Rafa Nadal non è soltanto il re del tennis 2019, non è soltanto il re della terra rossa in generale e quello del Roland Garros in particolare con 12 tronfi a Parigi, ma è anche il re Sole del tennis, in generale. L’unico che sia stato capace di sedere sul trono di numero 1 del ranking mondiale in tre decenni col sistema di classifica stilato dal computer dal 1973. Infatti, il formidabile mancino di Spagna ha conquistato per la prima volta il potere assoluto il 18 agosto 2008 e si è ripetuto nel 2010, mantenendosi al comando in testa alla graduatoria anche in questa prima settimana del 2020. Confermando che il suo potere non tramonta mai. Anche perché, per la cronaca, ha chiuso l’anno al numero 1, nel 2008, 2010 e 2019, ma anche nel 2013 e 2017. Cinque volte proprio come Federer e come Djokovic, i suoi grandi rivali
Al di là dei 19 Slam coi quali Rafa si è portato ormai a una sola tacca dal record dello storico rivale, Federer, risultato che sembrava irraggiungibile, lo spagnolo s’era già assicurato un bel posto nella storia del tennis, ma quest’ultima statistica dei tre decenni in testa alla classifica avvalora ulteriormente il suo marchio nel firmamento dello sport. Prima di lui, Bjorn Borg, lo svedese di ghiaccio, che ha dato una prima sterzata al tennis mondiale sia come popolarità che come indirizzo verso un super-atleta di fisico e testa, aveva saputo fare altrettanto come primatista della classifica negli anni 70 e 80. Lottando coi denti per contrastare in quei due decenni l’intramontabile mastino Jimmy Connors.
Da “cannibale a cannibale”, è stata poi la volta di Ivan Lendl, l’ex cecoslovacco emigrato negli States con la sua fame di successi che ha portato il tennis in palestra varando il concetto di team privato itinerante, e ha caratterizzato il primo posto del ranking negli anni 80 e 90. Altrettanto ha fatto Andre Agassi, pur con la sua maturazione tardiva, alternandosi con Pete Sampras, negli anni 90-2000, nel segno dei due colpi fondamentali del tennis in evoluzione, e cioè risposta e servizio. Prima di passare lo scettro a Federer nei decenni 2000-2010. Ma nessuno, prima di Rafa, aveva sconfinato il secondo decennio, bruciata di testa e di fisico dallo “sport inventato al diavolo”.
Questo nuovo, sensazionale, primato è ancor più se straordinario se consideriamo tutti i gravi infortuni dello spagnolo, i lunghi e travagliati stop, e la sostanziosa rivalità con Roger Federer e Novak Djokovic.
Anche in considerazione del fatto che in tennis, nel frattempo, ha abbandonato la specializzazione per superfici e anche la superficie-madre di Nadal, la terra rossa europea, votandosi sempre più ai campi duri ed esaltando un colpo come il servizio che, quando il marocchino si è presentato a 16 anni sulla massima ribalta era davvero un optional del suo repertorio.
Ma, spinto dalle circostanze, non ha saputo solo ripensare e rigenerare il suo gioco, come nessun altro altro tennista, ma lo ha rivoluzionato, esaltandosi anche in comparti che sembravano proprio non appartenergli. Come ci è visto agli Us Open di settembre, quand’ha sfoderato insolite qualità di varietà e propensione offensiva.
Perciò, al di là dei 19 Slam, a una sola tacca dal record dello storico rivale, Federer, il suo posto nella storia del tennis che era già assicurato, viene ulteriormente avvalorato da quest’ultima perla dei tre decenni al numero 1 del mondo e dà un’altra spinta alle ambizioni del campione 33enne al via di una stagione così importante, come è sempre quella olimpica.