E’ il destino dei grandi atleti: macinare numeri strabilianti muovendo appena un dito! La vittoria di Nadal a Parigi rimanda all’idea che i record sono i record, miscela infiammabile che i fuoriclasse bruciano all’inseguimento di limiti apparentemente invalicabili, via via, invece, superati in un gioco senza fine. Un processo evolutivo che spinge qualità tecniche, fisiche e mentali verso livelli di prestazione sempre più elevati. Numerosi gli esempi. Nella velocità, il 10”2 di Jesse Owens alle Olimpiadi del ‘36 diviene il 9”9 di Carl Lewis ai giochi di Seul nell’88, fino al 9”5 di Usain Bolt ai mondiali del 2009 a Berlino.
Nel tennis, gli 11 slam di Rod Laver degli anni ‘60 lieviteranno, qualche lustro più tardi, ai 14 di Sampras per giungere ai 20 di Roger Federer dei giorni nostri. Un numero, quest’ultimo, considerato fino a ieri insuperabile, verso il quale, Rafael Nadal, in cuor suo, aveva bensì lanciato il guanto già da tempo. L’idea del primato l’ha sempre accarezzato e alla vigilia di questo Roland Garros traeva ulteriori fregole dal vederlo lì, a un tiro di schioppo, pronto a essere centrato. Per conquistarlo ha mosso più di un semplice dito. Ha giocato sette turni senza perdere un solo set e nel match clou ha fatto il diavolo a quattro per coprire angolazioni e smorzate imposte da un Djokovic dal sorriso amaro, anche lui alla ricerca del suo primato. Gli unici brividi a scendere lungo la schiena dello spagnolo sono giunti agli sgoccioli del terzo, quando ha sventato ogni reazione del serbo evitando un prolungamento che sarebbe stato uguale a un castigo di Dio.
E tredici, dunque! Un record che neanche la Next Gen tutta insieme potrà battere facilmente. Dominio assoluto del tennis terraiolo esercitato da un giocatore non più giovanissimo che ama la sfida come i personaggi tutti cappa e spada decantati da Calderon della Barca. Pochi sportivi hanno bucato il video come questo atleta coi lineamenti da indio, entrato nel cuore del grande pubblico già giovanissimo quando, chioma al vento, inseguiva la palla col coltello tra i denti mietendo precoci trionfi sui campi di tutto il mondo. E per non rimanere preda di sterili incognite, vale la pena indagare sugli aspetti di un possibile sorpasso. Tanto per vedere nelle spiccate qualità adattive del maiorchino un valore aggiunto nella conquista di altri Slam. Senza dire, poi, di quei globuli rossi armati di bazooka che fanno della vittoria una sua filosofia di vita.
Al pettine, bensì, sono in arrivo i 34 anni con i quali l’anagrafe di Manacor preclude al suo illustre cittadino lo status di creatura. Non sono pochissimi ma comunque meno delle 39 primavere che per Federer suonano come il preludio a un ingiusto declino. Dunque, pur votato a un tennis dispendioso, non è utopia assegnare all’iberico ancora un paio d’anni di buon tennis, che, salute permettendo, equivalgono a otto Slam ancora da giocare. E con la famelicità che gli è propria è verosimile vederlo sigillare almeno metà dell’intera posta in palio. Dunque, tutto farebbe pensare che il record di venti abbia già iniziato a vacillare nell’ottica di essere abbattuto a stretto giro di posta, assai più velocemente di quanto non sia avvenuto nei cento metri piani. Sarebbe l’ennesima occasione per dare al tennis nuova spinta verso confronti tuttora inimmaginabili. Forse non tutto si tradurrà in grande spettacolo, ma certamente assisteremo a prove di agonismo ancora oggi inesplorate.
*foto tratta da www.supertennis.tv