Il Milan sceglie Sandro Tonali, oltre a Bakayoko, per rafforzare il centrocampo. Un ragazzo di vent’anni, chiamato al grande salto dalla provincia a San Siro: “Questa è l’incognita principale – sostiene Eraldo Pecci – perché sulle doti del giocatore non ci sono molto dubbi. Lo seguo da anni, ha tutto per giocare in una grande squadra, ma adesso dipende da lui. Senza mancare di rispetto a nessuno, un conto è il Brescia, tutto un altro conto è il Milan”.
Eppure, a vent’anni, Pecci, catapultato dal Bologna al Torino, impiegò pochi giorni a far capire a tutti di quale pasta fosse fatto. In una bella intervista televisiva, Paolo Pulici, il goleador dello scudetto del 1976, ha detto: “Nel calcio, bisogna saper fare. Io ho fatto prima l’operaio, a quattordici anni, e poi il calciatore, ho conosciuto il tornio prima del pallone. Ma in tutte e due le attività, bisogna essere capaci, bisogna dimostrare qualcosa. Pecci era giovanissimo, nessuno sapeva esattamente quanto potesse valere lui, né quanto potesse valere la squadra. Dopo poche partite, Pecci dimostrò a tutti come si guidava una macchina come la nostra, si fece dare le chiavi e non ci furono problemi. Quel Torino ebbe la fortuna di crescere in fretta, fino a conquistare uno scudetto che sembrava impossibile, visto che di fronte avevamo la Juve. Ricordo che nell’ultimo mese di quel campionato, tutti temevano che accadesse qualcosa di imprevedibile. Pecci era molto tranquillo, diceva che avremmo dovuto continuare a giocare così, senza pensare agli altri. Un segno di maturità. La Juve non rinunciava mai a niente, nella stagione successiva abbiamo fatto cinquanta punti su sessanta, e loro cinquantuno… Se ne avessimo fatti sessanta, chissà, loro ne avrebbero fatti sessantuno”.
Pecci ringrazia, ma corregge: “Pulici è un caro amico, è vero che le cose andarono in quel modo, ma io a vent’anni ho avuto una doppia fortuna. La prima: la mancanza degli stranieri, che non potevano proprio essere tesserati, mentre ora in qualsiasi squadra ce ne sono dieci, quindici. Il calcio va sempre collocato nel momento storico in cui si gioca, la realtà attuale non è paragonabile a quella di quasi mezzo secolo fa. La seconda: la presenza di un allenatore come Gigi Radice, che ha creduto in me, mi ha dato la sua fiducia e ne l’ha rinnovata anche dopo qualche partita in cui avrei potuto giocare meglio. Ecco, a Tonali e ad altri ragazzi, sopratutto delle squadre più ambiziose, io auguro questo: conquistare la fiducia del tecnico e avere il tempo per dimostrare di essere in grado di giocare ad alto livello”.
Esaurito il lungo preambolo, ecco Tonali analizzato da Pecci: “E’ un destro naturale, che ha imparato ad usare bene anche il sinistro. Può giocare in ogni posizione a centrocampo, direi che le cose migliori le ha mostrate da mezz’ala, con la sua buona visione del gioco e la capacità di giocare la palla ad uno, al massimo due tocchi. Ho notato che gli piace rischiare il lancio lungo verso le punte, dal momento che per arrivare in zona tiro non è necessario fare venti passaggi. Ha un repertorio completo e margini di miglioramento evidenti. Nel Milan può far bene, è un gruppo giovane, che lavora sotto la protezione di un totem come Ibrahimovic. Pioli avrà nella stagione che sta per cominciare quattro centrocampisti tutti molto validi: Tonali e Bakayoko, oltre a Bennacer e Kessie, che dopo la ripresa dello scorso campionato sono stati eccellenti”.
Tra gli aspetti che Tonali dovrà curare ce n’è anche uno di natura disciplinare: “Molti di questi ragazzi devono imparare a controllarsi meglio, ad evitare reazioni sciocche e quindi ammonizioni inutili, a non cercare il fallo quando non c’è, insomma ad avere comportamenti lineari. Soprattutto nelle partite internazionali, le continue proteste, le troppe parole, non vanno bene. Questo è un discorso di carattere generale, che riguarda anche Bennacer e, al di fuori del Milan, anche Barella. Barella ha grandi doti, ma deve rendersi conto che avere i nervi a fior di pelle lo porta a giocare meno bene di quanto non sappia fare”.