E c’era stato il numero 8 del mondo, Marcos Baghdatis, figlio di Cipro, che ovunque andasse scatenava il tifo dei tantissimi immigrati greci. Un giocoliere, un sorriso sempre aperto, a dispetto degli infortuni, un compagno per tutti, un punto di riferimento come tecnica e orgoglio. “
Se non ci fossi stato tu, oggi non ci sarei io”,gli confessa infatti alla tv greca il nuovo dio del tennis ellenico, Tsitsipas, abbracciandolo e strappandogli qualche lacrimuccia. Perché tutti e due sono cresciuti lontano da casa, senza tanti soldi ma con tantissime speranze, tutti e due hanno trovato asilo dal mecenate Patrick Mouratoglou nella prima scuola alla periferia di Parigi (ora traslocata sulla Costa Azzurra), tutti e due hanno conquistato il pubblico per fantasia e simpatia e gli avversari per umanità e spontaneità, tutti e due come talenti precocissimi, entrambe ex numeri 1 del mondo juniores.
Ne aveva 20, Baghdatis che cedeva in finale agli Australian Open 2006, ne ha 21 Tsitsipas che si impone al Masters come il più giovane campione dopo il 20enne Lleyton Hewitt a Sydney 2001 e che come il più “federiano” fra le grandi promesse.
Cioè il giocatore più versatile su tutte le superfici, il più capace di sciorinare un gioco champagne, dal servizio ai perfetti colpi da fondo alle volée. Ma è anche il più allegro, il più spontaneo, il più “social”, sin dalle Next Gen Finals di due anni fa a Milano, dove si presentò da riserva dei migliori under 21 del mondo, ma come primo “giornalista operatore” dell’Atp.
Ci è tornato nel 2018 per conquistare il titolo. C’era già stato nel 2016 quando aveva conquistato il trofeo Bonfiglio, un classico mondiale under 18.
Un campione dalla grande personalità, sia come persona che come giocatore, tanto da insistere nel rovescio a una mano e nell’anticipo, nel seguire l’istinto, nel credere che l’estro, il coraggio nell’affrontare a viso aperto qualsiasi avversario, hanno ragione. Mamma viene da Sparta, fucina di mitici guerrieri.