In un’intervista via Zoom condotta in inglese al Times, Massimiliano Allegri torna a parlare e lo fa spiegando come intende il calcio, le sue passioni fuori dal campo e i progetti che vuole realizzare. Partendo dall’amore per le corse dei cavalli: “Le adoro e non a caso. Posso capire come si sente un mio giocatore dal modo in cui corre, dal suo body language. Lo stesso avviene quando osservi come si muovono i cavalli prima della corsa. Da lì puoi capire quale si sente meglio. Sono convinto che sia lo stesso per i giocatori. I cavalli da corsa sono atleti a tutti gli effetti, con la differenza che non ti possono parlare… Il mister deve però essere uno psicologo. Soprattutto. Allenare è 80% psicologia e 20% tattica, devi saper leggere la testa dei tuoi giocatori perché sono giovani, quasi bambini. Bisogna parlarci ogni giorno, sapere tutto di loro e capirne i problemi. Che sono diversi se hai 18 anni o sei hai da un pezzo superato i 30. Quando un allenatore deve mettere in panchina un giocatore, è importante che lui abbia fiducia nel tecnico”.
Henry Winter, capo sezione calcio del Times e autore dell’intervista, sottolinea la capacità di Allegri di aver saputo ottenere il massimo da molti giocatori: “Max non osserva nessun rigido schema tattico, avendo fatto giocare la Juve dal 3-5-2 al 4-2-3-1 al 4-3-3 ed essendosi adattato ai suoi uomini. Ha cambiato posizione a Mario Mandzukic spostandolo a sinistra e arretrandolo, ma ottenendo benefici offensivi da quella posizione. Con lui sono cresciuti anche Morata, Pogba e Pjanic”. Allegri precisa: “È evidente che la squadra deve avere equilibrio e organizzazione, ma le partite le decidono i giocatori. In Serie A dobbiamo invertite la rotta, siamo soffocati dalla tattica. Dobbiamo recuperare il nostro vecchio stile di gioco adattandolo ai nuovi modelli. A Coverciano la cultura deve cambiare. Bisogna valorizzare il cuore e la testa dei giocatori, non riempirla con mille confuse idee tattiche, che portano ansia e confusione. I giocatori sono uomini pensanti, non robot che rispondo a comandi. Se parti solo dalle tue idee di calcio e non dal materiale umano che hai a disposizione, commetti un grosso errore. È la forza mentale dei giocatori che ne determina il successo. Tra i giocatori che ho avuto, i migliori in questi termini sono stati Chiellini, Nesta, Gattuso, Seedorf, Ibrahimovic e Ronaldo. Cristiano è unico, ha una testa diversa da tutti gli altri. Ha vinto 5 Palloni d’oro, 5 Champions League e un Europeo ma cerca ogni anno di fare la differenza e porsi un nuovo obiettivo”. È così eccessivo e forzato, aggiungiamo noi, che Allegri tra Ibrahimovic e Rinaldo preferisca quest’ultimo?
Quanto alla (poca) importanza che attribuisce alla tattica e agli schemi, Max sembra ribadire non solo ai suoi detrattori in questo senso, Arrigo Sacchi e Lele Adani in primis, ma anche ad Andrea Agnelli (che dopo anni di successi ha deciso di rivolgersi altrove, pur essendosi i due lasciati in ottimi rapporti), che non è con la ricerca del bel gioco o dell’organizzazione tattica oliata al meglio che si conquistano i maggiori successi. Concetto questo più complesso di quel sembra, come emerge dal resto dell’intervista, in cui Allegri manifesta il desiderio di allenare in Inghilterra. “Mi piacerebbe moltissimo. Ogni nazione ha la sua storia ed è molto difficile cambiarla, l’Inghilterra è diversa dall’Italia, che è diversa dalla Spagna e dalla Germania. Così come è difficile cambiare la storia di un singolo club. Il Manchester United ha giocato per 50 anni nello stesso modo. Quando arrivò Van Gaal, voleva far giocare lo United col suo stile, col possesso palla, ma al Manchester hanno sempre ragionato col “metti la palla in area (il famoso “Get the boll in the box”, nda), attacca, crossa, metti la palla in area, attacca, crossa. L’Arsenal è diverso dallo United, così come in Italia la Juve è diversa dal Milan. La storia dei bianconeri è stata ed è avere ogni anno un grande giocatore in squadra, Zidane, Del Piero, Platini, con tutti gli altri a fare il lavoro duro. Nel Milan è diverso. Berlusconi ha una mentalità differente, per vincere la Champions è convinto ci vogliano più di una sola stella. Per un tecnico è fondamentale l’esperienza dell’ambiente in cui ti trovi. Al Milan capii la loro storia e quello che volevano, non si gioca con tre difensori, sempre con quattro. Alla Juve invece è molto diverso, puoi giocare con tre o quattro”.
Sempre cercando di interpretare le sue parole, Allegri non sembra dire che per vincere la Champions servano molti grandi giocatori e un gran gioco e infatti i migliori risultati in Champions li ha fatti alla Juve (due finali) e non al Milan (dove non è andato oltre i quarti di finale), ma parlando di storia di rossoneri e bianconeri in quel modo rimanda a una delle ultime interviste alla Juve, in cui spiegava che “le idee alla Juve e al Milan sono diverse”. Insomma da questa intervista emergono due filosofie diverse, più corale a Milano e più individualista a Torino, ma non si trova una vera risposta al perché la Juve sia più efficace in campionato e il Milan in Champions. Interpretazioni dei rispettivi tifosi a parte, Andrea Agnelli nell’esonerare Allegri sembra aver dato ragione a chi vede per la Champions la necessità di strutturarsi con una corazzata perfetta sia come stelle sia come organizzazione di gioco votata allo spettacolo. Proprio lo spettacolo, latitante soprattutto nelle ultime due stagioni di Allegri alla Juve, è stata la maggiore critica mossa all’allenatore livornese. Però, dopo il fallimento dell’esperimento Sarri, anche Pirlo sta avendo molti problemi di risultati con le piccole squadre. Solo il futuro ci dirà chi avrà avuto ragione, certo non sono pochi gli juventini che rimpiangono il pragmatismo del mister toscano.
Proseguendo nell’intervista, Max precisa che gli allenatori possono anche cambiare il DNA di un club: “Al Tottenham, Mourinho ha trovato il giusto equilibrio tra pragmatismo e tattica. Sa capire i suoi giocatori, ottiene da loro il massimo e lui ci mette la strategia. Sta facendo un gran lavoro. Anche Guardiola ha fatto benissimo, sfruttando il fatto che il City non ha una grande storia come lo United, per cui ha potuto impostare il suo credo tattico più facilmente. Il calcio inglese sta crescendo grazie a molti allenatori stranieri, che hanno portato altre tattiche di gioco, ma c’è un ottimo equilibrio in Inghilterra tra il suo spirito tradizionale e le innovazioni portate dall’esterno. Anche Klopp sta facendo sfracelli grazie all’equilibrio tra miglior attacco, grande difesa e la qualità data dai migliori giocatori. Lo sono perché sono veloci e tecnici, ma forti fisicamente e mentalmente. Un altro grande coach straniero in Premier è, per il mister livornese, Marcelo Bielsa: “Il Leeds non ha top player in squadra, ma lui li sa far giocare come un team compattissimo, come un sol uomo, correndo tantissimo. Correre intensamente nel calcio non è fondamentale ma aiuta eccome!
Leggendo tra le righe, secondo il mister di Milan e Juve esisterebbero squadre con una mentalità che si può cambiare, come Tottenham e City e altre la cui tradizione è troppo forte, su tutte lo United, dove anche i tecnici da lui elogiati non avrebbero potuto cambiare approccio di gioco. Il fallimento di Mourinho a Manchester sembra quasi confermare questa tesi.
Infine un appello all’Uefa, perché riduca da venti a 18 il numero di squadre nei campionati: “Solo così possiamo migliorare il calcio. Giochiamo troppe partite, ne risente la qualità. Guardiola e Klopp la pensano come me. Secondo Winter, Allegri ha tutto per allenare in Premier, a partire dal carisma e dal fatto che non ama solo il calcio. Soprattutto l’ha conquistato il suo amore per la fantasia, al di là dei luoghi comuni sulla fantasia italica: “Mio nonno mi diceva che la fantasia è la chiave per lavorare. Nel nostro lavoro, dobbiamo lavorare intensamente, ma serve vincere. Quando vinci, seri contento per un’ora o due, ma quando perdi ci pensi molto più a lungo. Ecco, per migliorare dobbiamo pensare a come ci sentiamo dopo una sconfitta”.