I Campionati Europei Indoor sono ormai alle nostre spalle. Ho letto con interesse i vari articoli pubblicati e commenti ricevuti. Nell’atletica siamo amanti dei numeri e siamo capaci di spaccarli in quattro. Ma così come campioni del passato non possono essere paragonati a quelli di oggi, così statistiche di campionati del passato non essere paragonati a quelli di oggi.
Solo per dare un esempio: esaltarsi per 51 punti conseguiti con i finalisti a Torun mi pare offensivo rispetto ai 98 conseguiti nel 1992 o ai 70 del 1982, quando i campionati avevano una differente partecipazione e frequentazione. Tra l’altro va ricordato che a Torun non c’erano i russi e tanti altri. Né si può gioire più di tanto delle tre medaglie di Torun, rispetto alle 7 di Göteborg 1984 o alle 6 di Milano 1982, Birmingham del 2007 e Glasgow 2019.
Gli aspetti positivi di Torun, nella nostra piccola ottica italica, per me sono altri e molto importanti. Il primo è legato al fatto che in questo difficile momento del Paese, sia politico che pandemico, l’atletica con i suoi campioni ed i suoi giovani è riuscita per tre giorni e mezzo a dare un momento di vivacità e serenità.
Questo ovviamente grazie a quanto trasmesso dalla RAI. Io che sono riuscito a smanettare ed a fare slalom nei vari canali tematici e nello streaming, anche causa l’astinenza di oltre un anno, mi sono divertito. Dubito che gli ascolti siano stati alti, vista la collocazione delle dirette, con due telecronisti sbattuti a Napoli e quindi con difficoltà di trasmettere entusiasmo, umanità ed impressioni dirette, possibili solo se si è sul posto (o se si è come Guido Meda, uno che, digiuno di vela, in due mesi ha studiato e capito cosa è l’America’s Cup). Mi domando: ma la finale dei 60 metri visto che l’orario era da tempo fissato non meritava un’apertura di pagina in uno dei canali generalisti del sabato pomeriggio? E gli ultimi salti di Tamberi? Capisco che non era lo slalom di Tomba da Calgary, che interruppe il Festival di Sanremo nel 1984, ma questo passa oggi il convento. E poi mi devo domandare perché, calcio a parte, solo il ciclismo ha cittadinanza su RAI-2? Nessuno degli altri sport merita questa attenzione?
Ovviamente resto anche molto orgoglioso di essere stato il provocatore e contestatore di una programmazione che la settimana prima prevedeva solo registrazioni in orari da luci rosse. Non vi illudete, il cambiamento non è stato causato da quanto ho scritto io. Qui il merito va tutto al presidente della FIDAL che ha usato mezzi ben più efficaci, e per correttezza non dico di più. Come diceva un mio conterraneo acquisito “il fine giustifica i mezzi”. Bene questo salto di qualità per l’atletica, ma ora bisogna mantenere lo standard, la tensione e il rispetto da parte della RAI. Alla FIDAL spetta il compito di non offrire più manifestazioni nazionali con programmi ed orari che aiutano, anche quelli come me, a cambiare canale, e a vedere persino il ciclismo.
Il secondo aspetto positivo è il valore delle medaglie. Perché – come diceva Cuccia le azioni si pesano non si contano – anche le medaglie si pesano e non si contano. Le due medaglie di Jacobs e Tamberi, con il massimo rispetto per il resuscitato Dal Molin, sono di grande peso anche in funzione dei prossimi Giochi Olimpici. Nel passato solo due delle quattro medagli di Sara Simeoni – l’1.95 del 1980 e l’1.97 del 1981 – e, guarda caso, il 6.91 di Fiona May nel 1998 avevano avuto a livello mondiale un simile valore e proiezione per quello che avvenne dopo. Un gradino più sotto gli argenti di Cova e Mei nel 1982 e 1986 nei 3000 ed il bronzo di Andrei nel 1984, combaciati con anni importantissimi per i tre maschietti.
Sarà importante ora proteggere a salvaguardare Jacobs e Tamberi dalla stagione in pista. Il rischio, visto la fragilità fisica dei due, è che l’appetito di gare più remunerative della stagione estiva possano intaccare la forma in vista di Tokyo: E qui sta alla FIDAL, e al DT La Torre, vigilare che non accada, anche mettendo la mano al portafoglio in caso di “mancati guadagni”. Quasi che fossero dei ristori o sostegni.
Un discorso a parte meriterebbero il mezzofondo e la 4×400. E lì La Torre deve mettere intorno al tavolo i tecnici in maniera dura e cruda. È vero che abbiamo in banca Crippa (e forse Faniel), ma il resto è drammatico. Per un Paese che era considerato l’Africa del fondo e mezzofondo l’attuale situazione non ha giustificazione. In questo momento, mentre Antibo sta combattendo per la sua salute, va ricordato che i record che Crippa gli ha tolto dopo 35 anni sono importanti, ma Antibo con i suoi risultati (ed anche con quelli di Cova, Panetta e Mei sempre di oltre 35 anni fa, …), vinceva prestigiose gare e medaglie mentre ora servono ad entrare nei primi otto.
Sulla 4×400 ho già scritto molto ed ho chiesto a La Torre di poter fare un briefing ristretto con lui ed i suoi tecnici responsabili. A Tokyo per andare in finale non basta fare il record italiano, ma bisognerà correre intorno i 3 minuti. Per fare ciò non basta la somma dei record personali, serve ben altro.
Mi astengo dal dibattito sul merito dei risultati di Torun. Ho letto, nei commenti ricevuti, cose stupide degne di chi non conosce l’atletica. Dove sono invece spaventato è quando vedo una settimana dopo l’Assemblea elettiva il nuovo Presidente della FIDAL dichiarare in una TV privata (Atleticat), presenti Enrico Castrucci e Laura Duchi, che “io credo che si navigasse molto a vista e che non ci fosse una progettualità”. Ora invece, come sta avvenendo per Luna Rossa, in un solo mese la navigazione non è più a vista ed i risultati si vedono!
Questo vezzo di parlare male su chi c’era prima è un vizio italico. Io ho sempre capito che un segreto era quello di parlar bene di chi c’era prima. Così se facevi meglio automaticamente eri più bravo. Mi spaventa questo atteggiamento di Stefano Mei. Già essersi contornato da portaborse alla distanza non aiuta anche in considerazione della sua leggera falcata. Sentire che va in giro per l’Italia giustificando la nomina del nuovo Segretario Generale con l’obbiettivo di scoprire le marachelle amministrative del passato mi spaventa. È pur vero che il nuovo nominato è un esperto di marachelle amministrative, ma non vorrei che risalissero a 50 anni fa, quando io ero Segretario Generale. Devo informarmi se c’è la prescrizione! Celio, ovviamente.
*articolo ripreso da