Parte tutto dal nome, Naomi, che ricorda la venere nera che sfilava sulle passerella della moda come fuori, altera e inimitabile, talmente bella e libera, talmente viziata e abituata ad avere tutto e subito da apparire sprezzante. Anche Naomi Osaka, che ha strappato a Serena Williams il record di atleta più pagata in assoluto coi 37.4 milioni di dollari guadagnati l’anno scorso, è così.
Ad appena 23 anni è già stata numero 1 del mondo, ha già vinto quattro tornei dello Slam fra i sette del suo bottino, è già entrata nella storia sportiva del suo Giappone, ha costretto tutto il tennis a schierarsi a favore del movimento Black Lives Matter, ha boicottato le conferenze stampa dei Majors, saltandone due per mantenere il punto e ricavandone come premio un paio di copertine sulle riviste più ambite del mondo, a Tokyo è anche diventata la prima tennista ad accendere il braciere olimpico.
Come e dove poteva trovare le motivazioni per sciogliere un semplice nodo di gioco contro una mancina di qualità come Marketa Vondrousova nel terzo turno dei Giochi? Come e dove poteva trovare d’incanto gambe, colpo d’occhio, fiato e ritmo partita visto che non giocava un torneo dal primo turno del Roland Garros all’alba di giugno?
Così, al di là delle facili fanfare la forma non si inventa e anche la personalità numero 1 del panorama WTA ha subito la legge di uno sport sempre più fisicamente impegnativo, nel quale mancano le superstar ma il livello medio è sempre più alto.
Peraltro Naomi che non deve chiedere mai e che in un primo momento, dopo la clamorosa eliminazione da numero 2 del mondo e del torneo, era scappata anche dalla zona mista dello stadio dribblando i media, ha poi risposto a un paio di domande: “Dovrei essere abituata alla pressione ma era ancor più forte per via della pausa che mi sono presa. Sono contenta perché almeno non ho perso già al primo turno”. Puntualizzando: “Non so quando giocherò il prossimo torneo”. Che mette in dubbio la sua partecipazione al terzo Major consecutivo, agli US Open del 30 agosto.
Il braccio di ferro con gli organizzatori del Roland Garros e coi media sicuramente non ha aiutato la serenità della giocatrice. Nè la decisione di disertare Wimbledon. Così come la successiva, obbligata, partecipazione all’Olimpiade in casa, da forzata protagonista dei suoi munifici sponsor.
In campo, Naomi non ha la testa per i colpi, tira, sparacchia, non tesse le sue tele da fondo per poi affondare di potenza con implacabile precisione e cinismo. Non è lei. E non lo sarà finché non tornerà ad accettare le regole dello sport, e quindi allenamenti, partite in tornei minori, livello di gioco da elevare per gli Slam, e anche conferenze stampa, confronto con domande scomode e anche sciocche, persino inutili, ripetitive e noiose.
Come recitava tempo fa coach Vincenzo Santopadre, la pazienza per la partita andrebbe allenata al ristorante: quanto tempo sei disposto ad aspettare senza innervosirti prima che arrivi il cameriere? Vale anche per una star già ricca e famosa come Naomi. Tornare a frequentare la routine degli atleti comuni aiuterebbe sicuramente la Osaka a liberarsi dai suoi mille e un pensiero, a cominciare dalla sempre più stringente ed asfissiante necessità di essere sempre diversa e più degli altri.
La parola chiave per lei dev’essere invece normalità. Altrimenti, se non accetterà di sottostare alle regole comuni, non potrà dare il giusto valore alle situazioni comuni, come le sconfitte. Sempre che Naomi non si sia già definitivamente staccata dalla realtà, che sia ormai troppo poco interessata al tennis, che viva con irresistibile stizza i comportamenti e la passione di avversarie, pubblico e mondo esterno.
Così, ahilei, è apparsa in campo, davanti alla motivatissima Vondrousova. Dove ha regalato davvero una brutta scena, un brutto esempio, un brutto momento. Magari la sua salvezza potrebbe venire proprio dagli sponsor, se la richiamassero a un comportamento più etico e positivo, pena qualche sottrazione significativa sul conto in banca. Perché è difficile che la tirata d’orecchie o se preferite la doccia gelata venga da altri.
Lei, da parte sua, si è talmente infilata in un imbuto, è diventata talmente schiava del personaggio, che forse non è in grado da sola di recuperare la strada maestra. Nessuno le chiede di chiedere scusa a chicchessia, nessuno si aspetta mai che diventi la miglior compagna di viaggio dei media, ma Naomi, nella disperata ricerca della Osaka, potrebbe aver bisogno proprio dei giornalisti meno famosi.
Quelli che guadagnano cifre irrisorie rispetto ai suoi premi e ai suoi bonus, ma che, inebriati di passione, non soffrono i sacrifici. Per redimersi le star sono spesso costrette a regalare qualche ora ai servizi sociali. Magari Naomi potrebbe seguire il tran tran di uno sconosciuto free lance che gira il monde al seguito dei suoi tornei.
Vincenzo Martucci (testo e foto tratti da supertennis.tv)