Juri Chechi? No, Aleksandr Balandin. La scalata di Marco Lodadio alla medaglia olimpica, magari d’oro, passa attraverso la via tracciata da un ginnasta russo, più che dal “Signore degli anelli”. Non è un ripudiare l’ispirazione che lo prese sin da bambino, colpito dall’oro conquistato da Chechi ad Atlanta 1996 e dall’emozionante incontro col campione azzurro quando aveva 12 anni, nella palestra dell’Acqua Acetosa a Roma, dopo il bronzo ad Atene 2004. Più semplicemente, è il lento adattarsi a una trasformazione fisica e mentale che lo sta portando a livelli tecnici e spettacolari sempre più alti, oltre che a una marcata personalizzazione del suo esercizio. Il bronzo ai Mondiali 2018 a Doha, l’argento a quelli di Stoccarda 2019, con esercizi via via più difficili, con punteggio tecnico di base più alto di tutti gli altri, 6.300, e con l’obbiettivo di innalzarlo ulteriormente proprio in vista di Tokyo 2020.
Ecco, il piano parte dall’entrata, nella quale Lodadio già si distingue dagli altri, con una nota di originalità e di forza inventata da Balandin. Il ginnasta russo è stato poco fortunato alle Olimpiadi, quarto a Londra 2012, ha vinto un argento mondiale ad Anversa 2013 e due ori europei nel 2012 e 2014, e ha poi dovuto ritirarsi nel 2017 a causa di gravi infortuni alla spalla. Ma, anche se non ha vinto quanto avrebbe meritato, può essere considerato uno dei “grandi maestri” agli anelli, bravura riconosciutagli anche dalle giurie con punteggi fino ai 15.800 nell’ultimo anno di carriera, il 2014, prima del calvario che lo ha portato al ritiro. Balandin ha dato il nome a tre “entrate” nell’esercizio agli anelli. Tutte e tre si distinguono da quelle normali perché, invece di una capovolta che richiede un minor sforzo fisico per arrivare in alto, prevedono l’innalzamento diretto con la forza delle sole braccia: la prima si conclude con una posizione di braccia tese “alla rondine”, corpo parallelo alla pedana, la terza passa dalla rondine per arrivare alla posizione orizzontale “in appoggio”, corpo parallelo alla pedana e braccia tese verso il basso. Lodadio utilizza proprio quest’ultima, ma il programma è di passare al Balandin 2, che prevede come posizione finale, dopo l’innalzamento con la sola forza delle braccia, la “croce verticale”, gambe in alto e testa in basso. E’ una entrata per la quale c’è bisogno di ancora più forza, oltre che di bravura tecnica nel fermarsi nella verticale e reggerla senza oscillazioni per almeno 2 secondi, come prescritto dal regolamento per tutte le posizioni agli anelli.
Questo ulteriore passo in avanti potrebbe consentire a Lodadio di arrivare a 6.400 come valore tecnico di base. La ricerca di nuovi limiti è necessaria, sia per evitare beffe come quella dei Mondiali di Stoccarda, medaglia d’oro persa per soli 33 millesimi a favore del turco Ibrahim Colak, sia per sostenere la concorrenza del cinese Lan Xingyu, assente a Stoccarda ma in corsa per Tokyo grazie alle vittorie nelle tappe di Coppa del Mondo, con punteggio tecnico di base 6.400, ma ipotesi di 6.500. Una sfida titanica, con un livello medio generale altissimo. Per intendersi, il campione olimpico, il greco Eleutherios Petrounias, quarto a Stoccarda e reduce da infortuni, rischia di non andare a Tokyo, avrebbe bisogno di tre vittorie nelle restanti tre gare di Coppa del Mondo per qualificarsi, ma ha il cinese come avversario, comunque solo uno di loro due si qualificherà per l’Olimpiade.
Marco Lodadio, fortunatamente, non ha di questi pensieri, il pass per Tokyo lo ha conquistato a Stoccarda e può lavorare in tranquillità per affinare sempre più il suo esercizio. La soddisfazione per l’argento mondiale è la base di partenza per il Balandin 2. “Lo ammiravo quando gareggiava – dice Lodadio –, mi sono sempre piaciuti i suoi movimenti, pieni di originalità e fantasia, lo trovavo congeniale al mio modo di intendere l’esercizio agli anelli. Così, poco alla volta, ho cominciato a provare la sua entrata. Naturalmente, dal momento in cui l’ho visto per la prima volta a quello in cui ho cominciato a provare il movimento, è dovuto passare del tempo perché avevo bisogno di rafforzare i muscoli, ci vuole molta forza per quell’entrata. Alla fine, però, si ottiene qualcosa di diverso rispetto agli altri che cominciano con la capovolta, sono dettagli che garantiscono un valore aggiunto all’esercizio e io lavoro proprio sui dettagli, mi potranno dare un margine maggiore nel punteggio”.
Inevitabilmente, il discorso sui dettagli e sui centesimi o millesimi di punto che possono trasformare il trionfo in rimpianto riporta alla gara di Stoccarda. Certo, ricordando l’emozione di Igor Cassina nel commentare la sua prova in Tv, rimane la convinzione che l’oro fosse meritato, perché il campione olimpico 2004 della sbarra era rimasto senza parole. Ma né Lodadio né i tecnici della Nazionale hanno fatto polemiche, anche se quei 33 millesimi in favore del turco rimangono un po’ indigesti. A prima vista, sembrava che l’uscita di Lodadio contenesse una imperfezione, il piede sinistro che nell’atterraggio dà la sensazione di spostarsi indietro, sia pur di pochissimo, comportando così la penalizzazione decisiva di un decimo di punto. Rivedendo bene le immagini, si nota che il piede resta piantato a terra e che la sensazione del movimento è data dalla gamba che trema un po’, ma questo non comporta penalizzazioni. Inoltre, guardando l’esercizio di Colak, si vede chiaramente che nei primi 30 secondi il turco non ha una stabilità perfetta nelle posizioni, ci sono molte oscillazioni, piccole ma comunque meritevoli di qualche taglio nel punteggio. Al contrario, la tenuta di Lodadio nelle posizioni è marmorea. Una analisi precisa, sia sulle incongruenze dei giudici, sia sulle qualità di Lodadio, la fa Maurizio Allievi, responsabile della squadra maschile: “Se gli avessero riconosciuto il primo posto penso che sarebbe stato meritato. Guardiamo ad esempio le tenute delle posizioni: dovrebbero durare almeno 2 secondi, lui arrivava a 3, per far vedere quanto è forte. L’entrata è di forza, solo lui la fa così, con un movimento davvero spettacolare. Gli altri entrano in capovolta, lui sale con le braccia tese, con un movimento molto difficile. Le verticali, le rondini, le croci, le esprime in maniera perfetta. Comunque, la parte del punteggio che riguarda l’esecuzione dipende dai giudici, quindi dobbiamo preparare un esercizio tale che Marco non sia in alcun modo attaccabile”.
La ricerca della perfezione è messa in luce anche dall’allenatore personale di Lodadio, che lo segue sin da ragazzo, Gigi Rocchini. “La gara degli anelli – fa notare Rocchini – è diventata una corsa verso l’impossibile. A Tokyo, tranne uno fra il cinese e Petrounias, ci saranno tutti i più forti della specialità. Ormai, siamo ai limiti delle potenzialità Marco comunque è tranquillo, insieme stiamo valutando il percorso da fare verso Tokyo, un lavoro duro ma senza troppa pressione mentale. L’importante è arrivare a un esercizio che sia congeniale alle sue caratteristiche, al resto ci pensa lui”.
E Marco sa bene cosa è in grado di fare. Poco alla volta lo ha capito. “La medaglia a Doha 2018 era abbastanza inaspettata, era la prima finale dei Mondiali per me, fu un’emozione grandissima, ma durante questo periodo ho ricevuto molte più conferme da me stesso con gli Europei e i Giochi europei, quindi a Stoccarda ero cosciente di poter essere uno dei più forti”. E ha capito che serve anche qualcosa in più. “Ho in cantiere da un po’ di tempo anche un mio elemento, potrebbe uscire prima o poi, vediamo, magari quando avremo la possibilità di farlo in un contesto non così importante, perché non sai come verrà giudicato dalle giurie. L’elemento specifico per il momento non lo dico, non si può mai sapere, diciamo che è una sorpresa”.
Ma è comunque convinto che a Tokyo succederà qualcosa? “Il cammino è quello giusto”.
Dalla sospensione tesa salire di forza con braccia tese alla rondine, Balandin 1, o passando dalla rondine alla orizzontale prona in appoggio, Balandin 3.
Dalla sospensione tesa salire di forza con braccia tese alla croce in verticale, Balandin 2