Non dimenticare che giochi con l’anima
quanto con il corpo
Kareem Abdul-Jabbar
La noia
Lo segue il basket di adesso?
«Sì, ma non mi diverto più tanto. Non voglio esprimere un giudizio tecnico, ma la Nba, giocata sempre a un livello altissimo, dopo un po’ mi annoia. Pick and roll e tiro da 3, pick and roll e tiro da 3… io sono più per un gioco corale». ~ Pensa mai a quanto guadagnano i suoi colleghi di adesso? Hanno contratti milionari. «Lo dicevo spesso a mio padre: “pa’ se tu mi avessi fatto una quindicina d’anni dopo, ci saremmo sistemati per sempre. Allargava le braccia pover’uomo». | Intervista di Flavio Vanetti, Corriere della sera
Tutto iniziò con delle scarpe sbagliate. «Io non sapevo nemmeno che cosa fosse la pallacanestro e l’indomani avrei dovuto iniziare a giocarla. Come scarpe comprai delle splendide Superga rosse. Cioè il colore del Simmenthal Milano, che ancora ignoravo fosse lo storico avversario della Ignis. Così il giorno successivo, quando mi presentai tutto baldanzoso all’allenamento delle giovanili della Ignis con quelle armi che ricordavano il nemico, Messina mi scrutò dalla testa ai piedi, anzi al contrario, e con molta calma disse: “Ok, la prima cosa da fare è cambiare le scarpe…”». | Passi da gigante. (Rizzoli, 2011)
La prima citazione in un trafiletto. La nazionale sperimentale italiana di basket ha battuto la rappresentativa della Germania orientale per 80-65 (38-37) nel primo incontro della “tournée” nel Nord Europa, svoltosi ieri sera ad Augusta. Accanto a Masini e Vianello in forma splendida (rispettivamente 21 e 27 punti), i giovani Bovone, Jesi e Meneghin hanno fornito un’ottima prova di maturità tecnica e di agonismo. | Corriere della sera, 15 settembre 1966
Nella Hall of Fame. Se giocasse adesso, anziché fare il team manager della Nazionale, saldando il gruppo nelle alterne fortune con una complicità da fratello vecchio, Dino Meneghin sarebbe nella Nba. La valeva già all’epoca dei suoi trionfi italiani ed europei, ma l’oceano allora non lo passava nessuno. Né lo fece lui, che pure nel ’70, a vent’anni, fu scelto, primo europeo della storia, dagli Atlanta Hawks. Adesso, della cinquantina d’europei che giocano fra i pro, ce ne sono che Superdino non avrebbe neanche guardato, svellendoli a rimbalzo. In America, il miglior cestista italiano d’ogni tempo ci va ora, a 53 anni, diventando un pezzo da museo. Museo vero, quello del basket, che sta a Springfield, la secolare culla dei canestri, e si chiama Hall of Fame. | Walter Fuochi, la Repubblica, 8 aprile 2003
Il discorso di benvenuto di Bob McAdoo. «Le statistiche sono spesso ciò che determinano l’ingresso di un campione nella Hall of Fame. Sì, Dino può contarle. Ma non era questo il suo gioco. Lui giocava non per collezionare statistiche, ma per vincere. Lui faceva tutto quello che …
Tratto da www.loslalom.it
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