È difficile che il bambino arrivi al massimo livello delle sue possibilità, se non si verifica una somma di fattori favorevoli che riguardano la Famiglia, la Società Sportiva, l’Istruttore e l’ambiente.
E’ impensabile che il bambino raggiunga la propria massima espressione motoria e sportiva, partendo da una cultura dello sport attuale che privilegia il risultato!
Attualmente, molto spesso, lo sport sottopone il bambino a pressioni sempre più incalzanti, ma non lo prepara a concretizzarle, gli chiede troppo o troppo poco o, meglio, non gli chiede ciò che sarebbe in grado di dare e purtroppo non riesce a formarlo in modo che non viva l’avventura sportiva come una richiesta sempre eccessiva e opprimente.
L’attività sportiva attuale:
– obbliga il bambino a seguire schemi rigidi a spese della creatività e dell’iniziativa;
– si aspetta che il bambino sia in grado di creare soluzioni nuove e non previste durante la gara, ma purtroppo lo allena solo a imitare e a ripetere;
– spinge il bambino a esasperare i toni agonistici, la frenesia e l’attesa spasmodica della gara;
– vuole che il bambino giochi con i compagni, ma non lo allena a ragionare, a pensare, a proporre e a produrre insieme;
– trasmette al bambino soluzioni già definite, non favorisce il desiderio di scoperta e ostacola la produzione di iniziative personali;
– spesso chiede comportamenti opposti a quelli che insegna, forma un esecutore, mentre ha bisogno di un bambino che sappia decidere e agire autonomamente;
– non aiuta il bambino a conoscere e a regolare le proprie capacità e si aspetta che le sappia amministrare;
– esercita una conduzione che non chiede di pensare, scegliere e decidere.
La funzione educativa
La funzione educativa ubbidisce ad una regola fondamentale: colui che educa trasmette i propri stessi caratteri e modelli di comportamento.
Se l’Istruttore non riconosce l’individualità della persona, forma un soggetto che, fedele al modello acquisito, attende l’ingresso nell’età adulta per poter esercitare lo stesso comportamento.
Allora cosa bisogna fare?
C’è una grande “ ignoranza generale” sul concetto di praticare lo sport e di giocare allo sport a livello di bambini. Secondo me è molto meglio “giocare allo sport” che praticarlo, è più educativo e rispetta il bambino.
La formazione che propongo cerca, invece, di formare un bambino adeguato a tutte le esigenze dello sport e dell’ambiente culturale in cui vive.
Bisogna VOLTARE PAGINA, bisogna creare una base multilaterale, sulla quale innestare successivamente le conoscenze per l’avviamento ai giochisport.
Per questo, l’Istruttore-Educatore deve:
– trasmettere comportamenti, conoscenze, norme, convinzioni, valori e aspirazioni comuni e creare un clima che induca il bambino ad assumerli e a utilizzarli secondo le proprie attitudini e poi a farli evolvere nella misura consentita dalla sua dotazione creativa;
– intervenire anche su una “somma” di meccanismi, facoltà e attitudini più strettamente individuali che connotano il bambino nella sua completezza: la creatività, la fantasia, l’originalità, la critica, la curiosità, l’iniziativa, il coraggio e tutto ciò che concorre ad interpretare la realtà e a farla evolvere. Include la capacità di mettersi al servizio della funzionalità collettiva, di scegliere le soluzioni più efficaci, di saper acquisire dalle esperienze e trasformarle in bagaglio personale.
Come può lo sport trasformarsi per il bambino in uno strumento educativo?
Si può trasformare perché:
- al bambino piace fare attività sportiva;
- può educare il bambino a “giocare allo sport” e “a non praticarlo”;
- non ha bisogno di altre motivazioni per catturare l’interesse e l’attenzione del bambino, ma possiede anche altre e più specifiche potenzialità adatte allo sviluppo di una persona completa;
- allena all’autonomia, alla libertà, all’iniziativa e alla responsabilizzazione;
- stabilisce regole dentro le quali permette al bambino di esercitare tutta la creatività e iniziativa e pretende che siano sempre rispettate;
- sviluppa il sentimento sociale e abitua a cooperare (mettersi al servizio degli altri);
- pone come tratti essenziali del rapporto, la stima, la partecipazione, , lo scambio paritario, il rispetto, la disponibilità;
- allena al coraggio, cioè a mettersi alla prova anche quando è possibile andare incontro a una sconfitta o a uno svantaggio personale e a tentare anche quando gli sforzi possono sembrare inutili;
- allena alla sua forma forse più evoluta, che è il saper cercare, ammettere e correggere i propri errori;
- insegna a pensare, a valutare e a proporre e permette ad ognuno di portare i propri contributi di idee e di iniziative;
- chiama il genitore a partecipare e gli offre gli strumenti e le conoscenze perché si trasformi in uno stimolo positivo.
“Il gioco è il lavoro del bambino” (Maria Montessori), facciamolo giocare anche allo sport!