Gli uomini del tennis, lo sappiamo, sono molto più avari: dal 2003, negli Slam, i Big-Four Federer, Nadal, Djokovic e Murray, hanno lasciato le briciole ai rivali, collezionando bis, tris e addirittura cinquine consecutive, come quella di Rafa al Roland Garros e di Roger a Wimbledon e Us Open. Non per generosità, ma perché non hanno da tempo una dominatrice assoluta, le donne si sono alternate molto di più sul trono dei tornei dell’immortalità sportiva.
L’ultima numero 1 riconosciuta da tutte le rivali come tale è stata Serena Williams che infatti spicca, oltre che per i 23 Majors, anche per essere l’ultima del panorama WTA Tour in ordine di tempo ad aver firmato la doppietta in uno Slam, a Wimbledon 2015-2016. Ma al Roland Garros al via domenica, le donne non registrano una conferma nell’albo d’oro da un anno all’altro addirittura dalla tripletta di Justine Henin del 2005-2007. Anche per via della superficie, la famigerata terra rossa che mal s’adatta a un tennis prettamente ripetitivo, ma richiede più tecnica, tattica e fisico.
Nel 2009, la sorellina di Marat Safin perdeva la seconda finale di fila a Porte d’Auteuil, lasciando via libera al genio discontinuo della russa Svetlana Kuznetsova. Che a sua volta, nell’edizione successiva si arrendeva già al terzo turno nel derby contro Maria Kirilenko, mentre saliva sul trono 7 Francesca Schiavone, firmando peraltro il primo urrà ci sempre del tennis azzurro in uno Slam in una indimenticabile finale contro l’australiana Samantha Stosur.
Con la divina Masha che, con la maturità, si scopriva giocatrice da terra rossa, disputando tre finali consecutive: perdeva quella del 2013 contro Serena Williams, e rivinceva quella del 2014 contro Simona Halep.
Nel 2017 le protagoniste della finale sono state ancora diverse con il colpaccio a sorpresa di baby Jelena Ostapenko che ha portato in paradiso il tennis lettone beffando la favorita rumena, Halep. Che però si è riscattata nel 2018, superando nella sfida decisiva Sloane Stephens dopo un set e mezzo da incubo, mentre la Ostapenkpo è uscita di scena già al terzo turno sia pure contro la Shaparova.
Due facce nuove si sono fronteggiate per assegnare il titolo anche 2019 con l’australiana Ash Barty che ha dominato l’ennesima rappresentante della scuola ceca, Marketa Vondrousova. E l’anno scorso, dopo l’esempio di Aga Radwanska, il tennis polacco è salito sul trono del Roland Garros con Iga Swiatek che, in finale, ha avuto la meglio sull’americanina Sofia Kenin.
Proprio la Swiatek, che compirà 20 anni il 31 maggio e si è appena aggiudicata gli Internazionali BNL d’Italia di Roma superando Svitolina e Gauff e poi distruggendo in finale Karolina Pliskova, è il prototipo più credibile di bi-campionessa sulla terra rossa che fa la la storia del tennis. Perché Ostapenko si è rivelata una meteora e sia Muguruza che Halep, pur vantando valide credenziali, hanno evidenziato negli anni lacune di tenuta mentali e fisiche non riuscendo quindi a garantire continuità al vertice.
Qualità che, potrà piuttosto dimostrare Barty, volutamente assente l’anno scorso al Roland Garros per evitare la pandemia-Covid. La piccola australiana dal ricco bagaglio tecnico che quest’anno, sulla terra rossa, ha vinto Stoccarda, ha perso in finale a Madrid e si è ritirata per precauzione a Roma nel terzo set contro baby-Gauff, sembra fortemente motivata a difendere il titolo del 2019. E, sulla carta, è la rivale più pericolosa della prima favorita, Swiatek. Che va a caccia di un doppio record.
Vincenzo Martucci (testo e foto tratto da supertennis.tv)