L’Empoli scivola in B pur finendo la stagione a pari merito con il Genoa, l’Inter conquista il quarto posto e la Champions, protagonista di uno psicodramma collettivo nella sfida tra due squadre divise da una voragine di 41punti. Gli opposti del calcio non dicono sempre tutto, sì per il risultato, nulla per il gioco che messo a confronto con quello espresso a San Siro promuoverebbe i toscani bocciando irrimediabilmente i milanesi.
Sicuramente l’Empoli non ha perso la serie A in quest’ultima partita, a Milano ha cercato di riacciuffarla ma si era dileguata con il primo esonero di Aurelio Andreazzoli e il cambio di panchina con Beppe Iachini. In questa parentesi con errore si è giocato il futuro,indebolendo un progetto che poi è diventato impossibile recuperare. Resta il rammarico, perché negli ultimi due mesi, soprattutto nell’ultimo, i toscani hanno dispensato ottimo calcio, come se il rischio della retrocessione avesse liberato dai demoni che avevano impigliato le speranze di una nuova e non scandalosa permanenza in serie A.
Perché a parte Chievo e Frosinone, arresesi abbondantemente prima del traguardo, l’Empoli nel confronto con Genoa, Fiorentina, Cagliari e Parma non ha sfigurato, soprattutto nei tema del gioco, sempre propositivo e scintillante in rapporto alla qualità tecnica della squadra. A San Siro ha fatto scintillante passerellae, valutando i rapporti di forze tra la mega formazione nerazzurra e la piccola toscana, chiunque fosse precipitato da un altro mondo nell’umida serata milanese non avrebbe avuto dubbi su chi lottava per l’Europa che conta o chi per non retrocedere.
Un paradosso, certo. Un paradosso che sviscera la debolezza psicologica e di gioco dell’Inter di Luciano Spalletti, che pur si vanterà di aver condotto il Biscioneper il secondo anno consecutivo alla Champions League, una facciata che non è sufficiente a nascondere il fallimento di una stagione, annunciata come quella dell’avvicinamento alla Juve e che è invece stata quella dei 21 punti di distacco dalla vetta, superata anche dall’Atalanta, meravigliosa e non più sorprendente.
Un fallimento che non è soltanto di gioco e di risultati, ma anche di interpreti, naufragati (Icardi per primo) in una supponenza che non è da grande squadra, con lacune tecniche evidenti e frutto di una campagna acquisti condotta alla ricerca di nomi, piuttosto che uomini.
Se nella partita decisiva chi sta retrocedendo e drammaticamente è sull’orlo del baratro gioca meglio di chi agogna al risultato di prestigio, come l’ingresso nel gotha del calcio europeo, vuole dire che il calcio è sempre pronto a dispensare lezioni delle quali fare tesoro. Pragmaticamente direte che in fondo l’Empoli è retrocesso e l’Inter ha centrato il proprio obiettivo. Inoppugnabile come i tifosi dell’Inter con le mani tra i capelli, scrutati dalle telecamere di San Siro, ogni volta che l’Empoli si presentava davanti al solido e bravissimo Handanovic, puntuale a respingere una salvezza e rilanciare una Champions. Immagine su cui meditare, in attesa dell’arrivo del nuovo profeta Conte e dei progetti che, con queste basi, rilanceranno dopo un solo anno di purgatorio l’Empoli, trafitto nella beffarda notte di Milano.