Sabato prossimo la Nazionale italiana di rugby maschile scenderà in campo per giocare la sua terza partita del Torneo delle 6 Nazioni e come accade ormai da anni si riaccende anche la polemica sulla gestione del rugby italiano. Solo che quest’anno il dibattito si fa più acceso perché questa edizione del torneo si accavalla con le imminenti elezioni federali in programma il prossimo 13 marzo. Elezioni molto più sentite per numero e qualità dei candidati (partiti in 7, sono ora 5) e per l’esito non scontato che alimenta la speranza di un cambiamento tanto desiderato quanto evocato e giustificato dalla freddezza dei numeri: il Guinness Sei Nazioni 2021 dell’Italia è iniziato come gli ultimi 5, con delle sconfitte (91 punti subiti e solo 27 segnati contro Francia e Inghilterra) per raggiungere quota 29 ko consecutivi nel Torneo.
La posta in gioco dunque è alta, quanto le aspettative della base del movimento del rugby italiano che sebbene non si sia mai stancata di dare il suo supporto agli Azzurri, pretende anche delle risposte. E i candidati lo sanno, hanno fiutato che il vento è mutato e che per “arrivare” ai loro elettori devono cambiare anche le modalità “del gioco”.
E in effetti se dobbiamo rilevare un primo chiaro segnale che arriva dalla campagna elettorale per la Federazione Italiana Rugby, appare evidente come tutti hanno compreso e dato la giusta importanza al marketing, attivando agenzie di comunicazione che li supportano a 360 gradi. Se infatti nel passato le elezioni erano un evento puramente interno, senza un’eccessiva necessità di dover mettere in piedi una vera e propria struttura di comunicazione, oggi non c’è candidato che sia sprovvisto di un sito e di una presenza sui social media.
Avventuriamoci allora in una prima analisi delle strategie adottate dai 5 candidati rimasti in corsa per la presidenza della FIR, senza entrare nel merito dei contenuti, ma esclusivamente analizzando l’approccio di ciascun di loro – rigorosamente in ordine alfabetico – dal punto di vista di marketing e di comunicazione. E proviamo a darne una valutazione.
Alfredo Gavazzi (presidente uscente – classe 1950)
Gavazzi è stato il primo, otto anni fa, a dare vita a un gruppo, denominato “Rugby Futuro”, che lo sosteneva, con tanto di sito, rugbyfuturo.it, con contenuti, presentazione on-line e programma scaricabile. Tuttavia oggi sembra rimasto indietro sotto il profilo del marketing: il sito non risulta aggiornato e questa volta il programma, non scaricabile e inviato per e-mail, ricalca grafica e impostazione delle passate edizioni. La presenza sui social media è inesistente fatta eccezione per il profilo twitter al quale affida le comunicazioni ufficiali. Da chi ambisce al terzo mandato ci saremmo aspettati qualcosa di più.
Marzio Innocenti (classe 1958)
Innocenti fa parte di “Renovatio Italia rugby”, renovatioitaliarugby.it, gruppo che ha attivato sia un interessante sito che un’attiva pagina Facebook e un canale YouTube. L’immagine è ben curata anche se ci sentiamo di fare due osservazioni: il nome, che è difficile da ricordare e privo di impatto, e il logo, che sembra più un pallone da football americano che una palla da rugby. A parte queste note, la loro produzione è ricca e anche il programma è ben curato, 10 pagine più 3 di allegato.
Giovanni Poggiali (classe 1971)
Poggiali fa parte di un movimento, nato nel 2016, chiamato “Pronti al Cambiamento”, prontialcambiamento.it. La campagna elettorale è portata avanti, dal punto di vista mediatico, attraverso un sito ricco, una pagina Facebook estremamente attiva, costantemente aggiornata dove sono inseriti diversi contenuti video, ben prodotti seppur con un taglio artigianale. L’immagine del programma (55 pagg.) è curata e in linea con il sito.
Nino Saccà (classe 1951)
Saccà, sostenuto da “Uniti per il rugby italiano” (unitiperilrugbyitaliano.com) ha messo in campo un sito ben fatto e una pagina Facebook mediamente attiva. Non ha investito nella produzione di contenuti video e il programma, inizialmente, è stato pubblicato con un gigantesco errore di battitura proprio nella parola rugby, trascritta erroneamente in rubgy (nel titolo del programma e riportato poi in ogni pagina, diciotto) e sebbene siamo coscienti del fatto che solo chi non fa non sbaglia, trattandosi di comunicazione non è certo un buon biglietto da visita.
Paolo Vaccari (classe 1971)
Vaccari, sostenuto da “Rugby 2030”, rugby2030.org, per colmare il gap temporale della candidatura – è stato l’ultimo ad ufficializzarla – ha messo in campo una campagna di marketing e comunicazione molto “aggressiva”. Dal punto di vista della “personal image” abbiamo notato infatti la nascita di una pagina Facebook personale, non utilizzata per la campagna elettorale, ma capace di raccogliere, da ottobre a febbraio, 20.000 followers, a riprova dell’apprezzamento di Vaccari come atleta che ha contribuito a portare l’Italia nelle 6 Nazioni. Una mossa che è piaciuta e che ci auguriamo continui anche dopo la primavera. Dal punto di vista invece della pura campagna elettorale, Rugby 2030 si presenta con un sito, una pagina Facebook e un canale YouTube dedicato. Molto interessanti sono i video, che si distinguono dagli altri per il taglio decisamente professionale, da studio cinematografico. Anche il programma, il più corposo con le sue 55 pagine, ha un’impostazione grafica molto curata, con un pregevole lavoro d’impaginazione e selezione delle immagini.
La campagna social
Proviamo ora ad analizzare quello che viene denominato “sentiment” che i nostri candidati raccolgono sui social media e che ci può dare una visione del profilo dei sostenitori, dell’approccio dei candidati e dell’umore generale nei confronti di ciascuno di essi.
Salta subito all’occhio come quella di quest’anno sia una campagna elettorale che appassiona molto la base del movimento soprattutto grazie alla presenza della maggior parte dei candidati sui social media, principalmente su Facebook (in Italia la piattaforma social numero uno), che rende molto più semplice seguire tutti i comunicati e le dichiarazioni, dire la nostra animando la discussione e – perché no – suggerire anche nuovi contributi ai programmi dei singoli candidati.
Gavazzi: nei post risulta essere il più criticato con un numero esiguo di sostenitori che, quasi rassegnati, si limitano a dire che “la situazione attuale non è tutto colpa sua”. Il numero di critiche negative nei suoi confronti è molto alto e il sospetto è che la scelta di non avere alcuna presenza sui social sia stata presa a tavolino, onde evitare di creare un facile bersaglio, per i leoni da tastiera e gli haters, super attivi in questa campagna elettorale. Risultato: negativo.
Innocenti: i suoi sostenitori non sono numericamente in maggioranza, ma sono tra i più solerti, in una costante campagna di sostegno. Risultano però essere anche i più aggressivi verso gli altri candidati. Innocenti sostiene questo indirizzo e se non lo fa lui direttamente ci pensano i suoi colonnelli, Massimo Giovanelli in primis. Risultato: ultras.
Poggiali: può contare su di una base solida di apprezzamenti e followers nei social. Chi lo segue si divide in un 20% molto appassionato, con un atteggiamento simile ai sostenitori di Innocenti, e un 80% che potremmo definire “fanno il tifo pro Poggiali e non contro gli altri”, un approccio molto da appassionati di rugby. La produzione di contenuti di Pronti al Cambiamento è importante e si concentra sui temi cari all’elettorato. Hanno un atteggiamento di apertura e non fomentano lo scontro. Risultato: positivo.
Saccà: ha un esiguo numero di sostenitori e di produzione di contenuti, ma non risulta nemmeno essere bersaglio di critiche eccessive. Sui social si limita ad avere un basso profilo, limitandosi a presentare il proprio programma e alcuni approfondimenti. Gli appassionati presenti sui social non sembrano essere molto attivi nei suoi confronti, né in positivo né in negativo, forse perché non lo ritengono uno dei “cavalli vincenti”. Risultato: neutro.
Vaccari: ha tanti sostenitori a livello personale che ne ammirano i successi, di sportivo e di uomo; i commenti più frequenti sono infatti attestati di stima a livello personale. Come azione di marketing, la sua squadra, Rugby 2030, essendo partiti solo a dicembre, è riuscita a colmare un prevedibile gap, specie nei confronti di Innocenti e Poggiali, già presenti sui social da diversi anni. L’impostazione è quella di un dialogo costruttivo, privo di ogni tipo di polemica, nonostante le provocazioni. Forse proprio perché arrivati in extremis l’obiettivo è sfruttare al meglio il tempo a disposizione per esporre i contenuti del programma e presentare al meglio il candidato. Risultato: positivo.
Benedetta Borsani