L’inizio di campionato è stato difficile e la distorsione al ginocchio, a novembre, ha complicato la situazione. Sono ottimista sui prossimi match, però. Nelle ultime settimane sento la squadra unita: i risultati si conquistano se il gruppo è compatto”. Gabriele Nelli riassume così suoi primi mesi alla Gas Sales Piacenza, promossa in SuperLega dopo una stagione in A2.
L’opposto toscano, 26 anni, che fa parte del giro della Nazionale dal 2015, è concentrato sul club, ma sogna le Olimpiadi: “Andare a Tokyo sarebbe bellissimo. È prematuro pensare alla convocazione e sarò sicuro di partecipare solo quando salirò sull’aereo, ma l’obiettivo dei Giochi è un ulteriore stimolo a dare il massimo. E poi ho un debole per il Giappone” dice.
Cosa ti piace in particolare?
“L’organizzazione, tutto funziona a regola d’arte, la pulizia, il senso civico e uno dei suoi simboli: la carpa koi. Sono malato di pesca”.
Da quando?
“Da sempre, in pratica. Ho ereditato la passione da uno zio: mi portava con sé nei canneti, mi dava un filo con l’amo attaccato e io mi divertivo da matti. Pensa che avevo smesso; ho ricominciato dopo essermi trasferito a Trento. Il posto ideale: lì i torrenti non mancano”.
Che voto ti dai come pescatore?
“Me la cavo. A dire la verità, i pesci che prendo non sono la priorità: a me basta stare in mezzo alla natura, tranquillo, in solitudine o in compagnia, è il metodo più efficace per rilassarmi e ricaricarmi”.
Stai all’aria aperta e quasi immobile: esattamente l’opposto della tua vita quotidiana, in palestra ad allenarti.
“Sì, per staccare dalla routine ho bisogno di dedicarmi a qualcosa di completamente diverso”.
A Piacenza hai trovato dove stare in pace?
“Sì, ci sono dei laghetti artificiali a breve distanza. Scelgo tra la quindicina di canne della mia collezione, saluto mia moglie Florinda e torno a casa dopo un paio d’ore, così lei approfitta per studiare: è impegnata nella Specialistica di Scienze Motorie”.
Alla pesca sei arrivato grazie allo zio. Alla pallavolo, invece?
“Per curiosità. Avevo cominciato a giocare a basket con il mio migliore amico, ma non ci trovavamo bene nella squadra. Al contrario, l’ambiente della pallavolo, nell’Asd Camaiore, era splendido, complici le emozioni che condividevamo: fossero delusioni o soddisfazioni, sono state vere e proprie esperienze formative”.
Quando hai capito che il gioco sarebbe potuto diventare lavoro?
“Trasferirmi a Trento a 15 anni è stato un passo importante. L’anno prima avevo rifiutato l’offerta di Treviso perché non me la sentivo. Il treno è ripassato con il Trentino Volley, club prestigioso come pochi al mondo, e non me lo sono lasciato scappare”.
La famiglia ti ha aiutato nella decisione?
“Più che aiutato, i miei genitori i hanno sostenuto. Certo, mi sono mancati molto nei primi tempi. Nonno Luigi in particolare, che mi chiamava ‘campioncino’: le nostre partite a carte sono tra i ricordi più belli che ho nel cuore. Per fortuna ho un carattere aperto e ho stretto ottimi rapporti con tante persone. E con i tifosi in modo particolare: se ho ricominciato a pescare, è stato merito di uno di loro e sono stato ‘adottato’ da una coppia. Mi invitavano a cena il sabato sera e ci vediamo tuttora. Lo sport ha questa straordinaria capacità di creare legami profondi, che superano la lontananza e… i cambi di casacca”.