L’Istruttore deve conoscere bene le tecniche esecutive corrette di un movimento, altrimenti il suo insegnamento non sarà fruibile correttamente dai bambini e ….. se insegna cose sbagliate (perché non le conosce) crea dei danni che si protrarranno nel tempo e sarà difficile correggerli successivamente.
I neuroni specchio ci forniscono la possibilità di codificare le intenzioni e anche il risultato di un’azione motoria, per cui per l’Istruttore Minibasket è estremamente importante:
1) far vedere da subito “la tecnica per intero” senza frammentarla in sottomovimenti; i neuroni specchio sono interessati più all’obiettivo che al dettaglio e codificano sempre azioni e intenzioni;
2) mostrare la tecnica alla “giusta” velocità, né troppo lentamente, né troppo velocemente. Questo è un ulteriore accorgimento per indurre una giusta percezione nel bambino, in quanto, se la tecnica è mostrata troppo velocemente il bambino può non fare in tempo a registrare l’immagine correttamente; lo stesso dicasi di un’esecuzione troppo lenta, che sfalsa la dimostrazione rispetto alla reale immagine che se ne intende dare;
3) mostrare la tecnica dalla “giusta” angolazione, cioè dalla prospettiva dalla quale poi il bambino la dovrà ripetere. Se l’Istruttore si pone frontalmente rispetto ai bambini e dimostra un gesto o un movimento (pensiamo a un palleggio, un tiro o un passaggio), i bambini la ripeteranno dalla parte opposta, cioè in maniera speculare. E’ opportuno collocarsi dalla stessa angolazione dei bambini, oppure collocare i bambini in modo che tutti vedano dalla stessa angolazione. La prospettiva in prima persona è quella che determina la performance migliore, confermando così l’importanza della prospettiva nell’apprendimento motorio;
4) chiarire che la tecnica presentata dovrà essere imitata e non solo osservata, evidenziando così l’obiettivo da raggiungere. Se l’attenzione è rivolta all’osservazione al fine di imitare, direzionando il “focus attentivo” sui punti essenziali alla comprensione dell’azione, il sistema specchio è maggiormente attivato e di conseguenza sono implicati anche i processi cognitivi. Seguendo quest’ipotesi è presumibile che l’apprendimento imitativo non sia semplicemente una copia di basso livello delle azioni osservate, ma al contrario, presupponga ed implichi processi cognitivi di alto livello. La conseguenza pratica è che l’esperienza motoria deve essere “significativa”, cioè che l’obiettivo che l’azione persegue, deve essere esposto chiaramente. Operando in tal modo si direziona l’attenzione sugli aspetti salienti dell’azione e si coinvolgono processi cognitivi che portano ad una memorizzazione più stabile;
5) cosa avviene nell’insegnamento di un movimento “nuovo”, che non fa parte del patrimonio motorio?
Il sistema specchio si può attivare anche in presenza di movimenti nuovi ed estranei al patrimonio motorio del bambino, creando a livello neurologico una prima immagine, una prima traccia del movimento, ma ciò implica un’attivazione di processi cognitivi e attentivi che il bambino deve poter mettere in gioco.
Non è detto che il bambino ci riesca, non è detto che abbia la possibilità e/o la disponibilità a farlo e ciò sembra dipendere in parte dalla volontà o meno di farlo, ma soprattutto dal grado di maturazione neurofisiologica che il bambino ha a disposizione in quel momento. Il movimento nuovo è “processato” dal bambino in ogni singola parte, in pratica i neuroni specchio nell’osservazione di un atto motorio non presente nel repertorio motorio del bambino, si attivano prima spezzettando in più frammenti l’atto osservato, poi lo ricompongono nella sequenza temporale adeguata. Ogni frammento corrisponde a un movimento già immagazzinato e tramite la collaborazione di altre aree frontali, tutti questi “frames” sono riassemblati per permettere poi la riproduzione del gesto motorio, definendo un nuovo “pattern” (modello) motorio; appare evidente come i processi attentivi siano importantissimi durante la visione dell’atto motorio.
Questo passaggio è importante per gli Istruttori, poiché li aiuta a relativizzare il fatto che i bambini siano sempre in grado di apprendere per imitazione; talvolta questo tipo di apprendimento è efficace e opportuno, altre volte può essere una richiesta troppo difficile per loro.
E’ chiaro che in questa fase l’Istruttore possa influire nel saper direzionare “ad hoc” l’attenzione dei bambini, può essere determinante nel sostenere la loro motivazione, ma può anche imbattersi nei limini motori, attentivi, cognitivi dei bambini stessi e quindi non gli resta che capire se proseguire su quella strada o magari cambiare direzione, aspettando momenti più favorevoli, agendo nel frattempo in altri modi;
6) la ripetizione dei movimenti e la memoria a lungo termine
L’apprendimento di un movimento risiede nella memoria a lungo termine e l’esempio è “l’andare in bicicletta” e ……. quando l’hai imparato non lo scordi più !
Così avviene per l’apprendimento di qualsiasi tecnica esecutiva, ma per arrivare a far parte della memoria a lungo termine, un movimento deve essere ripetuto e “lavorato” per molto tempo.
Se il sistema specchio è adibito all’imitazione, creando un’immagine, una traccia neurologica di un movimento nel cervello del bambino, il movimento andrà poi sgrezzato, raffinato e perfezionato attraverso le ripetizioni (apprendimento per prove ed errori).
Le fasi dell’apprendimento (fase della coordinazione grezza, fase della coordinazione fine, fase della stabilizzazione e della disponibilità variabile) sono uguali per tutti, quello che cambia è il ritmo di apprendimento.
Questo tipo di apprendimento richiede una maturità neurofisiologica da parte del bambino, il quale, se non è sufficientemente consapevole di ciò che sta facendo e sufficientemente “maturo” (“ripetizioni consapevoli”), si adopererà nel ripetere meccanicamente il movimento senza autocorreggersi o apprezzare le correzioni dell’Istruttore, rischiando di fissare “errori e vizi motori” piuttosto che abilità motorie che, non essendo passate attraverso il filtro di una giusta attenzione, del feedback interno (il proprio) ed esterno (dell’Istruttore), saranno poi molto difficili da correggere, poiché la traccia neurale creatasi da queste ripetizioni sarà comunque molto forte, magari correggibile ma con una certa difficoltà.
Il bambino deve capire ciò che fa e non eseguire meccanicamente ciò che è proposto dall’Istruttore!
Resta il fatto che, sia l’apprendimento per imitazione che quello per prove ed errori hanno un’efficacia comprovata se i bambini sono neurofisiologicamente maturi per questo tipo di metodi.
Da sottolineare in questo processo il ruolo dell’Area 46 di Brodmann (organo esecutivo del “Sistema Specchio” che decide tutto);
7) come agisce il sistema specchio sull’Istruttore?
L’Istruttore non si deve limitare a osservare il gesto del bambino, ma lo ripete internamente. Quando l’Istruttore analizza un gesto in condizioni di attenzione e sufficiente competenza, contestualmente “carica” e “fa girare” sul suo sistema motorio il programma del movimento esaminato. Grazie all’azione dei neuroni specchio, il movimento osservato è “provato” internamente in maniera automatica. Da tutto ciò si comprende come l’Istruttore competente, alla vista di un movimento del bambino, abbia, grazie al suo sistema specchio, la possibilità di processare l’intero movimento comparandolo con il proprio (cioè rivivendolo al proprio interno) e da ciò scorgere gli errori o le imperfezioni, cioè tutti quegli aspetti che differiscono dalla propria esecuzione, che si suppone sia quella corretta. E’ dunque importante che l’Istruttore abbia molto chiaro quel movimento se vorrà apportare le giuste correzioni al movimento del bambino (conoscenza delle tecniche corrette dei fondamentali individuali);
8) fornire spiegazioni verbali chiare, che non siano troppe e che focalizzino la loro attenzione solo nei punti salienti. Ogni atto linguistico è un atto comunicativo, cioè portatore di significato, esattamente come gli atti motori finalizzati. Se l’Istruttore spiega correttamente un gesto e poi lo esegue in maniera scorretta (non coerente con quanto enunciato), generalmente predomina l’aspetto visivo, dunque va posta attenzione sul fatto che le istruzioni verbali siano coerenti con quanto mostrato, altrimenti i bambini ripeteranno ciò che vedono e non ciò che sentono, anche se quello che vedono contiene un errore.
Le indicazioni verbali all’inizio devono essere poche e concentrate su pochi aspetti della tecnica, senza insistere sui particolari che saranno proposti e affinati successivamente.
I neuroni specchio si attivano quando qualcuno palleggia un pallone da basket, quando vede un pallone che è passato a un compagno, quando si sente il suono prodotto da un pallone quando è palleggiato.
In effetti la possibilità di condividere, che sia un gesto motorio o una parola, o un rumore, quindi di rispecchiarsi in essi poiché evocativi di un piano motorio, continua ad essere alla base del funzionamento del sistema specchio.
E’ interessante come sia più facile “carpire” l’attenzione dei bambini se la spiegazione dell’Istruttore si riferisce ad esercizi e giochi “reali”, “veri” (e non astratti), ad animali conosciuti, a familiari, piuttosto che parlare con loro con un linguaggio tecnico e descrittivo del movimento.
Questo ci suggerisce che anche le istruzioni verbali dell’Istruttore si possano colorare di contenuti a loro vicini, condivisi, nei quali si possano rispecchiare, ritrovare e con i quali ci sia un’assonanza.
I contenuti che un Istruttore intende comunicare ai bambini arriveranno più forti e più chiari se anche il suo linguaggio sarà condivisibile, evocativo di qualcosa che i bambini conoscono. Anche rumori e suoni possono facilmente attivare il sistema specchio e da ricerche e studi fatti nel basket, c’è un riconoscimento di ciò che sta avvenendo in base alla percezione del suono del pallone, di come rimbalza, del suono, dell’afferramento e così via.
Il livello di comprensione di un bambino è differente rispetto a quello di un adulto: l’adulto può poggiare su un pensiero astratto, ipotetico-deduttivo, capace di compiere operazioni complesse, di astrarre appunto concetti e applicarli, il bambino si basa su un pensiero delle operazioni concrete, non essendo ancora capace di ragionare su dati presentati in forma puramente verbale. E’ chiaro che gli Istruttori debbano operare una distinzione bambini, ragazzi e adolescenti, adeguando il linguaggio e le spiegazioni verbali. La comprensione verbale, o comunque quella legata anche a suoni e a rumori, non funziona diversamente da quella visiva. I bambini sentendo suoni, rumori, parole e frasi possono ricollegare l’azione dei neuroni specchio, in quanto a una parola, a un suono e a un rumore conosciuti, possono al loro interno evocare il piano motorio corrispondente;
“Minibasket e Neuroni Specchio”
9) lo spazio intorno a noi. Lo spazio intorno a noi, sia quello più vicino, sia quello più lontano da raggiungere, assume significati diversi a seconda delle azioni che noi possiamo fare o pensare relativamente a questi spazi. Nel Minibasket (e nel basket) la percezione di vicino-lontano è differente (vicino o lontano dal canestro, compagno vicino o lontano, con la palla o senza, etc.) e il sistema specchio è fortemente implicato in questo.
Queste diverse percezioni di vicino e lontano variano a seconda delle possibilità d’azione che esistono all’interno di questo spazio, rimodulando così il concetto di vicino e lontano, a seconda dell’interazione con lo spazio e/o con gli oggetti in esso contenuto. Ad esempio la percezione di una palla che è lontana dal bambino cambierà al momento in cui la palla si avvicina.
La possibilità di interagire con gli oggetti cambia la percezione dello spazio vicino o lontano (un pallone lontano, un pallone che si avvicina, uno vicinissimo, uno passato lentamente, uno passato velocemente, un difensore vicino o lontano) e tutto ciò evoca nel bambino potenziali programmi d’azione, programmi che grazie al sistema specchio può anticipare, sia difensivi che di attacco, difesa sul portatore di palla, etc.
Lo spazio è uno spazio di senso, è uno spazio che evoca azioni potenziali, è uno spazio interpretato, a seconda delle nostre abilità motorie e della nostra esperienza;
10) I metodi deduttivi e i metodi induttivi. Se si parla di apprendimento per imitazione nel momento in cui l’imitazione non è immediata o comunque relativamente facile (come nel caso di imitazione di movimenti in parte conosciuti, cioè che appartengono almeno in parte ai programmi motori del bambino), subentrano processi attentivi e cognitivi importanti, sui quali i bambini devono poter fare leva.
Abbiamo anche detto che imitare non basta, poiché all’imitazione deve poi seguire l’esercitazione e l’apprendimento per prove ed errori che presuppone una maturità da parte del bambino, che deve di volta in volta “controllare” il movimento e non ripeterlo automaticamente.
Perciò, per un Istruttore, poter fare leva anche sui metodi induttivi, che partono dalla realtà dei bambini e su di essa si conformano, attraverso esercizi e giochi “ad hoc” che siano adatti al loro livello, alle loro reali capacità, sembrerebbe opportuno, efficace. Non perché, ovviamente, i metodi deduttivi siano sbagliati, quanto perché a volte sembrano non essere efficaci, sembrano non essere la via migliore per arrivare a un risultato. Nei metodi induttivi la conoscenza parte dal soggetto, nei metodi deduttivi parte dall’oggetto, nei metodi deduttivi l’Istruttore è al centro, detta “il da farsi” e come lo si deve fare, attraverso esempi, dimostrazioni da imitare, mentre nei metodi induttivi il processo d’apprendimento è più libero e lo svolgimento del compito è condizionato dalla soggettività del bambino, sicuramente l’Istruttore da delle consegne, ma lascia anche la libertà di eseguirle a suo modo. L’apprendimento per imitazione rientra ovviamente nei metodi deduttivi, in quanto si dà per buono che sia replicato, imitato un movimento partendo dalla realtà del movimento mostrato dall’Istruttore, dunque dalla tecnica. Mentre nei metodi induttivi il processo è inverso, si arriva alla tecnica (o comunque ad un obiettivo da raggiungere) attraverso un processo di sperimentazione da parte del bambino;
11) empatia e apprendimento. Nelle scienze umane, l’empatia designa un atteggiamento verso gli altri caratterizzato da un impegno di comprensione dell’altro, escludendo ogni attitudine affettiva personale (simpatia, antipatia) e ogni giudizio morale.
Fondamentali, in questo contesto, sono gli studi pionieristici di Darwin sulle emozioni e sulla comunicazione mimica delle emozioni e gli studi recenti sui neuroni specchio, che confermano che l’empatia non nasce da uno sforzo intellettuale, è bensì parte del corredo genetico della specie.
Gioia, dolore, rabbia, paura, disgusto con tutte le loro sfumature si riflettono dentro di noi in quanto anche noi le viviamo e le conosciamo, per cui, nello stesso modo in cui il mio sistema specchio si attiva in presenza di un movimento conosciuto del quale posso condividerne il senso e il fine, così accade per le emozioni, per i sentimenti, per gli stati d’animo. I neuroni specchio intervengono enormemente anche in questo. Penso che noi Istruttori-Educatori, possiamo fare una riflessione su tutto ciò, chiedendosi in realtà a cosa sia indirizzata la nostra azione didattica e educativa.
Quindi?
Se noi Istruttori possiamo fare leva sulle capacità empatiche dei nostri bambini e sulle nostre, per facilitarli nel loro compito di apprendere, possiamo considerare altrettanto seriamente l’altra faccia dell’empatia, quella per cui i nostri bambini molto spesso sono portati a imitarci anche nelle nostre convinzioni, nei nostri valori e in quello che realmente noi siamo e manifestiamo: essi si vedranno attraverso i nostri occhi.
Che ci piaccia o no, siamo dei leader dell’insegnamento e deteniamo un potere. Serafino Rossini parla di due stili di potere:
– pretesa di dominio;
– etica di servizio.
La pretesa di dominio parla di un potere che si autoalimenta, che si accresce nel rapporto con gli altri, che si auto conserva e tende a mantenere la propria posizione dominante.
L’etica di servizio lavora per fare crescere l’effettivo valore degli altri, implicando con ciò una riduzione del proprio dominio, è un potere questo che paradossalmente rema contro se stesso, comunque è orientato a formare un individuo il più possibile libero e consapevole.
Penso che la possibilità di scegliere, che sia un metodo didattico, che sia uno stile di conduzione di potere, che sia un atteggiamento da utilizzare nelle più disparate occasioni, faccia parte non solo della competenza di un Istruttore, in quanto portatore di una materia, ma anche e soprattutto nel suo essere persona educante, persona che avrà una grande influenza sui bambini e sulle generazioni a venire.
Conclusioni
Mostrare l’azione per intero dovrebbe aiutare a capire il senso dell’azione, quindi a comprendere l’intenzione di chi mostra l’azione, infine di prevederne il risultato finale. Un ulteriore aiuto a comprendere le intenzioni dell’esecutore può essere il mostrare l’azione in un contesto generale più ampio. che il giocatore si crei una E’ importante che il bambino abbia una prima immagine corretta del movimento e ne comprenda il senso, il fine, lo scopo. E’ evidente che quando mostreremo la tecnica esecutiva di un gesto al fine di riprodurla, la mostreremo da fermi, evidenziando pochi punti salienti e cercando di portare a focalizzare l’attenzione dei bambini su di essi. Non è opportuno in questa prima fase insistere sui particolari, che andranno invece curati in un secondo momento attraverso le ripetizioni, cioè l’apprendimento per prove ed errori. Una delle evidenze sperimentali sui “neuroni mirrors” ha mostrato che ogni neurone risponde ad un’intera azione e non a parti della stessa e questo lascia intendere che vi sia una naturale predisposizione ad apprendere unità di senso. Ciò non implica che gli esercizi più analitici non debbano andare bene, ma semmai che siano proposti successivamente e soprattutto che con il passare del tempo si chiarisca il senso e lo scopo, così che il bambino possa sempre ricollegare l’esercizio alla tecnica completa, cioè ad un’unità di senso compiuto.
E’ sicuramente vero che i bambini dispongono di un alfabeto motorio di azioni base (non uguale per tutti), ma la loro corretta giustapposizione può avvenire solo nell’ambito dell’esecuzione di un’azione complessa. Vale la pena soffermarsi un attimo sul processo neurologico che sottende all’apprendimento di “nuovi” movimenti:
Da notare che da un po’ di anni a questa parte c’è stato un cambio di rotta delle Scienze Motorie a proposito dell’apprendimento di una tecnica: infatti, se prima si raccomandava un insegnamento per “step”, cioè frammentando il movimento e imparandolo ” pezzo per pezzo” per cui se non si era acquisita correttamente una parte del movimento non si poteva passare alla successiva, ora si raccomanda invece di far praticare la tecnica per intero, raffinandola successivamente attraverso le ripetizioni.
E questo cambiamento di rotta è senz’altro dovuto alla scoperta dei neuroni specchio.