Chi gioca a tennis non capirà mai perché “Match point” non ha vinto l’Oscar. Woody Allen ha colto perfettamente lo spirito di questo sport: la caducità, la casualità, la variabilità di un net e di una riga, di un pensiero che balla insieme alla pallina gialla passando da coraggio a paura, da fiducia a delusione, da vittoria a sconfitta.
Tutto inseguendo le bizze e i saliscendi della nostra testa. La storia, nel tennis, cambia in un attimo, e bisognerebbe proprio costringere i tifosi più beceri e i leoni da tastiera a giocare loro almeno un game, se non un set, perché a chiudere una intera partita forse nemmeno ci arriverebbero. Così da verificare sulla propria pelle che cosa provano i gladiatori, laggiù nell’arena. Con l’aggiunta delle aspettative proprie e di chi li ama, e li finanzia.
Vogliamo mettere l’esperienza della frustrazione, del non riuscire a compiere un’azione che sembra facile, che ieri, anzi, un attimo prima, era semplice, e che invece sotto pressione o per una qualsiasi ragione, in questo momento non riesce più?
Che dire, che pensare, e che fare quando non riesci più a vincere un solo ”15” dopo aver dominato per quasi tutta la partita, magari dopo uno o più match point che sfuggono via? Come arginare la frana tecnica, tattica, psicologica e quindi anche fisica che ti travolge, fino a paralizzarti? Come gestire i due tiranni citati da Kipling, la vittoria e la sconfitta che, guarda caso, accompagnano con una famosa epigrafe gli attori a Wimbledon?
Come vivere l’angoscia del prima e del dopo partita, quei tremendi momenti di solitudine coi quali l’atleta di uno sport individuale – ancor più nello sport individuale per eccellenza come il tennis – deve imparare a convivere, anche se non impara mai a farlo davvero? Come apprendere a dominare la rabbia e la paura? Il rebus per uno schiavo della racchetta è troppo pieno di variabili in uno sport peraltro mondiale, che tutti giocano ormai bene, e dove il livello di di studio e perfezionamento ha raggiunto livelli altissimi.
A tutto questo, dobbiamo aggiungerci le caratteristiche, e quindi i valori diversi, di questa società. E il fattore social media che svela qualsiasi segreto e lo pubblicizza, lo ingigantisce, lo fa di tutti. Così, la vicenda di Sascha Zverev, assolutamente ingiustificabile, da condannare e punire, in altri tempi sarebbe stata sicuramente mascherata, filtrata, edulcorata. Invece oggi ci arriva diretta come un pugno sul mento. A noi, come a lui.
Smascherando un ragazzo viziato, giovane, bello, che ha tutto, anche troppo, che non ha mai dovuto chiedere, che è stato viziato dalla vita e da tutte le persone che ha avuto attorno, comprese le due donne che ha vessato e rovinato coi suoi terrificante comportamenti. Colpe per le quali pagherà sicuramente per il resto della vita, soprattutto umanamente.
Ma, sinceramente pur nei deprecabili eccessi, chi si stupisce veramente di comportamenti irresponsabili da parte di ragazzi tanto bravi già da giovanissimi nella loro prima attività e quindi tanto impegnati, totalmente immersi, in una solo campo tanto da essere inevitabilmente imperfetti, e quindi deboli, e fragili nelle cose della vita?
Jennifer Capriati, che nel tennis donne è diventata un dossier e anche un totem, si riproduce in realtà nei giovani eroi della racchetta al maschile. Che, guarda caso, cercano stabilità, anche nel calcio, sposando la prima compagna, la ragazza semplice, la prima amica di scuola, l’ex vicina di casa.
Guarda Daniil Medvedev, che certamente è chiamato ad esprimere sul campo una personalità e una fisicità assolutamente insolite, peraltro sotto la pressione della passata, trionfale, stagione. Che pressioni ha subito in questi mesi di insuccessi fino all’apoteosi di domenica a Parigi Bercy? Come avrebbe reagito senza la moglie e l’allenatore di sempre?
L’ultimo sfogo/confessione del campione dei campioni combattuti, Nick Kyrgios sottolinea questi delicati aspetti degli atleti così totalmente e indissolubilmente, dediti al loro sport. Il 25enne australiano è forse il più contento di tutti gli atleti del mondo per il lockdown che gli ha permesso di vivere da uomo qualunque. Non gioca una partita vera dal 26 febbraio, quand’ha perso ad Acapulco contro Ugo Humbert.
Da allora s’è rintanato nella sua Canberra, con amici e parenti, e oggi racconta quello che tutti avevano già capito: “La gente non capisce quanto solitario possa essere questo sport. Una volta mi sono svegliato a Shanghai alle quattro del pomeriggio e non volevo vedere la luce del giorno. All’epoca, ero seriamente depresso. Avevo la sensazione che nessuno volesse conoscermi come persona, che volessero solo usarmi, non mi sentivo in grado di credere in alcuno. E mi sono trovato in un posto solitario e scuro”. Così ha detto al Sunday Telegraph, confessando di “aver perso il controllo. Tanta gente mi spingeva e io stesso lo facevo. Ma avevo paura di andar fuori e parlare con gli altri. Pensavo che li avrei delusi perché non vincevo”.
Gli alti e bassi di Kyrgios sono già proverbiali, nel 2019, nella sua ultima stagione full time, ha vinto 23 partite su 37, aggiudicandosi Washington ed Acapulco, battendo rispettivamente in finale i protagonisti di domenica a Bercy, Medvedev e Zverev. Anche se poi ad agosto, dopo l’incidente di Cincinnati con le solite intemperanze contro l’arbitro che hanno fatto salire il monte delle multe a 100.000 euro, ha gettato benzina sul fuoco: “L’ATP è corrotta, per cui non ci perdo certo il sonno”.
In realtà, Nick non sopporta la routine fuori casa e quando va in ebollizione è capace di qualsiasi cosa. Come due anni fa a Roma, quando si stufò dell’avversario, Ruud, e se ne andò dal campo lanciando una sedia. Ma poi è un cucciolo buono e gentile che proclama: “La gente dice spesso che la mamma è una buona cuoca, nel mio caso è davvero così”.
Oggi, che è sereno, che non ha pressioni, e si fa selfie sempre col sorriso, professa amore profondo per la fidanzata, Chiara Passari, di chiare origini italiane, con la quale condivide la passione per la NBA, ma ammette: “Certo che mi mancano le mie partite, ma io non vivo o respiro tennis. Ci sono altre cose che mi piace fare”.
Nick è generoso, si occupa di più iniziative di beneficienza, sia a favore delle vittime degli incendi che hanno funestato l’Australia ad inizio anno, che dei bambini che vivono in condizioni disagiate. Ha donato personalmente 7000 dollari di cibarie e ha promosso la campagna casa per casa di raccolta di beni di consumo per i meno abbienti. Sarà al via della nuova stagione, a casa sua, sicuramente il 18 gennaio a Melbourne Park per gli Australian Open. Ma poi? Chissà. A 25 anni dovrebbe essere coi colleghi a giocare le ATP Finals di Londra, ma è più felice di vivere una vita più equilibrata e in pace con se stesso.
Articolo ripreso da: Supertennis.tv