La palla sta per entrare in porta, ma la Tv “stacca” su un tifoso in curva, il telecronista dice che c’è il gol e il povero telespettatore deve aspettare il replay per vedere cosa è successo. Sul rettilineo della gara mondiale di MotoGp c’è il tentativo di sorpasso, ma la Tv “stacca” sui box che stanno mostrando ai loro piloti i cartelli con le indicazioni del distacco che hanno sugli avversari, e anche in questo caso il povero telespettatore deve aspettare la “grazia” dal regista per vedere il replay e gustarsi il sorpasso. Nella gara del Mondiale di Formula 1 c’è un sorpasso in vista, ma la Tv “stacca” sulla soggettiva dell’auto che tenta di superare l’altra e il povero telespettatore non può capire se il sorpasso sta andando a buon fine, se l’auto ha superato l’altra e di quanto, se riuscirà a chiudere la curva e a passare davanti, finché non appare il replay a visione intera per poter apprezzare la scena. Nella gara di salto con l’asta, dopo che l’atleta è arrivato al massimo dell’altezza e comincia a cadere sul grande materasso che attutisce la botta, la Tv lo segue nella discesa e non inquadra l’asticella, e il povero telespettatore non sa se è rimasta sui ritti o se è stata toccata dall’atleta ed è caduta, e tante volte non lo sa nemmeno il telecronista quando sta commentando la gara da studio e non sul campo, perché in quel momento ha esattamente la stessa visione dello spettatore a casa e non riesce a dire se il salto è valido o no. E anche in questo caso bisogna aspettare che il regista televisivo faccia la “grazia” di mandare il replay da cui si vede se l’asticella è rimasta al suo posto.
Tutti questi, è bene farlo notare, non sono esempi “estremi” di anomalie dello sport in Tv, ma una regola costante che impedisce al telespettatore di capire in tempo reale costa sta succedendo e di godere lo spettacolo. Da anni, ormai, lo sport in Tv subisce un “degrado visivo” inspiegabile, dovuto a scelte di regia incomprensibili, che magari vengono considerate “artistiche”, ma che contravvengono al primo principio fondamentale di qualsiasi sport in Tv: capire cosa sta succedendo. Tutto il resto viene dopo: i numerosi replay dell’atto tecnico, le reazioni dell’atleta, l’allenatore che grida, il pubblico che esulta e via così nelle innumerevoli espressioni agonistiche ed emotive che lo sport può regalarci.
Si sente l’esigenza di un “difensore” di chi è a casa davanti alla Tv e bisogna dire che più di una volta i telecronisti dei vari sport si lamentano garbatamente per le scelte del regista, ma in linea generale non si coglie una azione incisiva contro le scelte che penalizzano il telespettatore. E’ anche comprensibile che fra componenti dello stesso staff televisivo, telecronista e regista, sia difficile che avvenga una polemica in diretta, ma l’assenza di critica anche quando la regia è internazionale e il telecronista nazionale, quindi realtà separate, non fa bene alla qualità del servizio. Un esempio di disparità di vedute, in tal senso, lo si è avuto il 10 giugno, in occasione del Golden Gala di atletica leggera a Firenze, fra il telecronista della Rai, Franco Bragagna, e il commentatore, Stefano Tilli, ex velocista e medagliato in Mondiali ed Europei. Mentre la regia sta inquadrando altre gare, nel salto con l’asta femminile la russa Sidorova supera i 4,91, risultato di grande rilievo in questa specialità: seconda miglior prestazione mondiale del 2021 dopo il 4,95 della statunitense Nageotte. Tilli lo racconta e si lamenta della regia che non ha mandato in diretta il salto, sottolineando però che la responsabilità non è della Rai, ma viene criticato da Bragagna. Ecco, testualmente, dalla trasmissione Rai, il dialogo fra i due (ovviamente, conservo la registrazione).
Tilli – “Intanto ti do un saltone della Sidorova nel salto con l’asta, 4,91. La regia del Meeting Diamond League ovviamente non è Rai, quindi…”
Bragagna – “Non dare la colpa”.
Tilli – “Alcuni salti sono stati ignorati, è un peccato”.
Bragagna – “Ma non devi dare la colpa a nessuno perché potevamo prenderlo e metterlo dentro (si riferisce probabilmente alla possibilità di far vedere il salto in replay, a cura della regia Rai, ndr). Non si dà la colpa a nessuno”.
Tilli – “Nessuna colpa, ho detto solo che non siamo noi a gestire le telecamere”.
Bragagna – “No, no, no, no. Sembra uno scarico di responsabilità e non va bene né in un senso, né nell’altro. La gente lavora”.
Tilli – “Nel senso che un 4,91 riusciamo a vederlo”.
Bragagna – “Ho capito”.
Ovviamente, ognuno ha il diritto di pensarla come vuole, la Rai e i suoi telecronisti decidono come gestire il tutto, ma il telespettatore ha anche diritti che devono essere rispettati, visto che paga il canone. E se è vero che la gente lavora, può anche accadere che sbagli. In questo caso, non si invoca un processo, ma almeno il diritto di lamentarsi deve essere garantito. E chi trasmette gli eventi avrebbe il dovere di correggere gli eventuali errori, in questo caso non imputati alla Rai, che in effetti ha poi rimediato alla falla della regia internazionale trasmettendo, alla fine del collegamento, il salto della Sidorova. E a Tilli, quantomeno, va riconosciuto che ha pensato ai diritti dei telespettatori e all’esigenza di informarli.
Ma, al di là delle opinioni su cosa fare e cosa dire in questi casi, rimane il problema delle regie televisive, perché in moltissime occasioni le scelte su cosa e come inquadrare appaiono criticabili, non tanto per un giudizio “estetico”, perché i gusti sono tutti rispettabili, quanto per una esigenza primaria: sapere cosa sta succedendo e riuscire a vederlo. E da questo punto di vista le cose vanno molto male. Proviamo a dare qualche esempio, sport per sport, cominciando però da un aspetto “grafico”.
SCHERMO DIVISO
Da alcuni anni, per quanto io possa ricordare dai Mondiali di nuoto 2009 a Roma, va di moda la tecnica dello schermo diviso. Esempio: c’è una gara in corso e, contemporaneamente, un atleta viene intervistato. Il regista decide di inquadrare entrambe le cose e manda in onda due schermi piccoli, di uguale grandezza fra di loro, all’interno dello schermo totale. Il primo grande problema è che i due schermi piccoli non coprono completamente lo spazio dello schermo totale, ma circa la metà, al massimo poco più della metà. Il resto dello schermo è coperto da uno sfondo colorato, che qualche regista tenta di “nobilitare” con disegni artistici. E purtroppo questa è una soluzione obbligata visto che, con schermi Tv rettangolari, è impossibile coprire l’intero spazio con due schermi anch’essi rettangolari, a meno che i due rettangoli siano così estesi da coprire ciascuno la metà superiore o quella inferiore dello schermo totale. Ma questo è impossibile perché si perderebbero le proporzioni, la base dovrebbe essere lunghissima e l’altezza cortissima, con una distorsione che creerebbe mostruosità. Insomma, con la soluzione dei due schermi contemporanei il risultato visivo è quello di ciascuno dei due schermi che copre un quarto della Tv. E se è vero che la parte relativa all’intervista può sopportare questo rimpicciolimento, quella legata alla gara in corso è danneggiata in modo irreparabile. Esempio concreto: Tv da 60 pollici, quindi dimensioni attorno ai 130 centimetri di base e 70 di altezza, spettatore seduto a 2 metri di distanza, il minimo indispensabile per Tv di queste dimensioni. Nel riquadrato della gara non si riescono a distinguere le cifre che illustrano le posizioni degli atleti, i tempi, se sia sta procedendo sotto il record del mondo, persino il finale della gara, quando all’arrivo gli atleti sono sulla stessa linea, non appare chiaro. Figuriamoci con Tv meno grandi. Il risultato è pessimo. Eppure, basterebbe ricorrere alla soluzione che veniva usata tanti anni fa: schermo totale per la gara, piccolo riquadrato in un angolo per le interviste, perché la faccia dell’atleta si vede comunque. Ed è una soluzione che qualcuno usa ancora, esempio Eurosport alle Olimpiadi. Perché allora non viene usata da tutti, in particolare dalla Rai? La soluzione più semplice magari non metterà in luce le qualità artistiche della regia, ma darà al telespettatore quello di cui ha bisogno: la visione chiara e completa della gara.
ATLETICA
In atletica gli esempi sono numerosi, alcuni dei quali fanno spazientire i telecronisti, fra cui lo stesso Bragagna che, soprattutto in gare di salto con l’asta, invoca una visione completa del salto. Partiamo proprio da questo esempio. Nel 99% dei casi, il salto con l’asta viene inquadrato così: rincorsa dell’atleta, stacco, tentativo di superare l’asticella e, arrivati a questo punto, si inquadra l’atleta mentre sta cadendo, per finire su un grande materasso, e si perde la visuale dell’asticella. Perciò, il telespettatore non sa se il salto è valido o no, bisogna aspettare che non si veda arrivare sul materasso anche l’asticella o sentire il telecronista che dice che iol salto è valido. Ma questo è possibile solo se il telecronista è nello stadio e vede direttamente la gara, non attraverso il monitor. Succede talvolta che il telecronista è nello studio Tv, non sul campo di gara, per diversi motivi (difficoltà della trasferta, problemi di viaggio dell’ultimo minuto, esigenza di risparmiare da parte dell’azienda), e allora anche lui, alla pari del telespettatore, deve aspettare che non si veda cadere l’asticella sul materasso, o sulla testa dell’atleta (come succede qualche volta), per comunicare l’esito del salto. In uno di questi casi, come dicevo prima, proprio Bragagna si è giustamente lamentato per la scelta registica. Eppure, la soluzione è semplice: telecamera fissa su una visione totale di ritti e asticella per inquadrare il momento più importante, dopodiché il regista può sbizzarrirsi come vuole, con tutti i replay che preferisce. Ma il principio essenziale non può essere ignorato: sapere immediatamente cosa sta succedendo. La visione di un avvenimento sportivo non può essere un racconto giallo con il mistero che si svela alla fine.
Proseguiamo con l’atletica. Sempre nel caso del salto con l’asta, cui si associa per questo particolare anche il salto in alto, all’altezza dell’asticella c’è una telecamera che permette di vedere, dalla migliore posizione possibile, il momento in cui l’atleta scavalca l’asticella. Da questa visione si può capire l’essenza del salto, se la tecnica è giusta, qual è stato l’eventuale errore, di quanto l’atleta ha superato l’asticella, tutta una serie di dettagli fra i più interessanti. Nel replay, questa inquadratura dovrebbe essere obbligatoria, proprio perché è la più interessante, quella che fa capire cosa è successo anche a chi non è esperto. Eppure, succede che, sia nell’asta che nell’alto, il regista mandi in onda anche 3 differenti replay del salto, da tutte le posizioni tranne che da quella del ritto che sostiene l’asticella, che dovrebbe essere comunque il primo replay in ogni salto. Nelle gare in pista, il problema principale è l’arrivo di quelle dagli 800 metri in su. In tutte queste gare può succedere che ci sia un atleta che stacca tutti e arriva da solo mentre alle sue spalle c’è lotta per le altre posizioni. In teoria, basterebbe uno stacco largo per inquadrare il vincitore e capire cosa sta succedendo per le posizioni successive. In pratica, quasi sempre succede che la telecamera “stringe” sul primo e dimentica gli altri, il regista prosegue col vincitore con la telecamera che si trova in curva o in fondo al rettilineo, per cui si vedono sullo sfondo gli altri atleti che arrivano sul traguardo. Succede anche, in molti casi, che la telecamera “stringe” sul primo e si blocca sulla linea d’arrivo, il regista prosegue con quella stessa telecamera, sempre con visione stretta sul traguardo, e si vedono apparire all’improvviso gli altri atleti per le posizioni dalla seconda in poi, ma senza aver visto cosa è successo sul rettilineo: non si capisce se sono arrivati nello stesso ordine in cui erano a 50 o a 100 metri dal traguardo, se ci sono stati sorpassi negli ultimi metri, c’è una inquadratura larga pochi metri e si vedono solo atleti comparire in velocità uno dietro l’altro. Eppure, basterebbe poco per inquadrare tutto e far apprezzare la bellezza di una gara nel momento decisivo. La sensazione è che si abbia paura di tenere una inquadratura fissa per più di qualche secondo, come in un video musicale con stacchi di decimi di secondo, come se bisognasse dimostrare la bravura tecnica di regista anziché mostrare la parte decisiva di una gara come può vederla uno spettatore seduto in tribuna, la posizione potenzialmente migliore.
NUOTO
Nel nuoto, fortunatamente, le occasioni di danno per i telespettatori sono inferiori a qualsiasi altro sport, ma c’è comunque qualcosa che non va, soprattutto nelle fasi intermedie della gara. In particolare, sono le fasi della virata a produrre qualche distorsione. Quasi tutti i registi internazionali, che hanno a disposizione le telecamere subacquee, nel momento in cui gli atleti si avvicinano alla virata “dispari”, vale a dire quella opposta alla partenza e all’arrivo, mandano in onda la visione sotto l’acqua. Il problema è che questa decisione appare più come una dimostrazione del dispiegamento di mezzi che un reale aiuto alla comprensione della gara. Infatti, la ripresa subacquea è utilissima per capire la tecnica di virata, ma non fa capire come procede la gara perché non si ha il quadro d’insieme, non si vede la differenza di efficacia degli atleti, proprio nel momento in cui si verificano errori o dimostrazioni di bravura e di potenza. Tante volte si vede che dopo la virata i distacchi si ampliano o si riducono in maniera molto più consistente rispetto a qualsiasi altro momento della gara. E se è vero che con la ripresa subacquea si può notare la tecnica degli atleti, quindi capire meglio il motivo di accelerazioni o rallentamenti, è anche vero che questo tipo di ripresa basta un paio di volte, proprio per vedere il tipo di tecnica, dopodiché serve la visione generale per capire quale effetto abbia quella tecnica, in positivo o in negativo. Sempre a proposito della virata, le interpretazioni personali dei registi sono in discussione anche nei momenti immediatamente successivi. Dopo la virata gli atleti “riemergono” e riprendono con le bracciate, in questo momento la regia li inquadra con le telecamere a bordo vasca, quasi all’altezza dell’acqua. E’ una visione spettacolare, ma se è tenuta a lungo provoca solo confusione, non si capisce bene quali siano le posizioni a causa del mancato allineamento della telecamera che è mobile ma non può essere manovrata con la sicurezza di avere la stessa velocità degli atleti, sia perché è diretta elettronicamente sì, ma comunque con un controllo manuale in studio, sia perché la velocità degli atleti varia in ogni gara (stile di nuoto, maschile o femminile) e, ancor di più, varia nella stessa gara a seconda del momento. Questa inquadratura va bene solo per pochi momenti, ma molti registi la tengono troppo. Il significato sostanziale è sempre lo stesso: sapere cosa sta succedendo. Lo spettatore in tribuna ha il quadro globale della gara e si rende conto di cosa sta succedendo in ogni momento, il telespettatore è legato alle scelte del regista e non la stessa possibilità di capire, in ogni momento, come sta andando la gara. E, soprattutto, non si capisce perché non debba avere questa possibilità. Solo perché il regista vuole dimostrare quali potenti mezzi ha a sua disposizione e perché vuol far vedere quanto è bravo?
AUTOMOBILISMO
In questo campo, le difficoltà per la regia aumentano, visto che la gara “si espande” dopo le prime fasi, con distacchi sempre più sensibili e difficoltà nella scelta delle inquadrature, dei duelli da seguire, dei sorpassi importanti e no. Per tale motivo, non entrerò nel merito delle scelte “di opinione”, vale a dire se il regista ha deciso che un sorpasso meritava di essere trasmesso in diretta e un altro in differita, se sceglie di seguire il pilota in testa con grande vantaggio sul secondo o le posizioni retrostanti perché più interessanti in quel momento. Vado invece a discutere il merito delle inquadrature. La più importante, ovviamente, è quella relativa al sorpasso. E qui, ormai, si è arrivati a un punto incredibilmente basso di resa per lo spettatore, con una scelta incomprensibile ai fini dello spettacolo televisivo.
Quasi tutti i sorpassi in diretta vengono trasmessi con la visione della telecamera posta sull’auto che sta effettuando il sorpasso. Quindi, si vede l’auto che sta subendo il sorpasso, che però scompare quando le due auto sono appaiate. In questo momento, con una curva sempre più vicina, non sappiamo se l’auto che sorpassa sia abbastanza avanti da poter affrontare la curva in testa, quindi con sorpasso andato a buon fine, o se all’improvviso vedremo spuntare, di fianco, l’auto che stava subendo il sorpasso. Bisogna aspettare la fine della curva per sapere che il sorpasso si è concluso positivamente o no. Ma ha davvero un senso questo modo di riprendere la fase più spettacolare della gara? E non si può nemmeno sperare nell’aiuto dei telecronisti (come nel caso di quelli presenti nello stadio per la gara di salto con l’asta) perché questi sono lì sul circuito, ma chiusi nel loro studio a osservare le stesse immagini che vediamo noi da casa. E’ naturale che sia così, perché in una pista di automobilismo i giornalisti non possono seguire “a vista” auto che si trovano distanti un chilometro o anche di più, o nascoste dietro una collina, quindi stanno in sala stampa a guardare i monitor o in studio quelli che fanno la telecronaca. Al massimo possono osservare le auto sul rettilineo di partenza e arrivo. Così, anche loro hanno bisogno di aspettare la fine della curva successiva al tentativo di sorpasso per sapere cosa è successo. Il paradosso è che, poi, il regista manda in onda il replay del sorpasso con visione dall’alto, quella in cui si vedono entrambe le auto in lotta e si capisce, in ogni momento, cosa sta succedendo. E’ mai possibile che, anche in questo caso, il racconto sportivo debba assomigliare a un giallo in cui bisogna aspettare la fine per avere la soluzione? E perché mai i registi, tutti, fanno questa scelta? E’ stata imposta? E’ una loro scelta? E nessuno reclama?
In questo caso c’è da segnalare che i telecronisti di Sky fanno notare le mancanze della regia internazionale, sia nelle dirette, sia nelle trasmissioni di commento, come Race anatomy. Purtroppo, le riprese Tv continuano a essere martoriate da queste scelte, cui si aggiungono altre incomprensibili decisioni del regista. Esempio: un’auto fa il sorpasso, ma c’è la reazione di chi è sorpassato, può ancora accadere qualcosa, ma ecco che il regista decide di mandare in onda la reazione dei tifosi dell’auto che sorpassa, si inquadrano le tribune e proprio in quel momento succede che la lotta fra i due piloti continua e si arricchisce di ulteriore spettacolo, che non possiamo vedere perché ci toccano i tifosi che sventolano le bandiere.
MOTOCICLISMO
Ci sono meno recriminazioni nel motociclismo, perché in generale i registi seguono bene l’evoluzione della corsa e si sbrigano a mandare il replay di sorpassi e cadute che non sono stati inquadrati in diretta. Anche qui, però, ci sono un paio di pecche notevoli. La prima è sorella dell’automobilismo, quando va in onda la ripresa della telecamera fissata sulla moto e non si capisce, fino al termine della curva, se il sorpasso è riuscito o no. Bisogna comunque dire che si ricorre meno che nell’automobilismo a questa scelta, il più delle volte la ripresa è quella dall’alto e si capisce bene, immediatamente, cosa sta succedendo. La seconda è del tipo “Ufficio del catasto” (senza offesa a questo Ufficio che, per i compiti da svolgere, è necessario che funzioni in quel modo). Piloti sul rettilineo di partenza e arrivo, magari c’è la possibilità di un sorpasso, ma, sistematicamente, il regista manda in onda la ripresa degli uomini del box che mostrano un cartello con le indicazioni al proprio pilota, in genere il vantaggio che ha sugli inseguitori. Magari si vede subito, all’inizio del rettilineo, che sta per essere effettuato un sorpasso o addirittura che è già in atto, ma il regista, imperterrito, stacca sui box e sul cartello. Sul quale, forse, andrebbe messa la scritta: “C’è un sorpasso, non lo vedi? Che mi stai inquadrando a fare?”. Anche qui va segnalato che i telecronisti di Sky, certe volte con stizza nella voce, invocano una ripresa televisiva migliore, senza alcun risultato, purtroppo, perché il regista è convinto di essere lui quello che capisce veramente di motociclismo!
CALCIO
E concludiamo con il calcio, lo sport più popolare e anche quello che offre il maggior numero di spunti negativi per le riprese Tv. Sono così tanti che ci vorrebbe un’enciclopedia per descriverli tutti, perciò, mi fermo ai più appariscenti. Il più grave, a mio parere, è quello che va inquadrato, come per il motociclismo, nel tipo “Ufficio del catasto”, vale a dire un automatismo che non tiene conto di cosa sta succedendo in campo. Esempio: azione d’attacco, un giocatore tira, il portiere blocca. Il regista subito dopo inquadra in primo piano il giocatore che ha tirato e va avanti per qualche secondo. Nello stesso tempo succede che il portiere sbaglia il rinvio e un avversario prende la palla e segna. Il telespettatore non vede tutto questo, perché ha ancora, a schermo pieno, l’immagine del giocatore che aveva effettuato il tiro parato. E ci sono le tante variazioni: il portiere butta la palla a terra e non si accorge che da dietro arriva un avversario che gliela toglie (tipo Peirò, dell’Inter, contro il Liverpool nel 1965, che strappa la palla dalle mani del portiere, quando questi la fa rimbalzare, e segna); il portiere passa la palla a un compagno, che viene anticipato da un avversario; il portiere che sbaglia il rinvio e butta la palla nella sua porta (è successo anche questo); il portiere che sbaglia il rinvio e butta a terra l’avversario, provocando il rigore. Sono tutti esempi realmente accaduti e realmente ignorati dal regista che mandava in onda la fondamentale immagine del giocatore che aveva tirato. Ma c’è anche il caso in cui il regista stacca sui tifosi, mentre l’azione, apparentemente conclusa, prosegue fino al gol. L’esempio più eclatante è accaduto in una partita dell’Inter: tiro di un interista verso la porta, rimpallato, il pallone si alza, il regista pensa che l’occasione sia svanita e inquadra i tifosi in curva, magari immaginando di descrivere la loro delusione, invece il pallone, dopo essersi impennato, va a finire all’incrocio dei pali e in rete. E’ gol, ma il telespettatore ha davanti agli occhi i tifosi che, paradossalmente, cominciano a esultare. Allora il regista si rende conto dell’errore e torna sul campo, dove si vedono i giocatori in festa e la palla in porta.
Si capisce meglio, perciò, il riferimento all’Ufficio del catasto. E’ come se certe scelte di regia siano standardizzate: il giocatore tira e va inquadrato dopo il tiro, un’azione finisce e si inquadrano i tifosi e così via. Ma se nel Catasto un comportamento “automatico” è necessario per il tipo di lavoro che va fatto, come inquadramento di documenti e altro, in tutti gli altri campi, e soprattutto nello sport, è assurdo. E’ come se “guardare la partita” non fosse la cosa più importante, perché è questo il punto: visto che la Tv non può inquadrare tutto il campo (tecnicamente può, ma si vedrebbe la partita lontanissima, con la necessità di guardarla con un binocolo), ma deve forzatamente ingrandire zone specifiche, per poi allargare la ripresa a seconda dell’azione e restringerla, è fondamentale che il regista presti attenzione a cosa sta accadendo e ai possibili sviluppi del gioco. Se l’atteggiamento è quello di decisioni già prese in partenza, quello che definisco “automatismo”, viene meno la spinta a guardare con attenzione e quindi a decidere di conseguenza. E per far questo bisogna anche capire un po’ di calcio, avere abbastanza esperienza da sapere che certe azioni che possono apparire concluse in effetti non lo sono, che i movimenti di certi giocatori possono essere il preludio ad azioni ancora più importanti o a sviluppi imprevisti. Il tutto in poche parole: guardare cosa succede in campo.
Peggio ancora è quando si scelgono certe immagini anziché altre per chissà quale concezione della cronaca. Si sa che ci sono indicazioni sul non dare pubblicità a personaggi che approfittano delle partite per mettersi in mostra o fare testimonianza per problemi non connessi allo sport. Quindi, i registi evitano accuratamente di inquadrare gli invasori di campo, sia quelli che vogliono colpire i giocatori o l’arbitro, sia quelli che fanno una corsa nudi e cose di questo genere. Quello che però è incomprensibile è l’omissione di fasi della partita, a gioco fermo, in cui il telespettatore ha bisogno di vedere cosa sta succedendo. Rissa fra giocatori, ma in Tv non si vede. Poco educativa? Quante altre cose si vedono in Tv poco educative? Ma soprattutto: da quella rissa possono scaturire provvedimenti disciplinari, ciò che succede può avere un valore importante per la partita, ma il telespettatore non ha il diritto di vederlo. E anche quando non c’è qualcosa di violento capita che ci siano inquadrature fisse su un giocatore, su un allenatore, mentre si capisce che sta succedendo qualcosa altrove, una contestazione all’arbitro, un infortunio, giocatori che discutono fra loro, e i telecronisti a volte informano i telespettatori su cosa sta accadendo, a volte continuano a parlare della partita anche se il gioco è fermo. Ed è tutto allucinante, come se ci fosse una specie di censura accettata tacitamente da tutti, tranne ovviamente dagli spettatori.
(foto tratta da vasport.it)