Si sono conclusi i tre Campionati Mondiali della neve (Sci Alpino, Biathlon e Sci Nordico) e per chi non se ne fosse accorto la Norvegia ha raccolto un totale di 48 medaglie, di cui 22 d’oro. Un totale di 31 – con 13 d’oro – nello Sci Nordico! La cosa meriterebbe alcune paginate sui giornali sportivi, dove si e no abbiamo letto i risultati del Biathlon e dello Sci Nordico. Solo per dare una dimensione di ciò va ricordato che ai Giochi Olimpici Invernali del 2018 la Norvegia aveva si dominato il medagliere, ma “solo” con 39 medaglie, di cui appena 14 d’oro! E ciò su oltre 100 gare, mentre qui parliamo di un totale di 41.
Ora, dalla neve, si sta passando ad altri Mondiali per lo più sul ghiaccio. A maggio avremo persino il Curling e i contestatissimi mondiali di Hockey, che si svolgeranno anche loro in primavera inoltrata, previsti in Lettonia che ha sostituito la Bielorussia. Così, solo a fine maggio sarà possibile stilare una “proiezione” delle medaglie in vista di Pechino 2022.
Ma a proposito di Ghiaccio non voglio perdere l’occasione di parlare di quella notizia “sparata” alcune settimane fa sulle gare olimpiche di Ghiaccio (Pattinaggio di velocità) da spostare da Baselga di Pinè – sede indicata nella candidatura vincente Milano/Cortina – a Milano, specificatamente nell’Arena Civica Napoleonica intitolata a Gianni Brera.
Va detto che esistono due momenti diversi nella collocazione delle sedi di gara in una città olimpica. Esiste il momento della candidatura e quello dell’organizzazione. Al momento della candidatura le logiche sono legate alle garanzie politico/finanziarie che si è in grado di presentare per soddisfare i manuali del CIO. La Candidatura di Milano/Cortina ha rispecchiato in pieno la situazione politica italiana, frammentata e litigiosa. E così le 15 specialità olimpiche (di 7 Federazioni Internazionali distinte) sono finite in quattro diverse Regioni e in cinque Provincie, con una suddivisione da “manuale Cencelli”. Di fatto 15 diversi Campionati del Mondo. Ma di questi tempi, onestamente, in Italia non si poteva far meglio.
Esiste poi un secondo momento, quello organizzativo dove quel che conta di più sono la parte sportiva e quella logistica. Qui comandano le Federazioni Internazionali. In tutti i Giochi Olimpici il cambiamento di sedi da quelle presentate al momento della candidatura al momento organizzativo è un “must”. E questi cambiamenti sono stati sempre giustificati dagli interessi sportivi/logistici e, non ultimi, anche da quelli
finanziari.
Nel caso di Milano/Cortina sono in corso due grandi battaglie. Una sullo Sci Alpino ed un’altra sul Pattinaggio di velocità. Lo Sci Alpino nel momento della candidatura è stato previsto fra Bormio e Cortina d’Ampezzo. Ho la sensazione che dopo i Mondiali appena svoltisi proprio a Cortina, la Federazione Internazionale abbia cominciato a domandarsi: perché dividere questa disciplina in due sedi? Va ricordato che per coprire la distanza fra Bormio e Cortina d’Ampezzo occorrono dalle 5 ore e mezzo alle 6 ore e mezzo (a seconda del mezzo di locomozione che il più delle volte non è l’auto veloce, senza dimenticare lo stato delle strade). È vero che in base al programma-gare si potrà arginare questa difficoltà, ma rimane la grande difficoltà per tecnici, dirigenti, giornalisti della carta stampata e delle televisioni di affrontare queste distanze. Vedremo cosa accadrà.
Per quanto riguarda il Pattinaggio di velocità al momento della candidatura è stato previsto a Baselga di Pinè (Provincia di Trento). Si tratta (forse) dell’unico impianto esistente in Italia, per di più scoperto. Baselga di Pinè è sicuramente una culla per questa disciplina, può vantare un clima ideale essendo a circa 1000 metri di altitudine in una cittadina di 5000 abitanti. Al momento della candidatura era stato previsto il rifacimento della pista e la copertura della stessa con una capienza di 5000 spettatori, per un costo, tutto da verificare, di oltre 32 milioni.
Ora, è intervenuta la Federazione Internazionale (ed il CIO) che vede divise le sue diverse discipline di pattinaggio (Short track e Pista lunga) in due diverse sedi: Milano e Baselga di Pinè. Anche qui parliamo di 3 o 4 ore per coprire la distanza tra le due località (a seconda del mezzo usato). Va ricordato che alcuni atleti (anche medagliati) gareggiano in ambedue le discipline e che su Milano sono previste altre discipline del ghiaccio (Pattinaggio di figura ed Hockey). Ecco che un “polo tutto Ghiaccio” a Milano ha giustificato la spinta del CIO e della Federazione Internazionale.
La situazione ha portato all’esperimento, in corso, di una pista di ghiaccio all’interno dell’Arena Civica Napoleonica Gianni Brera. Soluzione sicuramente fascinosa, ma che presenta una serie di dubbi e di “ma” di non poco conto. La mia esperienza con il ghiaccio è legata ai Giochi di Torino 2006 quando, nel mezzo di un’infuocata estate, quando dovevo un giorno sì ed un giorno no gestire le preoccupazioni, per di più con le dimissioni, di Ivo Ferriani (allora Sport Manager della pista di Bob, in seguito molto di più) e quelle di Hugo Herrnhof (Sport Manager delle specialità di pattinaggio e medaglia olimpica nello Short track). Provo ad elencare alcuni dubbi e alcuni “ma”.
1) Una pista all’aperto a Milano (impensabile coprire l’Arena) è un rischio tecnico di non poco conto. Se nel 2026 dovessero ripetersi le temperature avute questo anno a febbraio ci sarebbe il rischio di avere un ghiaccio “papposo”. Aggiungiamo il rischio della pioggia e dell’umidità tipica di Milano. Insomma per utilizzare una parola molto in uso, non sarebbe certo un ghiaccio “performante”.
2) La capienza dell’Arena (15.000 posti) è fuori misura. In precedenti edizioni i Giochi Olimpici le capienze sono sempre state tra gli 8000 e i 10.000 posti. Milano non ha la tradizione di Amsterdam nel pattinaggio di pista lunga e nei giorni del programma e nelle lunghe sessioni di gara non sarebbe facile riempire le tribune.
3) La configurazione di una pista di pattinaggio veloce è molto differente da quella per l’atletica. È vero che sono ambedue di 400 metri, ma nel ghiaccio le curve sono molto più strette (85 metri di raggio) di quelle dell’atletica (100 metri) e quindi l’angolatura delle curve è diversa. Di conseguenza anche i rettilinei sono di lunghezza differente. Aggiungo che le piste di ghiaccio in pista lunga hanno una corsia interna (da riscaldamento) di 4 metri di ampiezza. Che impatto avrebbe, passati i Giochi, quella pista rispetto a quella di atletica?
4) L’Arena è un impianto di grande valore storico. Inaugurato nel 1807 alla presenza di Napoleone, ha visto nei decenni successivi di tutto, dalle finte battaglie navali fino al Wild West Show di Buffalo Bill (William Frederick Cody) in occasione della Esposizione Internazionale del 1906. Poi ha ospitato a lungo Calcio, Rugby ed Atletica. Ma proprio per questa storia, la sua configurazione è particolare ed anche protetta da potenziali cambiamenti. Va anche ricordato che nelle grandi manifestazioni dell’atletica, sebbene svoltesi con grande successo, servizi per gli atleti e per TV e stampa, tribune per pubblico e VIP si sono dimostrati inadeguati, figuriamoci per i Giochi Olimpici.
Infine due ulteriori “ma”.
Uno riguarda l’atletica: dopo tanto penare è riuscita a riguadagnarsi l’Arena con una nuova pista (tralascio la storia dell’attuale affidamento in gestione ad una società quasi fantasma, … questa è un’altra storia). Una
“occupazione” olimpica con il ghiaccio significa una indisponibilità che può andare dai 6 ai 9 mesi. A Torino nel 2006 per raggiungere l’optimum della pista del ghiaccio nell’Oval del Lingotto, al coperto, ci sono voluti oltre 6 mesi. In questo caso bisognerebbe calcolare anche il tempo necessario per il ripristino, forse per una nuova pista di atletica. Se va bene occorrerebbero altri 6 mesi, considerando il periodo e la stagione.
Non va poi dimenticato che all’Arena sono stati battuti 14 primati mondiali d’atletica (9 delle quali in attuali gare olimpiche). Credo che all’Arena ci sia (o c’era) una targa che li ricorda. Un percorso nobile: dai record della marcia di Callegari e Pavesi, a quelli di mezzofondo di Beccali ed Harbig, ai lanciatori Consolini, Sidlo e Lievore, fino a Paola Pigni e Marcello Fiasconaro e ai più recenti di Moses e Kozakiewicz. Molti di questi sotto gli occhi proprio di Gianni Brera.
Credo che la FIDAL Nazionale e quella Regionale dovrebbero essere estremamente vigilanti in materia. Milano e la Lombardia sono atleticamente troppo importanti. La sola possibilità di accettare una soluzione del genere è che Comune e Comitato Organizzatore dei Giochi 2026 costruiscano, nell’anno precedente ai Giochi, un nuovo impianto polifunzionale di Atletica. Terreni a parte, ammesso che ce ne siano, parliamo di 2 o 3 milioni di euro.
L’ultimo “ma” è legato ai costi ed alla eventuale “legacy”. Sul costo di Baselga di Pinè mi sono attenuto a quanto previsto nella Candidatura. Lì sicuramente ci sarebbe una “legacy” per le tradizioni maturate in questi anni. Il costo per Milano sarebbe sicuramente inferiore, forse “solo” una decina di milioni, anche considerando le importanti infrastrutture temporanee necessarie, ma la “legacy” sarebbe zero, in quanto dopo i Giochi rimarrebbe solamente il ghiaccio da fare in cubetti e servire per l’apericena sui Navigli.
La soluzione per chi scrive? Andare a Torino all’Oval del Lingotto dove, con una cifra nettamente inferiore, si può rimettere in uso la pista dei Giochi del 2006. La distanza da Milano e Torino è di soli 45’ con il treno veloce. Distanze, costi e “legacy” soddisferebbero tutti, forse ora anche Cencelli.
*articolo ripreso da www.sportolimpico.it