I gironi sfalsati tra andata e ritorno: un'abitudine in Inghilterra e in altri Paesi - Il trionfo azzurro all'europeo influirà in modo positivo sul campionato: darà ulteriori stimoli a chi crede in un calcio propositivo e coraggioso come quello di Mancini, e darà più convinzione ai giovani che sanno di trovare nel ct campione d'Europa una persona in grado di valorizzarli – Ma i problemi dell'intero movimento restano intatti: troppi gli stranieri di basso livello che servono solo a dirigenti e procuratori per fare affari, non sempre leciti
I commenti al calendario del campionati somigliano ai commenti ai sorteggi delle coppe europee. Sono inutili. Basti pensare a quelli della cosiddetta grande informazione, che accolse con botti degni di un capodanno l’accoppiamento della Juve con l’Ajax nel 2019, poi con il Lione nel 2020, infine con il Porto nel 2021: sembravano il viatico verso la conquista della Champions league. Poche settimane dopo, la brusca retromarcia. Niente da fare, promossi l’Ajax, il Lione (la prima squadra francese ad aver eliminato i bianconeri in 65 anni!) e il Porto.
La nuova serie A, al di là del chiacchiericcio sull’inizio difficile per la Juve di Allegri, presenta una grande novità: il calendario asimmetrico, che esiste da mezzo secolo in Inghilterra. Le giornate non seguono le stesso ordine tra andata e ritorno. Dà più imprevedibilità al torneo, dicono gli inglesi, per i quali ogni match va giocato alla stessa maniera, con l’idea di vincerlo, che l’avversario sia la prima o l’ultima in classifica. Difficile capire se la novità sarà gradita ai club e al pubblico: in un Paese sostanzialmente anti rivoluzionario, si sa che spesso non si riesce a trovare l’accordo neppure per spostare uno stuzzicadenti sul tavolo.
E’ concreto il rischio che qualche presidente, in cerca di alibi per i risultati deludenti, trovi un complotto anche dietro questo cambiamento. Ci sarebbe da sorridere. La realtà è che, come a Euro 2021, chi è più forte si impone, com’è accaduto alla nazionale italiana, arrivata in finale dopo aver eliminato il Belgio e la Spagna, mentre gli inglesi erano riusciti a prevalere nei confronti dell’Ucraina e della Danimarca. Insomma, gli scherzi del calendario non sono decisivi. Possono incidere, ma in una percentuale abbastanza bassa.
A quaranta giorni dall’avvio della serie A, si possono immaginare almeno un paio di conseguenze positive dopo il ritorno del calcio italiano sul tetto d’Europa. La prima è che aggiungerà convinzione in quei tecnici che credono in un football coraggioso e propositivo, come Sarri e Italiano, Juric e Zanetti, per tacere di Gasperini. Con particolare attenzione, va attesa la Fiorentina. Italiano ha ottenuto risultati molto importanti dovunque abbia allenato. Il suo Spezia ha avuto momenti bellissimi, come quando disintegrò il Milan ben oltre il 2-0.
Il futuro è questo, e sicuramente anche gli italianisti di lungo corso si adegueranno. Immagino che la nuova Juve di Allegri giocherà comunque meglio della vecchia Juve di Allegri, quella dominata in lungo e in largo dal giovanissimo Ajax di De Ligt, addirittura a Torino.
La seconda conseguenza è che i giovani sanno bene che a giudicarli, e a portarli in maglia azzurra, c’è un ct che crede in loro, e lo ha dimostrato. Mancini ha un buon gruppo in vista del mondiale in Qatar, aspetta di recuperare Zaniolo, Sensi e Lorenzo Pellegrini, ma è aperto ad ogni novità, così come dimostra la chiamata in extremis di Raspadori e Pessina prima dell’europeo. Va ricordato che i nostri giovani – ovvero i ragazzi che oggi hanno dai venti a ventitré anni – spesso sono competitivi, ma vengono tenuti ai margini per far giocare molti stranieri inadeguati, acquistati da dirigenti senza scrupoli, impegnati prima di tutto a scambiare favori con agenti e procuratori dalla voracità sconfinata. Favori non sempre leciti, sui quali la Figc continua ad troppo tempo a mantenere gli occhi semichiusi. Le frontiere devono essere aperte, per carità. Ma la speranza è che finalmente si voglia di puntare sulla qualità, offrendo spazio ai nostri giocatori più promettenti. Non sono i calciatori, né i tecnici a mancare. Semmai, i dirigenti.
Enzo D’Orsi