impressionata particolarmente…
“Ne abbiamo tanti, ad esempio: Zeppieri, Musetti, Sinner, che ultimamente sta raccogliendo i risultati migliori. Poi, anche se sono appena usciti dalla Next Gen, ci sono Berrettini e Sonego, i quali fanno già parte del panorama tennistico internazionale. Matteo è già in Nazionale mentre Lorenzo potrebbe arrivarci a fine anno. Infine, non dobbiamo dimenticare giocatori come Napolitano, Quinzi ecc…”
In questo momento siamo la nazione più rappresentata ad alto livello nel circuito ATP, vede delle analogie tra il gruppo della sua Coppa Davis e quello che si sta creando adesso con Fognini, Seppi, Cecchinato, Berrettini e tutte le nuove leve pronte a raccogliere il testimone?
“Ci vedo due gruppi di giocatori forti. In passato raggiungemmo tre finali, speriamo che i ragazzi possano fare meglio di noi, e magari vincere anche più di una Coppa Davis”.